Buone notizie, che per qualcuno non saranno una sorpresa. L’intelligenza artificiale non è necessariamente una minaccia per il lavoro umano, ma una spinta all’innovazione in grado di creare nuovi settori di crescita e rafforzare le industrie esistenti. A confermarlo è un report che stima, nel campo dell’intelligenza artificiale, la creazione di fino a 100 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2025. In altre parole? Almeno per i prossimi tre anni, il bilancio delle assunzioni potrebbe essere addirittura positivo.
Durante la pandemia l’AI ha visto una crescita esponenziale, con aziende leader di settore (Microsoft e Google su tutte) che hanno investito pesantemente nello sviluppo di questa tecnologia. Questo ha alimentato il dibattito sul possibile impatto sull’occupazione, con alcuni esperti che temevano un declino del lavoro umano, anche considerata l‘ondata di licenziamenti iniziata giusto quest’anno. Tuttavia, le analisi mostrano che queste preoccupazioni potrebbero non essere del tutto fondate.
Quando arriva una grande onda puoi affogare, o surfare
Il CEO di BanklessTimes (gli autori del report), Jonathan Merry, conferma che l’uso dell’intelligenza artificiale cresce sempre di più nei luoghi di lavoro. Tuttavia, sostiene che questo non porterà a una massiccia perdita di posti di lavoro, ma alla creazione di nuove opportunità per chi ha le giuste competenze nel lavoro con questa tecnologia avanzata. E questo deve incoraggiarci a investire nella formazione, anzichè temere l’evoluzione, dice Merry.
L’intelligenza artificiale rappresenta una rivoluzione per il mondo del lavoro. È evidente. Perchè? Lo sapete, lo immaginate. Può sostituire gli esseri umani in alcune attività routinarie e ripetitive come l’inserimento di dati o la pianificazione di appuntamenti. Ciò non toglie che gli esseri umani potranno concentrarsi su attività più creative e strategiche, come la risoluzione dei problemi o le decisioni complesse. In questo modo, l’intelligenza artificiale può diventare un partner prezioso, aiutandoci a svolgere al meglio le nostre attività e a raggiungere il massimo delle nostre potenzialità.
L’AI ci aiuterà a farci aiutare
Uno degli aspetti quasi paradossali che vengono in mente leggendo queste stime è che l’intelligenza artificiale sarà in grado di favorire la sua stessa adozione. La sua capacità di produrre infinite varianti di un contenuto, annunci mirati o personalizzazioni potranno essere usate per ottimizzare i programmi di formazione sui singoli lavoratori. L’addestramento all’uso dell’AI, in altri termini, non avverrà attraverso un complesso “manuale” dal linguaggio che può essere compreso o no, ma potrà adeguarsi alla comprensione di chi impara.
Questo ha una conseguenza importante. Anche se alcuni lavori diventeranno obsoleti man mano che l’automazione aumenta la sua presenza nella forza lavoro, non significa necessariamente che scompariranno istantaneamente o definitivamente. Invece, potranno evolversi in forme di lavoro “collaborativo” tra persone e intelligenza artificiale, e trasformarsi con il tempo. Penso alla customer care, ad esempio. Operatori umani potranno rispondere meglio e a più persone tramite sistemi di intelligenza artificiale (e domani anche attraverso “agenti virtuali”, magari con il loro stesso aspetto).
Nuove assunzioni: competenze specializzate e Soft skill
Chi è interessato ad entrare in questo campo troverà molte “caselle” libere per ruoli che neanche esistevano fino a poco fa. Ad esempio, ingegneri dell’intelligenza artificiale che sviluppano algoritmi per il machine learning, o professionisti dell’automazione dei processi robotici che progettano i flussi di lavoro dei robot.
Queste posizioni richiedono competenze tecniche altamente specializzate. Pertanto oltre ai tradizionali ruoli di ingegneria informatica si apriranno praterie per data scientist, architetti di intelligenza artificiale e specialisti di machine learning. Questi professionisti ci aiuteranno a sviluppare e implementare soluzioni che sfruttano la potenza dell’AI per aumentare l’efficienza e la produttività nei luoghi di lavoro di tutto il mondo.
C’è poi una competenza importante, che si otterrà allenando caratteristiche non specializzate. La capacità di comunicare direi quasi “empaticamente” con una intelligenza artificiale. L’interazione uomo-macchina. La bravura, ad esempio, nel far capire esattamente quali sono le nostre esigenze quando dobbiamo creare o modificare un contenuto, o un’immagine (presto anche audio di alta qualità, musica, video). Spazio alle assunzioni di figure professionali con tante soft skill, dunque. E riscatto per molte discipline umanistiche, nonchè un’ancora di salvezza per linguisti e traduttori, per molti minacciati di estinzione proprio dall’avvento dell’AI.
Ancora? Con l’aumento delle assunzioni basate sull’intelligenza artificiale, c’è anche bisogno di persone con forti competenze di leadership in grado di gestire team di macchine e persone in modo efficace. Questo significa essere in grado di identificare le sfide all’interno del team e affrontarle rapidamente senza compromettere la qualità del risultato finale. In questo modo, le aziende possono sfruttare al massimo il potenziale dell’intelligenza artificiale e garantire la massima efficienza nell’utilizzo di queste tecnologie.
In sintesi
Non voglio raccontarvi frottole: le stime di Merry e colleghi non mi vedono totalmente d’accordo. Sono convinto che ci saranno passaggi complicati da affrontare, e che in alcuni settori vedremo autentici bagni di sangue, che dovranno essere tamponati con interventi anche statali, se necessario. Ma mentre l’intelligenza artificiale può rendere obsolescenti alcuni compiti ripetitivi, ci sono limiti alla sua capacità di pensare fuori dagli schemi.
I lavoratori umani hanno la capacità di pensare in modo creativo e innovativo. Questo significa che rimarranno centrali per le organizzazioni anche in un futuro dominato dall’automazione. L’essere umano rimarrà il motore principale del successo aziendale, e lo farà ancora per un bel po’.
Se gestiremo bene la società potrà scegliere tra carriera “lavorativa” e carriera “sociale” dedicandosi a far crescere il mondo in ambiti diversi da quelli di un’azienda.