Il Monte Vesuvio ha appena “eruttato” di nuovo, ma non dove vi aspetterete (e meno male). È successo nel laboratorio Creator Space dell’Università di Melbourne, dove due studenti di ingegneria hanno riportato in vita un’opera d’arte meccanica progettata nel 1775 ma mai costruita.
L’idea originale era di Sir William Hamilton, diplomatico britannico e vulcanologo appassionato, che voleva creare un dispositivo capace di animare lava e esplosioni attraverso luce e movimento. Ci sono voluti 250 anni e la tecnologia moderna per vederla finalmente funzionare.
Il sogno impossibile di Sir William Hamilton
Come detto, questo pezzo di arte “vulcanica” del 1775 nasce dalla mente brillante di Sir William Hamilton, ambasciatore britannico a Napoli dal 1764 al 1800. Hamilton non era solo un diplomatico: era un vulcanologo autodidatta, tanto ossessionato dal Vesuvio da scalarlo 58 volte nonostante i pericoli. La sua passione lo portò a collaborare con l’artista Pietro Fabris per documentare ogni eruzione, ogni colata di lava, ogni esplosione del vulcano più famoso d’Europa.
Il dispositivo meccanico era basato su un acquerello del 1771 dello stesso Fabris intitolato “Vista notturna di una corrente di lava”. Hamilton immaginò di trasformare quella scena statica in movimento: luci che danzavano simulando il magma incandescente, meccanismi che riproducevano l’intensità delle esplosioni vulcaniche. Un sogno di arte e scienza che combinava il fascino estetico con la precisione scientifica dell’epoca.
Ma il progetto rimase solo sulla carta. Un disegno dettagliato conservato nella Biblioteca Municipale di Bordeaux rappresentava tutto quello che restava di questa visione ambiziosa.
Due studenti e tre mesi di ingegneria creativa
Xinyu “Jasmine” Xu, studentessa magistrale in Meccatronica, e Yuji “Andy” Zeng, laureando in Ingegneria Meccanica, hanno scoperto il progetto attraverso il dottor Richard Gillespie, curatore senior della Facoltà di Ingegneria.
“È bello che dopo esattamente 250 anni i nostri studenti abbiano riportato in vita questo progetto dormiente”, ha commentato Gillespie.
I due hanno trascorso tre mesi nel laboratorio Creator Space, uno dei più avanzati spazi di fabbricazione dell’università. Al posto degli ingranaggi a orologeria immaginati da Hamilton, hanno utilizzato legno e acrilico tagliati al laser, illuminazione LED programmabile e sistemi di controllo elettronico. Un upgrade tecnologico che ha mantenuto intatto lo spirito originale del progetto.
“Il progetto ha offerto una ricchezza di opportunità di apprendimento”, racconta Xu. “Ho sviluppato molte competenze, inclusa la programmazione, la saldatura e le applicazioni di fisica.” Per Zeng, invece, “è stato un modo fantastico per costruire le mie capacità pratiche di risoluzione dei problemi”.
Il “Vesuvio” del 1775 incontra il XXI secolo
La sfida più grande è stata mantenere nascosti i meccanismi dalla vista, proprio come aveva previsto Hamilton. “Abbiamo ancora affrontato alcune delle sfide che Hamilton affrontò”, spiega Zeng. “La luce doveva essere progettata e bilanciata in modo che i meccanismi rimanessero nascosti.”
Il risultato finale combina l’eleganza dell’arte settecentesca con la precisione dell’elettronica moderna. Le luci LED creano l’illusione di lava che scorre lungo i fianchi del Vesuvio, mentre i controlli programmabili permettono di variare l’intensità delle “eruzioni”. È come assistere a uno spettacolo dal vivo di 250 anni fa, ma con una qualità visiva che nemmeno Hamilton avrebbe mai potuto immaginare.
Andrew Kogios, l’ingegnere che ha supervisionato i due studenti, sottolinea l’importanza educativa del progetto:
“L’entusiasmo e la perseveranza di Yuji e Xinyu hanno portato a un enorme sviluppo delle competenze. Esperienze come queste, che integrano i loro studi universitari, li posizionano bene per i loro futuri sforzi.”
Un ponte tra passato e futuro
L’opera meccanica è ora il pezzo forte di “The Grand Tour“, una nuova mostra nella Baillieu Library dell’università, che rimarrà aperta fino al 28 giugno 2026. Poi spero che qualcuno la porti a Napoli per il giusto tributo.
Hamilton aveva immaginato un modo per rendere la scienza accessibile attraverso l’arte, per far vivere l’esperenza di un’eruzione vulcanica a chi non poteva scalare il Vesuvio. La sua arte vulcanica del 1775 voleva educare divertendo, stupire insegnando. Obiettivi che oggi, con LED e microprocessori, sono finalmente diventati realtà.
Come spesso accade nella storia della tecnologia, ci sono voluti secoli perché l’immaginazione incontrasse gli strumenti giusti. Il Vesuvio di Hamilton non è più solo un sogno sulla carta: è un dispositivo funzionante che continua a raccontare la storia di un vulcano, di un visionario e della meraviglia senza tempo della scoperta scientifica. Bravo, Don William!