Scienziati italiani ed inglesi hanno individuato in un gruppo di centenari un gene specifico, che sembra avere un ruolo protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari legate all’invecchiamento. Può contribuire a mantenere giovane il cuore.
Un segreto di lunga vita
Lo scorso ottobre vi ho parlato delle cosiddette “zone blu” del pianeta. Si tratta di luoghi in cui le persone tendono ad avere un’aspettativa di vita più lunga della media. Queste zone includono Okinawa in Giappone, la Sardegna in Italia, Nicoya in Costa Rica, Icaria in Grecia, Loma Linda in California, USA e altre.
Non di rado, anzi spesso, chi vive in queste zone raggiunge l’età di 100 anni o più in buona salute e senza complicazioni cardiovascolari. Un recente studio ha dimostrato che una variante genetica sana del gene BPIFB4 è particolarmente frequente nei centenari di queste zone. E questa variante può proteggere le cellule da danni legati a patologie cardiache.
Risultati interessanti, appena presentati in uno studio pubblicato su Cardiovascular Research che vi linko qui.
Gene dei centenari: una ricerca a trazione italiana
Il professor Paolo Madeddu e il suo team all’Università di Bristol hanno scoperto che un solo trattamento con questo gene “anti-invecchiamento” ha arrestato il declino della funzione cardiaca nei topi di mezza età. Quando somministrato a topi anziani, poi, il gene ha fatto regredire l’età biologica del cuore dell’equivalente umano di oltre dieci anni.
Parallelamente, il Professor Annibale Puca e il suo team del Gruppo MultiMedica di Milano hanno condotto uno studio triennale in provetta con cellule cardiache umani. Dopo aver ricevuto il gene, le cellule cardiache di pazienti anziani con gravi problemi, anche trapiantati, sono state confrontate con quelle di individui sani.
I risultati
Usando questo gene “dei centenari” in provetta, i ricercatori hanno osservato una significativa riduzione dei sintomi delle malattie cardiache e un significativo miglioramento delle funzioni del cuore, dimostrando così l’efficacia di questa terapia genetica come possibile trattamento.
La scoperta di questo gene, come annunciano gli stessi ricercatori in un comunicato stampa, potrebbe rappresentare un importante passo avanti nella prevenzione e nella cura delle malattie cardiache.
Un’ondata di nuove cure basate sulla “genetica dei centenari”
È come se i centenari potessero trasmettere il proprio “corredo” non solo ai loro eredi, ma a tutti. I risultati di questo studio confermano che un gene mutante sano può invertire il deterioramento delle funzioni cardiache negli anziani: questo può portare a un “arsenale” di cure totalmente nuove.
Il Professor Madeddu e il responsabile del laboratorio dell’IRCCS MultiMedica (nonché Professore dell’Istituto Università di Salerno) Annibale Puca, sono entusiasti delle potenzialità terapeutiche di questo gene, e sperano di poterne presto testare l’efficacia su pazienti con insufficienza cardiaca.