Cosa avevano in comune Elon Musk, Bill Gates e Steve Jobs da giovani? Tutti e tre mostravano segnali inequivocabili della loro genialità già da adolescenti. Musk vendeva videogiochi, Gates programmava a 13 anni, Jobs smanettava con l’elettronica nel garage del padre. Oggi questi segnali ci sono ancora, ma sono cambiati: non più bambini prodigio isolati, ma giovani che costruiscono community, fondano startup universitari e pensano in grande fin dalla prima idea. E se vi dicessi che alcuni di questi nuovi visionari li conosciamo già, ma non ce ne siamo ancora accorti?
Forbes li ha messi nella lista Under 30, Invitalia li finanzia, le università li incubano. Sono qui, sotto i nostri occhi. E ho provato a “sbirciarne” qualcuno. Guardate con me? Cominciamo, come sempre, da una premessa importante.
Il DNA dei nuovi visionari non è più quello di una volta
Dimenticatevi il mito dell’uomo solo al comando. Il piccolo Elon Musk che a 12 anni creava Blastar, un gioco simile a Space Invaders, e lo vendeva per 500 dollari alla rivista PC and Office Technology rappresenta un modello che probabilmente non si ripeterà più. L’infanzia difficile a Pretoria, i pestaggi a scuola, il rapporto conflittuale con il padre Errol Musk: a parte le questioni “organiche” del personaggio, tutte queste esperienze hanno forgiato un carattere che si, oggi definiremmo antisociale, ma che allora era necessario per emergere.
I nuovi visionari, invece, mostrano un profilo completamente diverso. Prendiamo Gianluca Torta, 26 anni, fondatore di RarEarth. La sua startup ha sviluppato un processo unico per riciclare terre rare dai motori di veicoli elettrici. Non lavora da solo nel garage: ha un team, finanziamenti, incubatori universitari. È stato selezionato da Forbes non per la sua eccentricità, ma per la solidità del progetto e l’impatto sociale della sua innovazione. E non è l’unico fattore da considerare.

Da Pretoria ai laboratori: come nasce oggi un “geniaccio”
Il percorso di formazione è radicalmente cambiato. Musk ha dovuto lasciare il Sudafrica, trasferirsi in Canada, poi negli Stati Uniti, abbandonare Stanford dopo due giorni per fondare Zip2 con il fratello Kimbal. Era il 1995, internet era agli albori, le opportunità (dicono) scarse e concentrate in pochi luoghi.
Oggi i nuovi visionari nascono e crescono ovunque. Perfino in Italia, se mi passate la battuta. Domenico Edoardo Sfasciamuro, Anna Mauro, Francesco Lopez e Andrea Villa hanno 25 anni e hanno fondato ORiS (Orbital Recharge in Space). Il loro progetto? Trasmissione di potenza wireless nello spazio attraverso satelliti che immagazzinano energia e la trasferiscono tramite laser. Sono pre-incubati dal Politecnico di Torino, hanno accesso a laboratori avanzati, mentorship qualificata e una rete di contatti globale.
Già. Perché la differenza più importante non sta nei singoli individui, ma nell’ecosistema che li circonda. Nel 2024 sono nate 263.320 nuove imprese in Italia, di cui 117.281 guidate da giovani under 35. Un esercito silenzioso di potenziali nuovi visionari.
Viola Bonesu, Enrico Castelli e Pietro Galimberti, tutti under 26, hanno co-fondato Plino, un software per il controllo di gestione delle PMI che utilizza l’intelligenza artificiale. Sono sostenuti da Exor Ventures e fanno parte del Berkeley SkyDeck. Certo, gli manca forse un po’ di contesto temporale e di follia, ma hanno anche una piccola cosa che Musk non aveva: un sistema di supporto strutturato fin dall’inizio. Perché non è tutta Silicon Valley, qui.
I nuovi talenti americani oltre il garage
Mentre tutti guardano alla Silicon Valley, una nuova generazione di visionari sta emergendo da città come Seattle e Atlanta. Joel Bervell, 28 anni, medico e “Medical Mythbuster” con 1,3 milioni di follower, combatte le disparità razziali nella sanità attraverso TikTok e Instagram, dimostrando come la medicina possa essere democratizzata attraverso i social media. Nikki Seaman, 29 anni di Atlanta, ha trasformato il noioso settore delle olive con Freestyle Snacks, creando packaging innovativo senza liquidi che ora è distribuito in oltre 3.000 negozi inclusi Whole Foods. Safir Monroe, 28 anni e anch’egli di Atlanta, ha fondato UnDelay dopo aver lavorato per Delta Air Lines, sviluppando software per ottimizzare le operazioni aeroportuali che ora serve quattro aeroporti americani.
Tutti e tre sono nella lista Forbes 30 Under 30 2024-2025, ma soprattutto rappresentano una nuova filosofia imprenditoriale: invece di inseguire il prossimo social network o app di dating, stanno risolvendo problemi concreti in settori tradizionali come sanità, alimentare e trasporti. Non cercano di essere i nuovi Elon Musk: sono qualcosa di diverso, e forse proprio per questo più efficaci. E uscendo dall’Italia, anzi dall’Europa, anzi dall’Occidente cosa troviamo?

