Gli americani hanno un debole per i nomi pittoreschi. Chiamare “boscaiolo” un drone che sgancia bombe è una di quelle trovate che non sai se ridere o inquietarti. Lumberjack, il nuovo drone suicida presentato da Northrop Grumman, di certo non abbatte alberi; piuttosto, promette di “tagliare” le difese nemiche con la stessa efficienza di un taglialegna esperto.
Lo hanno svelato durante l’esposizione Modern Day Marine a Washington, un evento esclusivo per Marines, personale del Dipartimento della Difesa e rappresentanti autorizzati dell’industria. Un palcoscenico perfetto per mostrare al mondo militare come si possano impacchettare morte e distruzione in appena 600 kg di tecnologia volante. Il prezzo? Tra i 75.000 e i 100.000 dollari. Un affare, se considerate che può sostituire missili che costano milioni.
Piccola parentesi: l’ho fatto anche io, per convenzione, ma la realtà è che bisognerebbe smetterla di chiamare questi affari “droni suicidi”. È un altro modo di distrarre dalla loro funzione. Imprecisione per imprecisione (gli omicidi li fanno quelli che li inviano), bisogna chiamarli “droni assassini”. E, come ampiamente previsto da tanti, compreso il sempre poco ascoltato Edward Snowden, stanno diventando sempre più una minaccia per la civiltà.
Un predatore silenzioso
Il Lumberjack appartiene alla categoria Group 3 dei sistemi aerei senza equipaggio (UAS) dell’esercito americano. In parole povere, parliamo di un drone con peso massimo al decollo inferiore a 598 chilogrammi, capace di volare sotto i 5.500 metri di altitudine e a velocità comprese tra 115 e 287 km/h. Essenzialmente è un proiettile intelligente.
La sua particolarità? È tremendamente versatile: può trasportare un carico utile simile a una bomba di piccolo diametro da 113 kg, oppure può sganciare submunizioni e compiere attacchi cinetici con precisione spaventosa. Grazie a un compartimento modulare centrale, poi, può essere equipaggiato anche per missioni di guerra elettronica o ricognizione.
In altri termini? Non è una semplice arma “usa e getta”: può rimanere in volo di pattuglia anche per un paio d’ore, volando per centinaia di chilometri e facendo da “sorvegliante” nel cielo prima di trasformarsi in un’arma letale. Un voyeur militare che alla fine della festa decide di unirsi al ballo (mortale).
Un’arma per ogni scenario
Il Lumberjack può essere lanciato da terra, dall’aria e, secondo quanto prospettato dall’azienda che lo ha sviluppato, anche dalle navi. La sua portata è di circa 320 chilometri, un raggio d’azione pensato per colmare il divario tra l’artiglieria tradizionale e gli attacchi aerei.
Non servirà mandare piloti in zone pericolose quando si potrà inviare un drone autonomo programmato per fare il lavoro sporco. La tendenza? Chiara: nei conflitti ci saranno intere “zone morte” presidiate da questi assassini volanti, dove nessun essere umano può sopravvivere.
Tra le submunizioni che può trasportare c’è l’Hatchet (l’accetta, per restare in tema boscaiolo), una munizione di precisione miniaturizzata da 2,7 kg sviluppata sempre da Northrop. Un piccolo pacchetto esplosivo recapitato al millimetro.

Lumberjack e l’economia della morte a distanza
Quello che trovo più inquietante di questo drone (a parte la sua letalità) è il rapporto costo-efficacia. Un terribile strumento di morte che costa meno di una berlina di lusso e può sostituire missili da milioni di dollari (o sortite aeree ancora più costose).
È l’Amazon della guerra, amici: consegna morte a domicilio, con un ottimo rapporto qualità-prezzo e senza rischiare vite umane (almeno da parte di chi lo utilizza). La democratizzazione degli strumenti di guerra avanza inesorabile, rendendo sempre più economico uccidere a distanza.
Mentre scrivo queste righe, immagino ingegneri in camice bianco discutere dell’efficienza di questo drone come parlerebbero di elettrodomestici. “No, guarda, abbiamo migliorato il consumo di carburante del 15%”, “La precisione dello sgancio è aumentata del 20%”. E così ci abituiamo all’idea che progettare strumenti di morte sia solo un altro lavoro come un altro. Forse il vero boscaiolo non è il drone, ma la nostra coscienza collettiva che si fa sempre più insensibile.