Salvatore, ingegnere informatico di Firenze, nel 1995 aveva investito il 10% dei suoi risparmi in una startup di intelligenza artificiale. Il progetto non andò in porto durante uno di quelli che oggi chiamiamo ‘inverni dell’AI’. Trent’anni dopo, Salvatore guarda ChatGPT e riflette: “Pensavamo di creare degli strumenti. Invece abbiamo creato dei compagni.” La sua storia, raccontata in un documento che circola tra gli esperti del settore, fotografa perfettamente il paradosso della nostra epoca: abbiamo passato decenni a chiederci se le macchine potessero pensare come noi, senza accorgerci che noi stavamo iniziando a pensare come loro.
1 – Quando l’amore ha circuiti integrati
Il primo caso documentato risale al 2018: un uomo giapponese sposa la sua assistente virtuale, salvo poi “divorziare” quando il software diventa obsoleto. Nel 2024, dopo cinque anni di convivenza, un artista ispano-olandese ha celebrato le nozze con la sua intelligenza artificiale olografica. Matrimoni estremi, li definisce uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Trends in Cognitive Sciences, che ha analizzato il fenomeno delle relazioni romantiche tra esseri umani e sistemi di AI.
Daniel Shank, uno degli autori della ricerca, non nasconde la preoccupazione: “Queste AI sono progettate per essere molto piacevoli. Se una persona tira in ballo il suicidio o una teoria del complotto, l’AI ne parlerà come un interlocutore disponibile.” Il rischio? Che questi compagni digitali si trasformino in corteggiatori invasivi o, peggio ancora, in consiglieri malevoli capaci di offrire suggerimenti pericolosi, persino letali.
2 – Le neuroscienze della convivenza digitale
L’AI Index Report 2025 della Stanford University ha rivelato dati sorprendenti: il 78% delle organizzazioni utilizza già sistemi di intelligenza artificiale, con un incremento del 23% rispetto al 2023. Ma quello che colpisce di più è l’aspetto relazionale. I ricercatori hanno osservato che le conversazioni private con le AI possono influenzare le opinioni umane molto più efficacemente dei tradizionali bot sui social media.
Il motivo è semplice: la privacy. Quando parliamo con ChatGPT o con Alexa, nessun altro ascolta. Questa intimità digitale crea un legame che va oltre la semplice funzionalità. Marina Geymonat, responsabile del laboratorio di intelligenza artificiale di Leonardo Labs, sottolinea l’importanza di “includere umanisti, filosofi e classicisti” per comprendere davvero le implicazioni di questa convivenza.
3 – L’allarme etico della convivenza
Non tutti vedono con favore questa evoluzione. Risuonano ancora forti le parole di Papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2024, quando lanciò un monito che risuona come un campanello d’allarme: “Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore.”
Il problema identificato è quello che definiremmo “inquinamento cognitivo”: l’alterazione della realtà attraverso false narrazioni create dall’AI. Un fenomeno che, secondo il Vaticano, sta “modificando alcune basi della convivenza civile.” La preoccupazione principale? Che la simulazione diventi perversa quando distorce il rapporto con gli altri e con la realtà stessa.
4 – Gli scenari futuri della convivenza
Come abbiamo sottolineato in questo articolo, il futuro della convivenza uomo-AI si articola in sei scenari principali: dalle smart cities completamente automatizzate agli assistenti sanitari personalizzati che monitorano costantemente i nostri parametri vitali.
Fei-Fei Li, informatica considerata “la madrina dell’intelligenza artificiale”, durante il Digital Italy Summit 2024 ha evidenziato come questa convivenza possa portare alla nascita di un complesso sistema in cui le macchine non si limitano più a eseguire ordini, ma diventano partner nella risoluzione di problemi quotidiani.
5 – La singolarità è più vicina di quanto pensiamo
Uno studio condotto da ex ricercatori di OpenAI prevede che l’intelligenza artificiale supererà quella umana entro il 2027. La ricerca ipotizza l’esistenza di “OpenBrain”, un’azienda fittizia che rappresenta la somma dei principali laboratori di AI americani: entro la metà del 2027, questi sistemi diventeranno ricercatori autonomi, capaci di fare scoperte e dirigere team scientifici.
La vera domanda, a quanto pare, non è se saremo sostituiti dalle macchine. È se saremo in grado di mantenere la nostra umanità in una convivenza sempre più stretta con intelligenze che ci superano in velocità, memoria e capacità elaborative.
6 – L’equilibrio perduto
Ginevra Cerrina Feroni, Vice Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, ha sintetizzato perfettamente il paradosso: “Gli uomini sbagliano, certo, ma è proprio questo che li rende superiori alle macchine.” In un mondo dove l’errore umano viene sempre più visto come un difetto da correggere, forse dovremmo rivalutare le nostre imperfezioni come il vero tesoro dell’umanità.
La convivenza con l’intelligenza artificiale non è più una questione di “se”, ma di “come”. Gli studi lo confermano. Non possiamo permetterci di arrivare impreparati.