Santa Maria di Sala, 17mila abitanti nel veneziano, non è esattamente Silicon Valley. Eppure potrebbe diventare il primo comune italiano a sperimentare un assessorato completamente digitale, guidato dall’intelligenza artificiale. L’idea è di Andrea Zurini, consulente IT e candidato consigliere in una lista civica locale, che ha deciso di trasformare la sua expertise tecnologica in una proposta politica concreta.
Il suo “Assessorato all’Ascolto” non è solo un nome accattivante: è un sistema strutturato che promette di stravolgere (in positivo) il rapporto tra amministrazione e cittadinanza. Niente più email ignorate o richieste che si perdono nei meandri burocratici. Ogni segnalazione diventa un caso da seguire, con tempi e responsabili definiti. Come funziona? Facciamo un passo indietro.

Un comune ferito dalla crisi politica
Negli ultimi anni Santa Maria di Sala ha vissuto momenti difficili. Le vicende giudiziarie che hanno coinvolto ex figure istituzionali, i cambi di maggioranza e la paralisi decisionale (con tanto di commissariamento) hanno lasciato cicatrici profonde nel tessuto sociale. L’astensione elettorale cresce, la partecipazione civica diminuisce. È in questo contesto che nasce la candidatura di Zurini: non come risposta tradizionale, ma come esperimento concreto di innovazione democratica.
Il progetto di Zurini non è nato dal nulla. Durante mesi di campagna d’ascolto nei quartieri e nelle frazioni, il consulente ha registrato una costante: “ci ascoltano solo quando serve il voto”. Da questa constatazione è nata una risposta strutturata, tecnologica, replicabile. L’assessorato all’ascolto funzionerebbe tramite un agente AI addestrato sui dati comunali, capace di rispondere 24 ore su 24 alle domande frequenti, raccogliere segnalazioni e inoltrarle in tempo reale agli uffici competenti.
Come funziona l’assessorato digitale
Il sistema immaginato da Zurini si basa su tecnologie già disponibili, integrate via API con i sistemi comunali esistenti. I cittadini potrebbero interagire con l’assessorato attraverso web, social media o QR code. Ogni richiesta verrebbe trasformata automaticamente in un ticket tracciabile, con tempi di risposta e responsabili chiaramente definiti.
“Non si tratta di sostituire l’umano”, spiega Zurini nel suo comunicato stampa, “ma di creare un canale digitale di mediazione tra cittadinanza e amministrazione”. L’intelligenza artificiale non prenderebbe decisioni politiche, ma garantirebbe che nessuna voce vada perduta e che ogni problema riceva l’attenzione dovuta. Ho un paio di dubbi: vediamo se lo stesso Zurini me li toglie.
Domanda: come pensi di convincere i cittadini più anziani o meno avvezzi alla tecnologia ad utilizzare questo sistema?
Risposta di Zurini: durante la campagna d’ascolto, sia fisica che digitale, la fascia d’età più attiva è stata proprio quella tra i 46 e i 65 anni, che rappresenta quasi metà dei partecipanti, ma abbiamo ricevuto commenti e contributi anche da molti cittadini over 65, soprattutto tramite Facebook anche durante gli incontri fisici nelle frazioni.
La vera criticità, semmai, è l’assenza dei più giovani: solo l’8% ha tra i 18 e i 29 anni, e meno ancora gli under 18. È un campanello d’allarme per il futuro della partecipazione civica.

