Vi è mai capitato di sentirvi intrappolati nei vostri ricordi? Per chi soffre di disturbo post-traumatico da stress (PTSD), questa non è una metafora, ma una realtà quotidiana, devastante e persistente. Il PTSD è come un parassita della mente che si nutre della capacità di vivere normalmente. Le terapie tradizionali spesso falliscono, lasciando i pazienti senza speranza di guarigione: ora, un nuovo approccio potrebbe cambiare tutto questo. Un team di ricerca ha appena pubblicato i risultati di uno studio davvero notevole: stimolando il nervo vago durante le sedute di terapia, sono riusciti a eliminare completamente la diagnosi di PTSD in tutti i partecipanti. Un risultato che ha fatto cadere la mascella persino agli scienziati coinvolti.
Quando la stimolazione incontra la terapia tradizionale
Sono i ricercatori dell’Università del Texas a Dallas, in collaborazione con il Baylor University Medical Center, ad aver portato a termine lo studio che potrebbe essere la svolta nella cura del disturbo post-traumatico da stress. La tecnica combina due approcci: da una parte la terapia di esposizione prolungata (una forma di terapia cognitivo-comportamentale), dall’altra brevi stimolazioni del nervo vago attraverso un piccolo dispositivo impiantato nel collo dei partecipanti. I risultati? Francamente sorprendenti. Dopo un corso standard di 12 sessioni, tutti i nove pazienti coinvolti hanno salutato il PTSD, con benefici che sono proseguiti durante i sei mesi successivi al trattamento, nel periodo di follow-up.
Il Dr. Michael Kilgard, professore di neuroscienze presso la School of Behavioral and Brain Sciences, ha sottolineato quanto questo risultato sia eccezionale. Di solito, in studi simili, alcuni soggetti mostrano miglioramenti, ma raramente guariscono del tutto. La maggior parte dei pazienti si porta dietro questa diagnosi per il resto della vita. In questo caso, invece, si è verificata una remissione completa nel 100% dei casi. Non sto esagerando quando dico che questi numeri sono praticamente inauditi nel campo della psichiatria.
Lo studio rappresenta il più grande trial clinico fino ad oggi che utilizza un dispositivo impiantato per il trattamento del PTSD, e segna il culmine di un lavoro pionieristico che ha già dimostrato come la stimolazione del nervo vago abbinata alla riabilitazione fisica possa accelerare la neuroplasticità, ovvero il “ricablaggio” di alcune aree del cervello.

Una speranza per chi non risponde alle terapie convenzionali
Attualmente si stima che tra il 6% e l’8% della popolazione mondiale abbia sviluppato disturbo post-traumatico da stress (PTSD), con un aumento del 20-25% rispetto ai livelli precedenti la pandemia di COVID-19. Questo significa che, su una popolazione globale di circa 8 miliardi, tra 480 e 640 milioni di persone potrebbero soffrire di PTSD. Queste statistiche sono agghiaccianti, ma ancora più sconfortante è il fatto che molti pazienti non rispondono alla terapia o agli interventi farmacologici, o sperimentano effetti collaterali intollerabili o ricadute.
Molti associano il PTSD esclusivamente ai veterani di guerra, ma come ha giustamente sottolineato il Dr. Kilgard:
Quando senti parlare di PTSD, potresti immaginare una zona di combattimento, ma è molto più diffuso di così. Può derivare da qualsiasi evento che ispira paura di morte o lesioni fisiche, o morte di una persona cara.
Questo disturbo colpisce persone comuni che hanno affrontato eventi traumatici, dai sopravvissuti a disastri naturali alle vittime di violenza. Per queste persone, la prospettiva di una terapia che non solo migliora i sintomi, ma li elimina completamente, è meravigliosa.
Stimolazione del nervo vago: ora miniaturizzare e “multidisciplinare”
Al centro del “proiettile d’argento” che può abbattere il disturbo post-traumatico da stress c’è un dispositivo impiantabile per la stimolazione del nervo vago progettato dal Dr. Robert Rennaker, professore di neuroscienze. La versione wireless più recente è grande circa quanto una moneta, circa 50 volte più piccola della versione di appena tre anni fa. Dove arriveremo entro i prossimi 3 anni? I 49 pazienti nell’area di Dallas con questi dispositivi impiantati hanno accumulato complessivamente 100 anni di esperienza senza problemi, e i dispositivi sono compatibili con risonanze magnetiche, TAC e ultrasuoni.
La stimolazione del nervo vago ha “cambiato il gioco” migliorando sia l’efficacia del trattamento che la sua tollerabilità. I migliori trattamenti attuali per il PTSD hanno un tasso di risposta dell’85% circa, con il 40% dei pazienti che non ha più la diagnosi, e un tasso di abbandono del 20%. Con questa nuova opzione, potremmo avere finalmente una soluzione definitiva, anche per le persone che non migliorano con la sola terapia cognitivo-comportamentale.
Il prossimo passo della ricerca è già in corso: uno studio pilota di Fase 2 in doppio cieco, controllato con placebo, a Dallas e Austin. Se i risultati continueranno a essere positivi, potremmo essere di fronte a un trattamento che non esiste attualmente, inventato, testato e fornito dall’Università del Texas a Dallas, proprio come è avvenuto per il recupero degli arti superiori dopo l’ictus. Per chi vive nell’incubo quotidiano del PTSD, queste ricerche rappresentano molto più di un avanzamento scientifico: sono un faro di speranza in un mare di disperazione.
E per una volta, sembra che questa speranza abbia solide basi scientifiche.