C’è un momento in cui i numeri smettono di essere statistiche e diventano storie. È successo a Gaza, dove per la prima volta ricercatori indipendenti sono riusciti a realizzare un’indagine diretta sulle vittime del conflitto. Casa per casa, famiglia per famiglia, hanno raccolto testimonianze che raccontano una realtà più cruda di quella ufficiale. Ottantaquattromila morti a Gaza. Più del doppio di quanto dichiarato finora. Un bilancio che cambia la sostanza di quello che sta accadendo nella Striscia: per la percezione, credo sarà dura.
Il primo conteggio indipendente sui morti a Gaza
Per quindici mesi, il mondo si è affidato ai dati del Ministero della Salute palestinese (smentiti a loro volta dai dati israeliani) per capire la portata delle perdite umane a Gaza. Cinquantaseimila morti secondo le cifre ufficiali al 25 giugno 2025. Ora arriva il primo studio indipendente a mettere tutto in discussione.
I ricercatori del Palestinian Center for Policy and Survey Research di Ramallah, in collaborazione con esperti internazionali, hanno condotto un’indagine diretta tra la popolazione. Una settimana di lavoro sul campo, partendo dal 30 dicembre 2024, per raccogliere dati da 2.000 famiglie rappresentative dell’intera Striscia.
Il risultato? Quasi 84.000 persone morte tra ottobre 2023 e gennaio 2025. Di queste, 75.200 per cause violente e 8.540 per cause indirette legate al conflitto. Numeri che non tengono conto degli ultimi 5 mesi, con un possibile bilancio molto più drammatico, e cambiano completamente la scala di questa tragedia umana.

La metodologia dietro i numeri
Lo studio, pubblicato su Nature e condotto secondo rigorosi standard scientifici, ha utilizzato un approccio diretto: interviste faccia a faccia con adulti di famiglie selezionate casualmente.
Ogni intervistato doveva elencare tutti i membri della propria famiglia presenti il 6 ottobre 2023, includere i bambini nati successivamente, e riferire il destino di ciascuno: vivo, morto o disperso. Per chi aveva perso la vita, i ricercatori chiedevano di specificare se la morte fosse dovuta a cause violente o meno. Un metodo che, secondo Patrick Ball, statistico del Human Rights Data Analysis Group di San Francisco, rappresenta un lavoro straordinario considerando le condizioni operative.
L’indagine ha coperto gran parte della Striscia, escludendo solo Gaza City, il nord di Gaza e Rafah a causa dei combattimenti attivi. Assolutamente si tratta di una stima per difetto: tuttavia, molti residenti di quelle aree si erano trasferiti nelle zone raggiunte dall’indagine.
Una tragedia che colpisce tutti
I dati rivelano che il 59% dei morti a Gaza al gennaio 2025 erano donne, bambini e anziani. Una distribuzione che fotografa come questo conflitto abbia investito indiscriminatamente la popolazione civile. Parliamo di circa un abitante su 35 della popolazione pre-bellica di Gaza.
Michael Spagat, economista del Royal Holloway University di Londra e coautore dello studio, sottolinea come potrebbero esserci state ancora più morti non violente nei mesi successivi all’indagine. Debarati Guha-Sapir, epidemiologa dell’Università di Louvain specializzata in conflitti civili, evidenzia come la situazione sanitaria palestinese, buona prima della guerra, si sia probabilmente deteriorata man mano che il conflitto si protraeva.
I limiti del conteggio ufficiale
L’indagine mette in luce le difficoltà crescenti del Ministero della Salute di Gaza nel tenere un conteggio accurato. Le infrastrutture sanitarie danneggiate, gli ospedali sotto attacco e il caos generale hanno reso sempre più complessa la registrazione sistematica dei decessi.
Laith Jamal Abu-Raddad, epidemiologo della Weill Cornell Medicine-Qatar, sottolinea come lo studio mantenga la sua rilevanza nonostante siano passati sei mesi dalla raccolta dati. “La crisi persiste e si è probabilmente intensificata negli ultimi tre mesi”, osserva.
Morti a Gaza, bilancio in linea con altre ricerche
I risultati si allineano con uno studio precedente guidato da Zeina Jamaluddine della London School of Hygiene & Tropical Medicine, che aveva stimato 64.260 morti violente fino alla fine di giugno 2024 utilizzando il metodo “cattura-ricattura”.
Anche The Lancet aveva pubblicato analisi che suggerivano una significativa sottostima dei dati ufficiali, utilizzando registri ospedalieri, necrologi sui social media e sondaggi online.
I dubbi sulla verifica
Mark Zlochin, ricercatore indipendente israeliano, solleva questioni sulla verificabilità dei dati, dato che lo studio si basa su testimonianze senza raccogliere nomi, date di nascita o numeri di identità dei defunti. Spagat risponde che tale raccolta avrebbe violato i protocolli di anonimato dello studio.
L’impossibilità di includere famiglie in cui non sono sopravvissuti adulti potrebbe aver portato a una sottostima, secondo Abu-Raddad. Inoltre, lo studio non ha potuto verificare le morti avvenute nei mesi successivi alla rilevazione.
Morti a Gaza, la realtà pretende risposte
I numeri raccontano una storia che va oltre le statistiche. Come sottolineavo in questo articolo, Gaza è diventata un laboratorio di tecnologie militari avanzate, ma è soprattutto casa di oltre due milioni di persone che da più di un anno vivono sotto i bombardamenti.
La tregua tra Hamas e Israele terminata il 18 marzo ha lasciato il posto a una ripresa delle ostilità che ha danneggiato ulteriormente ospedali (distrutti 34 plessi ospedalieri), scuole e infrastrutture essenziali. Centinaia di migliaia di persone sono state sfollate dalle loro case, mentre gli aiuti umanitari continuano a essere limitati.
È una situazione che non può, non deve continuare così. Ogni numero di questo studio è una vita spezzata, una famiglia distrutta, un futuro negato. La comunità internazionale deve trovare il coraggio di prendere decisioni che mettano fine a questa spirale di violenza. Perché gli 84.000 morti a Gaza disonorano anche le povere vittime israeliane del 7 ottobre, e quelle ancora in ostaggio di Hamas.
Gli 84.000 (e più) morti a Gaza, a dirla tutta, disonorano l’umanità.