Il punto, comunque, non è “insegnare agli anziani a usare la tecnologia”, ma ripensare il modo in cui l’amministrazione ascolta i cittadini. Lo strumento è secondario. L’obiettivo è creare un’amministrazione che ascolti meglio e comunichi in modo più mirato, umano, efficace. Se ci riesce, arriverà anche a chi oggi è più distante, qualunque sia la sua età o dimestichezza digitale. E infine guardando al futuro la prossima generazione di anziani sarà digitalizzata e dovremo tenerne conto.
Il modello Santa Maria di Sala Civic Innovation Lab
L’assessorato all’ascolto è solo il primo tassello di un progetto più ampio. Zurini ha sviluppato quello che definisce “Santa Maria di Sala Civic Innovation Lab”, un modello che include sei strumenti integrati: dall’AI Agent ad un podcast, “Sala Pubblica”, per spiegare il funzionamento comunale. Dal whitepaper sulle best practice nazionali alla Consulta Innovazione per coinvolgere cittadini ed esperti.
Come vi preannunciavo in questo articolo di qualche tempo fa, l’intelligenza artificiale sta evolvendo da generativa a interattiva, diventando sempre più capace di collaborare attivamente con gli esseri umani. Il progetto di Zurini si inserisce perfettamente in questa evoluzione. Che, come tutte quelle del suo genere, presenta le sue incognite.
Domanda: “Quali sono i principali rischi che vede nell’affidare parte delle funzioni amministrative all’intelligenza artificiale?”
Risposta di Zurini: Il rischio non sta tanto nella tecnologia, ma nell’uso che se ne fa. L’intelligenza artificiale non deve sostituire le decisioni umane, ma renderle più accessibili, trasparenti e comprensibili.
Il vero vantaggio dei modelli linguistici è che possono tradurre il burocratese in un linguaggio semplice, riducendo quella distanza che oggi molti cittadini sentono nei confronti delle istituzioni. Oppure può fungere da tramite tra abitanti e amministrazione e fare arrivare le segnalazioni negli uffici competenti.
Detto questo, l’affidabilità di un sistema AI dipende da come lo si addestra: serve una base solida fatta di dati aggiornati, documenti pubblici, regolamenti locali. Per questo motivo, preferiamo puntare su modelli open source, come ad esempio Gemma di Google, che garantiscono un maggiore livello di trasparenza e controllo rispetto ai modelli chiusi.
La regola è semplice: l’AI deve aiutare i cittadini a capire meglio, non decidere al posto loro. E dietro ogni decisione, ci sarà sempre la responsabilità di una persona in carne e ossa.

Un fenomeno in crescita nella PA italiana
L’idea di Zurini è forse la più integrata, ma non è del tutto isolata. In Italia sempre più enti pubblici stanno sperimentando soluzioni basate sull’intelligenza artificiale. Il Comune di Genova ha già istituito un assessorato alla digitalizzazione e all’applicazione dell’AI, mentre Ferrara ha aderito al progetto ProtocolloAI coordinato dalla Bocconi.
Secondo le linee guida dell’AgID per l’adozione dell’AI nella pubblica amministrazione, l’intelligenza artificiale può migliorare significativamente l’efficienza dei servizi pubblici, riducendo i tempi di risposta e aumentando la trasparenza. Tuttavia, come sottolineato dal Piano Triennale ICT, è fondamentale che questi sistemi rispettino rigorosi protocolli di sicurezza e trasparenza. È per questo, forse, che la “macchina pubblica” è più lenta nell’adozione di queste tecnologie.
L’innovazione come metodo politico
Per come la penso io, quello che rende particolare la proposta di Zurini non è tanto l’aspetto tecnologico, quanto l’approccio metodologico. “Non voglio convincere nessuno con promesse”, ha dichiarato il candidato. “Voglio mostrare che un altro modo di fare politica è possibile”. Il suo assessorato digitale è un tentativo di applicare i principi dell’innovazione digitale alla governance locale: apertura, prototipazione, trasparenza, ascolto continuo.
La ricerca mostra che l’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione può democratizzare l’accesso all’informazione e aumentare la partecipazione civica. I cittadini più informati e coinvolti tendono a essere più soddisfatti dei servizi pubblici e più fiduciosi nelle istituzioni.
Assessorato AI, una scommessa sul futuro della democrazia locale
L’esperimento di Santa Maria di Sala arriva in un momento cruciale per la democrazia locale italiana. Come evidenziato negli scenari futuri dell’intelligenza artificiale, il vero test per Zurini non sarà tecnologico, ma politico: riuscirà a convincere i cittadini di Santa Maria di Sala che un assessorato guidato dall’intelligenza artificiale può davvero ascoltarli meglio di uno tradizionale?
La risposta arriverà dalle urne, ma l’esperimento ha già il merito di aver posto una questione fondamentale: come può la tecnologia servire davvero la democrazia, senza sostituirla.
In un’epoca in cui la sfiducia verso le istituzioni cresce, forse la vera innovazione non sta nell’utilizzare tecnologie sempre più sofisticate, ma nel ricordare che il primo dovere della politica è ascoltare. E se ci vuole un’intelligenza artificiale per farlo, ben venga.