Non solo americani o europei
Mentre guardiamo ai nostri giovani talenti, dall’altra parte del mondo sta succedendo qualcosa di ancora più interessante. Wang Xingxing di Unitree, appena 35enne, ha dichiarato enfaticamente al presidente Xi Jinping che la sua azienda di robot umanoidi è “nata e cresciuta in Cina”.
Insieme a Liang Wenfeng di DeepSeek e altri giovani imprenditori, rappresenta quelli che in patria chiamano i “Fantastici Quattro”: la nuova generazione che non copia più l’Occidente, ma innova in settori strategici come l’intelligenza artificiale e la robotica. Dobbiamo aspettarci grossi cambiamenti anche, di più: soprattutto da quel versante.

Gli strumenti dei nuovi visionari sono diversi
Se Musk ha dovuto convincere investitori privati uno per uno, oggi i programmi come Smart&Start Italia finanziano progetti tra 100.000 euro e 1,5 milioni di euro. Il Fondo Nazionale Innovazione opera attraverso strategie di venture capital, mentre programmi come Resto al Sud supportano specificatamente i giovani under 35.
Anche la Svizzera sta diventando un terreno fertile per nuovi visionari che combinano “audacia visionaria e pragmatismo metodico”. Non più solo la precisione elvetica, ma anche l’ambizione globale di cambiare interi settori. Gli enti hanno finalmente capito come si investe nel futuro o è solo un modo più “figo” di distribuire soldi a casaccio? Questo lo vedremo nei prossimi anni, ora torniamo ai nostri “geniacci” del futuro.
Il profilo dei nuovi visionari
Partiamo da un fatto chiaro: c’è una differenza sostanziale nel profilo psicologico. Musk ha trasformato i traumi dell’infanzia in “un motore”, come ha scritto il biografo Walter Isaac son (lo stesso di Steve Jobs e di altri alti papaveri). I pestaggi a scuola, il rapporto difficile con il padre, l’isolamento: tutto è diventato, come vi ho scritto, un combustibile per l’ambizione.
I nuovi visionari hanno un approccio diverso. Davide Dattoli, nominato da Forbes tra i 30 under 30 e fondatore della community Marketers con oltre 60mila iscritti, rappresenta questa nuova generazione: meno solitaria, forse con meno talento individuale ma più collaborativa, specie in un contesto nel quale un team può contare migliaia di soggetti (esempio: tre umani e 5000 agenti di intelligenza artificiale). Soprattutto, una nuova generazione attenta al work-life balance ma altrettanto ambiziosa. È la ricetta giusta per il futuro? E se sì, come facciamo a saperlo già oggi?

Dove cercare i prossimi nuovi visionari
Vi sorprenderò: non aspettatevi di trovarli sui giornali. No, nemmeno sui siti di scenari futuri, nemmeno qui. Forse uno, o due li beccherò: quelli facili. Ma I veri nuovi visionari spesso lavorano in settori che sembrano noiosi ma sono fondamentali: Anna Fiscale con Progetto Quid per l’inserimento lavorativo, o Clio Zammatteo che da semplici tutorial di makeup è arrivata a collaborare con i grandi marchi di cosmetica.
Se vi sembrano cose da poco, o personaggi già “bruciati” dai social, chissà. Tanta stima, ma forse è così. Solo che gente come loro, che oggi sta facendo le stesse cose loro, ha in mano l’equivalente di quel Blastar da 500 dollari che lanciò Musk. Bisogna sempre prevedere cosa succederà dopo. Quanti di noi, se avessero assistito ai primi passi di gente come Jobs o Gates, avrebbero intuito la loro parabola in anticipo? Siate sinceri.
Anyway, il futuro dell’innovazione non sarà più questione di singoli geni ribelli, ma di intelligenze collettive che sanno collaborare, accedere a finanziamenti strutturati e costruire reti globali fin dal primo giorno. I piccoli Musk di oggi crescono diversamente, ma non per questo meno efficacemente.
Come detto, sui prossimi cambiamenti giudicheranno i nostri figli: la nuova “ondata” è già iniziata, solo che questa volta non ha un volto solo: ne ha migliaia.