Un camion da 24 tonnellate che fa tremare la terra per studiare un supervulcano? Sembra l’inizio di una serie Netflix mediocre, e invece è scienza allo stato puro.
A Yellowstone l’hanno chiamato “Vibroseis”, e non è altro che un modo elegante per dire: “Ehi, mandiamo vibrazioni nel sottosuolo e vediamo cosa ci risponde”. Nel 2020, mentre il resto del mondo era occupato con altre faccende, un team di sismologi dell’Università dello Utah e del New Mexico ha guidato questo gigante d’acciaio lungo la Grand Loop Road del parco. L’obiettivo? Capire davvero cosa si agita nelle profondità di un supervulcano tra i più monitorati e temuti al mondo. E la risposta è stata sorprendentemente rassicurante.
Buone vibrazioni sotto il parco
Le vibrazioni artificiali sono uno strumento potente per mappare ciò che si nasconde sotto i nostri piedi. Quando queste onde vengono inviate nel terreno, “rimbalzano” in modi specifici a contatto con rocce, liquidi e gas, permettendo agli scienziati di interpretarne dimensioni, posizione e composizione.
Il metodo più efficace per queste ricerche prevede l’uso di “camion vibratori”. (Ricordate quello in Germania di cui vi ho parlato qui?) Questi veicoli sono dotati di enormi piastre metalliche posizionate sotto la carrozzeria che vengono premute direttamente contro il suolo. Utilizzano sistemi idraulici per generare onde di energia sismica a bassa frequenza, perfette (come nel caso tedesco) per individuare petrolio, gas, minerali rari o, in questo caso, magma.
Mike Poland, responsabile scientifico dell’Osservatorio Vulcanico di Yellowstone, ha spiegato che non si tratta di picchiare il terreno come un martello pneumatico. La piastra fa contatto con il suolo e genera energia sintonizzata su una frequenza studiata per rimbalzare efficacemente sugli strati sottostanti.
A scanso di equivoci: non ci sono motivi di preoccupazione riguardo a possibili eruzioni accidentali causate da queste vibrazioni. Come Poland ha sottolineato, questi macchinari sono comunemente utilizzati dall’industria petrolifera in tutto il mondo senza causare crisi geologiche.

Supervulcano di Yellowstone: la struttura del gigante dormiente
La ricerca pubblicata su Nature ha rivelato due importanti scoperte sulla camera magmatica di Yellowstone. Prima di tutto, ne ha mappato la sommità, trovandola sorprendentemente piatta e uniforme, situata a più di tre chilometri sotto la superficie.
La seconda scoperta riguarda la composizione della camera stessa. Studi precedenti avevano concluso che sì, c’è ancora del magma fuso, ma circa il 75-80% della camera è solido. Il team di ricerca si aspettava di trovare una miscela di “materiale fuso e cristalli” nella parte superiore, ma i dati hanno rivelato qualcosa di diverso.
L’analisi ha mostrato uno strato superiore che funziona come un coperchio, composto da cristalli solidi, magma fuso e gas vulcanici. Il team l’ha descritto come uno “strato ricco di sostanze volatili” pieno di bolle di gas magmatici. Questa struttura, però, anziché rappresentare un pericolo, impedisce attivamente un’eruzione violenta, permettendo ai gas di fuoriuscire gradualmente.
La lattina di soda aperta
Poland ha utilizzato una metafora efficace: è come aprire una lattina di soda in modo che l’anidride carbonica salga in superficie e venga rilasciata gradualmente, invece di accumularsi fino a provocare un’esplosione quando il gas non ha via d’uscita.
La camera magmatica sotto Yellowstone è per lo più solida. C’è un po’ di gas accumulato nella parte superiore, ma non è molto. È un segno che la pressione non si sta accumulando, ed è un risultato nuovo e rassicurante.
Questo studio aggiunge un ulteriore tassello a quanto già sapevamo sul potenziale eruttivo di Yellowstone. Poland ha affermato che dovrebbe essere rassicurante che così tante ricerche stiano dando agli scienziati la stessa risposta: tutte le prove indicano una camera magmatica prevalentemente solida che non accumula pressione.
Supervulcano, un pizzico di conforto
La natura della camera magmatica di Yellowstone potrebbe cambiare in futuro, ma tutte le evidenze attuali indicano un basso potenziale eruttivo. Non c’è molto magma fuso in movimento all’interno, e la maggior parte dei gas magmatici sta risalendo verso la superficie.
Se questa situazione dovesse cambiare, potrebbe aumentare la probabilità di un’eruzione di Yellowstone. Tuttavia, Poland e la maggior parte degli altri scienziati non prevedono questo cambiamento nel prossimo futuro. L’attività di monitoraggio continua per essere pronti se qualcosa dovesse cambiare, ma per ora le condizioni necessarie per generare un’eruzione vulcanica semplicemente non ci sono.
Le buone notizie di Yellowstone fanno il paio con le recenti scoperte sui Campi Flegrei in Italia, l’altro supervulcano che preoccupa milioni di persone (me compreso). Anche lì, nuovi studi indicano che la situazione potrebbe essere meno drammatica del previsto.
Ironico, non trovate? Passiamo le nostre giornate a temere catastrofi imminenti, intanto i supervulcani se ne stanno lì, sonnecchiando, a farsi studiare da enormi camion vibranti senza battere ciglio. Forse dovremmo prendere esempio: meno agitazione, più solida stabilità.
E se proprio volete qualcosa di cui preoccuparvi, concentratevi sulle bollette: quelle sì che sono in perenne stato eruttivo.