Avete notato che le vostre allergie sembrano peggiorare di anno in anno? Non è una vostra impressione. Gli starnuti incessanti, gli occhi che lacrimano e quella sensazione di avere sempre un filtro dell’aria intasato nei polmoni stanno diventando esperienze sempre più comuni e intense per chi soffre di allergia al polline (e non solo, ma questa è un’altra storia). E non si tratta di una semplice coincidenza: è il risultato diretto di una serie di cambiamenti ambientali che stanno creando quella che gli esperti definiscono “la tempesta perfetta” per gli allergici.
Il cambiamento climatico come principale colpevole
I numeri parlano chiaro: la stagione dei pollini si è allungata di circa 20 giorni negli ultimi trent’anni. Nel 2021, uno studio condotto su 60 località del Nord America ha rilevato non solo un periodo pollinico più esteso ma anche una concentrazione di polline aumentata del 21% rispetto al 1990. Stiamo parlando di una quantità enorme di particelle in più che fluttuano nell’aria pronte a scatenare reazioni allergiche.
E perché succede? La risposta principale è semplice: il pianeta si sta riscaldando. Non voglio aprire tutto il capitolo sulle cause, non è questo l’articolo per farlo. Parliamo degli effetti: è più caldo, ok? Le temperature più alte anticipano l’arrivo della primavera, portando le piante a produrre polline già alla fine di febbraio. Questo fenomeno si protrae poi ben oltre i mesi estivi, con il risultato che molte persone allergiche vengono colte di sorpresa quando i sintomi si manifestano in periodi dell’anno in cui non se li aspetterebbero.
Il cambiamento climatico, inoltre, sta gradualmente modificando la geografia delle piante. Come spiega la dottoressa Francesca Puggioni dell’Immuno Center di Humanitas: “A ogni grado di aumento della temperatura, la flora si sposta da sud a nord di 100 chilometri”. Questo significa che, ad esempio, piante come gli olivi sono ora presenti anche al nord, esponendo i pazienti a nuovi allergeni a cui il loro sistema immunitario non è abituato.
La tempesta perfetta in 4 fasi: più vento, piogge intense, più polline, più allergia al polline
Non è solo il calore a peggiorare la situazione. Nel Sud-Est degli Stati Uniti (ma la tendenza è globale), gli eventi meteorologici estremi stanno diventando più frequenti e intensi. Le tempeste violente, i forti venti e le piogge torrenziali giocano un ruolo fondamentale nell’esacerbare le allergie.
I venti più forti mantengono il polline sospeso nell’aria più a lungo e lo trasportano a distanze maggiori. Inoltre, le piogge intense, sempre più comuni a causa del riscaldamento globale, causano un fenomeno particolarmente insidioso: frantumano i granuli di polline in particelle più piccole che possono penetrare più in profondità nei polmoni.
Questo fenomeno è all’origine di quello che gli specialisti chiamano “asma da temporale”, una condizione in cui le particelle di polline, una volta frantumate dalla pioggia, diventano ancora più irritanti e provocano reazioni allergiche più intense. Un altro paradosso sconcertante: le piogge, che tradizionalmente “pulivano” l’aria dal polline, ora possono addirittura peggiorare la situazione per chi soffre di allergia al polline.
L’effetto sinergico con l’inquinamento
C’è un altro fattore che contribuisce a questa tempesta allergica perfetta: l’inquinamento atmosferico. Le sostanze inquinanti possono danneggiare la parete cellulare dei granuli pollinici, facilitando il rilascio degli allergeni nell’aria. Inoltre, gli inquinanti come il biossido di azoto e l’ozono possono aumentare l’allergenicità del polline di diverse piante, tra cui la betulla.
Chi vive vicino a strade molto trafficate ha maggiori probabilità di sviluppare sintomi allergici (e purtroppo, anche cose molto peggiori) rispetto a chi abita in campagna. L’inquinamento, infatti, stimola la produzione degli anticorpi coinvolti nella risposta allergica e può alterare i processi biologici che nelle piante sono responsabili della produzione degli allergeni.

Innovazioni per mitigare il problema dell’allergia al polline
Mentre lottiamo contro questa crescente ondata di allergie, la scienza sta cercando soluzioni innovative. Un esempio interessante viene dalla Cornell University, dove i ricercatori hanno sviluppato microparticelle delle dimensioni del polline riempite con oli speciali capaci di assorbire sostanze nocive. Sebbene questa tecnologia sia stata originariamente progettata per proteggere le api dagli insetticidi, rappresenta un esempio di come possiamo usare la biomimesi per affrontare problemi ambientali complessi.
Cosa possiamo fare?
Di fronte a questa situazione, non possiamo fare molto per fermare immediatamente gli effetti del cambiamento climatico sulle allergie. Possiamo però adottare alcune strategie per ridurre i sintomi:
- Consultare i calendari pollinici della propria regione per sapere quando le piante a cui si è allergici sono in fioritura.
- Evitare l’esposizione all’aperto nelle ore di picco della concentrazione pollinica, generalmente tra le 10 e le 16.
- Tenere chiuse le finestre durante i giorni più critici e utilizzare purificatori d’aria.
In conclusione, l’aumento delle allergie al polline è un altro esempio di come il cambiamento climatico stia influenzando direttamente la nostra salute. Non è più solo una questione ambientale distante, ma un problema che colpisce la qualità della vita di milioni di persone. E mentre la scienza continua a studiare questi fenomeni, noi possiamo solo sperare che le misure globali per contrastare il riscaldamento del pianeta vengano implementate prima che le nostre primavere diventino ancora più difficili da sopportare.