C’è un killer silenzioso che scorre nelle nostre vene, e per decenni non ce ne siamo accorti. Non sono le temute piastrine o i famigerati coaguli di fibrina. Sono i nostri stessi globuli rossi che, in determinate condizioni, diventano delle bombe microscopiche pronte a esplodere. Quando le cellule endoteliali muoiono, magari durante un infarto o un’infezione grave come il COVID, i globuli rossi si rompono e trasformano le loro membrane in una specie di mastice biologico. Questo “cemento” sigilla i vasi danneggiati, ma al prezzo di bloccare completamente la circolazione. È come se il corpo, nel tentativo di salvarsi, finisse per strangolarsi da solo. E la cosa più inquietante? Gli anticoagulanti che usiamo normalmente contro questo processo sono totalmente inefficaci.
Un meccanismo nascosto da un secolo di medicina
La scoperta arriva da Shaun Jackson, professore e direttore di ThromBio, che insieme al suo team ha analizzato oltre 1000 vasi sanguigni di pazienti deceduti per COVID-19. Quello che hanno trovato ha mandato in frantumi un secolo di certezze mediche sulla coagulazione.
“Abbiamo scoperto un meccanismo di coagulazione sanguigna completamente nuovo che non ha nulla a che fare con il sistema tradizionale che coinvolge piastrine o fibrina”, spiega Jackson. “Invece, le cellule morenti causano l’esplosione dei globuli rossi e le loro membrane agiscono come una colla biologica, sigillando i vasi sanguigni danneggiati e bloccando il flusso sanguigno agli organi vitali.”
Il processo è lineare: normalmente, quando un vaso si danneggia, le piastrine si aggregano rapidamente formando un tappo temporaneo, mentre una cascata di proteine attiva la fibrina che crea una rete stabile per sigillare la lesione. Ma questo nuovo meccanismo funziona diversamente.
Quando i globuli rossi diventano cemento biologico
Il team di ricercatori ha osservato che quando le cellule endoteliali (quelle che rivestono internamente i vasi) muoiono, rilasciano segnali che causano l’esplosione dei globuli rossi nelle immediate vicinanze. Il contenuto di questi globuli rossi “emolizzati” si riversa nel microcircolo, creando depositi appiccicosi che ostruiscono completamente i capillari.
“Sotto il microscopio, vedevamo chiaramente depositi di materiale simile a proteine nei siti di morte delle cellule endoteliali”, racconta Jackson. “Un’ispezione più attenta ha rivelato che questo materiale proveniva dai globuli rossi scoppiati, i cui contenuti appiccicosi si erano riversati e avevano intasato la microvascolatura.”
La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature, ha dimostrato che questo fenomeno non si verifica solo nel COVID-19. I test su modelli animali hanno confermato che il meccanismo si attiva anche durante infarti, ictus e ischemia intestinale: qualsiasi condizione in cui i tessuti vengono privati di ossigeno.

Perché gli anticoagulanti falliscono
Ecco perché tanti pazienti con COVID grave sviluppavano insufficienza multiorgano nonostante la terapia anticoagulante. “I farmaci fluidificanti del sangue attualmente utilizzati non funzionano bene nella coagulazione microvascolare del COVID-19 perché i coaguli di sangue non sono il problema principale”, chiarisce Jackson.
È una rivelazione che spiega molti fallimenti terapeutici del passato. Come abbiamo sottolineato in questo articolo, il sangue è molto più complesso di quanto immaginiamo, e questo nuovo meccanismo ne è la prova lampante.
Globuli rossi: da trasportatori a killer
Tradizionalmente, i globuli rossi venivano considerati semplici trasportatori di ossigeno, cellule passive senza nucleo il cui unico compito era fare la spola tra polmoni e tessuti. Ma la ricerca di Jackson dimostra che hanno un ruolo attivo e potenzialmente letale nella coagulazione.
Quando muoiono, questi globuli non si dissolvono semplicemente. Le loro membrane si comportano come microscopiche gocce di supercolla, aderendo alle pareti dei vasi e aggregandosi fino a formare tappi impenetrabili. È un meccanismo che probabilmente si è evoluto per sigillare rapidamente le ferite, ma che in condizioni patologiche diventa controproducente.
Una nuova era terapeutica
La scoperta apre scenari terapeutici completamente nuovi. “Piuttosto che prendere di mira piastrine o coaguli, le terapie potrebbero invece mirare a prevenire la morte delle cellule endoteliali o bloccare il danno ai globuli rossi che ne consegue”, suggerisce Jackson. “Fermando questo processo in anticipo, potremmo essere in grado di preservare il flusso sanguigno, proteggere gli organi e alla fine salvare vite umane.”
È l’inizio di quello che Jackson definisce “un capitolo completamente nuovo nella biologia vascolare”. Un capitolo che potrebbe riscrivere i protocolli di emergenza per infarti, ictus e tutte quelle condizioni in cui la vita dipende dalla capacità del sangue di continuare a scorrere. Perché alla fine, il nemico più insidioso potrebbe non essere quello che blocca i vasi dall’esterno, ma quello che li distrugge dall’interno, goccia dopo goccia, globulo dopo globulo.