Quanto ci vuole per mandare in tilt la politica americana? A Elon Musk sono bastati cinque minuti e un tweet. Sabato 5 luglio, nel pieno del weekend dell’Indipendenza, il fondatore di Tesla ha annunciato la nascita dell’America Party.
Cos’è? Posso intanto dirvi cosa NON è. Non è un partito qualunque. È la personale dichiarazione di guerra di Musk al sistema “uniparty” che secondo lui governa gli Stati Uniti. E la reazione a questa dichiarazione di guerra è stata immediata: sostenitori trumpiani furiosi, democratici perplessi, analisti politici in subbuglio.
L’uomo più ricco del pianeta, intanto, se la ride. Alla Joker. Letteralmente. Condivide meme, risponde con emoji e si gode ogni singola reazione come se fosse seduto in prima fila a uno spettacolo che ha diretto lui stesso. Uno spettacolo com un finale sempre più aperto.
Il timing perfetto per l’America Party
L’annuncio dell’America Party non arriva per caso. La rottura tra Musk e Trump sul “Big Beautiful Bill” ha creato una frattura che sembra irreparabile. Trump ha sconfessato la sua stessa campagna elettorale con una legge di bilancio che estende tagli fiscali del 2017, aumenta il tetto del debito e finanzia sicurezza ai confini, ma taglia programmi sociali.
Ma cosa rappresenta davvero questa nuova formazione? Secondo Musk, l’obiettivo è dare voce “all’80% della popolazione di mezzo” che non si sente riconosciuta nei democratici e nei repubblicani: alla maggioranza silenziosa che si sente ignorata dal sistema bipartitico tradizionale.
Una strategia che punta dritto al centro, lontano dagli estremismi di destra e sinistra. I primi sondaggi mostrano risultati sorprendenti: il 14% degli americani si dice “molto propenso” a sostenere l’America Party, mentre il 26% si definisce “abbastanza propenso”. Numeri che, se confermati, potrebbero davvero rivoluzionare il panorama politico statunitense.
I numeri che potrebbero cambiare tutto
Elon Musk possiede tre asset fondamentali per costruire un terzo partito temibile: denaro, visibilità e seguito. Con un patrimonio stimato in oltre 250 miliardi di dollari, può permettersi di investire centinaia di milioni in una campagna nazionale. Ha già dimostrato di saper muovere cifre enormi: durante le elezioni 2024 ha speso circa 289 milioni per sostenere Trump.
I numeri più interessanti, però, riguardano il potenziale elettorale. Gli esperti di Quantus Insights stimano che l’America Party potrebbe raggiungere tra il 5% e il 10% dei consensi nazionali. Sembra poco? Non lo è affatto. Nella politica americana, dove spesso le elezioni si decidono per pochi punti percentuali, anche solo il 5% può essere determinante: il 10% può essere assolutamente, senza alcun dubbio decisivo.
Prendiamo le elezioni del 2020: in stati chiave come Georgia (differenza di 0,2%), Arizona (0,3%) e Wisconsin (0,6%), sarebbero bastati pochissimi voti sottratti ai repubblicani per ribaltare il risultato. Se l’America Party riuscisse a intercettare il 7-8% dell’elettorato conservatore moderato, i repubblicani si troverebbero in seria difficoltà negli stati in bilico.
Gli scenari possibili per l’America Party
Il primo scenario vede l’America Party come “spoiler” del centrodestra. Secondo l’intelligenza artificiale Grok, di proprietà dello stesso Musk, il nuovo partito potrebbe “frammentare il voto repubblicano, soprattutto in stati indecisi come Pennsylvania, Georgia, Arizona, Wisconsin, Michigan e Nevada”. Il risultato? Vantaggio ai democratici senza che questi debbano fare nulla.
Il secondo scenario (tutta farina del mio sacco, stavolta) è più ambizioso: l’America Party che riesce davvero a diventare una terza forza strutturale. Come ha spiegato lo stesso Musk, basterebbe conquistare “due o tre seggi al Senato e da otto a dieci distretti alla Camera” per diventare ago della bilancia su ogni legge controversa. Una strategia chirurgica che potrebbe funzionare meglio di una campagna nazionale costosissima e dispersiva.

Le sfide concrete dell’America Party
Creare un partito politico negli Stati Uniti non è come lanciare un’auto elettrica. Ogni stato ha regole diverse per il riconoscimento dei partiti e l’accesso alle schede elettorali. Servono migliaia di firme, tempi ristretti, battaglie legali infinite. “Solo la persona più ricca al mondo potrebbe tentare seriamente di creare un nuovo partito americano”, ammette l’esperto elettorale Brett Kappel.
Ma Musk ha già un vantaggio: l’infrastruttura di America PAC, il suo super-comitato politico che ha speso 200 milioni per Trump nel 2024. Quella macchina organizzativa potrebbe essere rapidamente riconvertita per l’America Party.
Il vero ostacolo, comunque, non è tecnico: è culturale. Gli americani sono abituati al bipolarismo da oltre 150 anni. Per loro Dem e Rep sono Mamma e Papà. L’ultimo terzo partito che ha davvero contato è stato quello di Ross Perot nel 1992, che raggiunse il 19% ma non vinse neanche un collegio elettorale, e sparì subito dopo.

Cosa cambierà davvero
Steve Bannon, ex stratega di Trump, vede nero: “Musk è chiaramente una persona instabile”, attacca. Un argomento debole, debolissimo, che sottostima tragicamente il possibile effetto Musk sulla politica americana. Il miliardario non ha bisogno di vincere per cambiare le regole del gioco. Gli basta esistere.
Il paradosso dell’America Party è che potrebbe aver già vinto prima ancora di candidare qualcuno. La sua sola esistenza costringe repubblicani e democratici a fare i conti con un elettorato che cerca alternative. E Musk, da maestro della comunicazione qual è, sa benissimo che a volte minacciare è più efficace che agire.
Come vi scrivevo tempo fa, i partiti del futuro nascono quando la politica tradizionale non riesce più a intercettare i bisogni reali delle persone. L’America Party di Musk potrebbe essere proprio questo: non una boutade da miliardario annoiato, ma il primo segnale di una politica che sta cambiando pelle.
Tra emoji divertite e meme condivisi, Musk sta giocando una partita molto seria. E se alle parole seguiranno i fatti, vedremo i risultati alle prossime elezioni.