La startup israeliana Pluri vuole cambiare le regole del gioco nel mondo del caffè. Usando la tecnologia dell’agricoltura cellulare, i tecnici dell’azienda hanno creato un caffè coltivato che dicono essere perfettamente identico a quello ricavato dalle piantagioni. Potrebbe essere la risposta ai problemi ambientali causati dalla coltivazione tradizionale di caffè? Non è così semplice, mi viene da dire in quanto napoletano. Procediamo con calma.
L’era del caffè coltivato “cell-based” si anticipa?
Quando nel 2021 la startup finlandese VTT mostrò le sue prime prove di caffè “cellulare”, stimò un percorso di almeno 5 anni prima di arrivare ad una versione stabile di questo prodotto. L’innovazione portata avanti da Pluri sembra essere arrivata prima del previsto, rappresenta un passo significativo nella risoluzione di alcune delle più pressanti sfide ambientali connesse alla produzione di caffè.
Con l’agricoltura cellulare, Pluri punta a produrre caffè in condizioni controllate, riducendo drasticamente l’uso di acqua, terra e l’emissione di gas serra. Un approccio che promette un impatto ambientale minore (abbatte l’uso di acqua del 98%) e offre anche una potenziale stabilità nel mercato del caffè, sempre più soggetto a fluttuazioni a causa dei cambiamenti climatici.

Caffè cellulare, sfide tecniche e prospettive di mercato
Nonostante l’entusiasmo, il percorso di Pluri verso il mercato presenta ovviamente delle incognite. La produzione di caffè in laboratorio richiede competenze avanzate in biotecnologia e una scala di produzione efficiente per essere competitiva.
Il processo inizia con l’estrazione di cellule dalla pianta di caffè, seguita da una fase di espansione cellulare in un bioreattore 3D. Questo metodo potrebbe trasformare l’intero settore, offrendo un prodotto che mantiene le qualità organolettiche del caffè tradizionale, ma con un’impronta ecologica notevolmente ridotta.
La questione regolatoria e l’accettazione del consumatore
Un aspetto fondamentale nella commercializzazione del caffè coltivato è la regolamentazione. Pluri dovrà ottenere l’approvazione dagli enti regolatori, un passo essenziale per garantire la sicurezza e la qualità del prodotto. La startup israeliana si sta muovendo lungo il percorso regolatorio con l’obiettivo di ottenere l’etichetta GRAS (Generally Recognized as Safe) dalla FDA, un passo preliminare importante per accedere al mercato americano.
E in Italia? Siamo patria di una lunga e orgogliosa tradizione caffettiera, con tanto di esperti, scuole e guide dei caffè e delle torrefazioni. Prodotti come il caffè coltivato potrebbero incontrare resistenze simili a quelle osservate con la carne coltivata. Recentemente, il governo italiano ha imposto restrizioni sulla vendita di carne coltivata, citando preoccupazioni per la salute e l’identità culturale: questo solleva interrogativi su come un prodotto come il caffè di Pluri sarà accolto in un paese che tiene molto alle sue tradizioni culinarie.
Conclusioni e riflessioni future
L’approccio di Pluri al caffè coltivato in laboratorio offre una visione affascinante di come la tecnologia possa contribuire a risolvere alcune delle sfide ambientali più pressanti. Tuttavia, il successo di questa innovazione dipenderà non solo dalle sue credenziali tecniche ed ecologiche, ma anche dalla capacità di navigare nel complesso panorama regolatorio e di conquistare la fiducia dei consumatori.
In questo contesto, l’equilibrio tra innovazione e tradizione diventa cruciale, richiedendo un dialogo aperto e informato tra produttori, regolatori e consumatori. Magari davanti a un buon caffè: l’origine sceglietela voi.