Allora, sedetevi comodi. Avete presente quella figura rassicurante, un po’ grigia ma necessaria, che chiamavamo ‘manager intermedio’? Ecco, l’AI sta pensando seriamente di mandarla in pensione anticipata, o peggio. Le grandi aziende, da Microsoft a Meta, passando per quelli che vi portano i pacchi o vi vendono lo shampoo, stanno tagliando a destra e a manca. Lo chiamano ‘The Great Flattening’, il Grande Appiattimento. Sembra un titolo da catastrofe geologica, ma si applica al mercato del lavoro. In pratica, via i livelli intermedi, giù i costi, più agilità. O almeno, così ve la raccontano. Perché, diciamocelo, tagliare manager che guadagnano bene è sempre un’ottima scusa per far quadrare i conti. Ne abbiamo parlato giusto la settimana scorsa.
L’AI, in tutto questo, fa la parte del cattivo tecnologico, quello che ‘gestisce i compiti di coordinamento’, ‘aumenta l’autonomia’ e, udite udite, ‘aiuta a decidere promozioni, aumenti e licenziamenti’. Sì, avete capito bene. Il vostro destino, o quello del vostro collega, potrebbe passare per un algoritmo. Mica male, eh? Peccato che, nel ridisegnare il mercato del lavoro, si dimentichino un dettaglio: quelle figure ‘grigie’ magari facevano anche da ponte, da mentori, da ‘sensori umani’.
Il grande appiattimento e il mercato del lavoro che cambia
Parliamoci chiaro: la tendenza non è nata ieri. Le aziende cercano da sempre di snellire la burocrazia interna, quella pletora di riunioni inutili e passaggi intermedi che rallentano tutto. Ma ora, grazie all’AI (e diciamocelo, grazie anche alla scusa perfetta per ridurre i costi mascherandola da modernizzazione), questa tendenza ha pigiato sull’acceleratore in modo quasi brutale. Quello che era iniziato nelle stanze asettiche della Silicon Valley (pensiamo a Microsoft che ha fatto fuori i dipendenti per “appiattire i livelli di gestione” e “aumentare l’agilità”, o a Meta che ha mirato esplicitamente ai livelli intermedi per “prendere decisioni più velocemente e distribuire strumenti AI”), si è sparso come un’onda anomala.
Non solo tech: quando anche i pacchi volano via
Eh no, non pensate che sia un problema solo per quelli con la felpa e gli occhiali smart. Il “Grande Appiattimento” ha raggiunto settori che sembravano immuni. Avete presente i furgoni marroni? Ebbene, UPS ha eliminato ben 12.000 posizioni manageriali. Anche le banche, roccaforti della gerarchia, hanno sfoltito: Citi ha ridotto significativamente i suoi livelli. E potremmo andare avanti: Amazon, Bayer, perfino il colosso dei supermercati Walmart sta investendo pesantemente in AI e robotica mentre, quasi per caso, licenzia dipendenti e punta all’automazione massiccia dei negozi. Insomma, il mercato del lavoro si sta rimescolando a un ritmo che fa girare la testa, e la sedia sotto i manager intermedi sta diventando sempre più traballante.

L’algoritmo in giacca e cravatta
Ma qual è il ruolo dell’intelligenza artificiale in tutto questo? Beh, l’AI è la giustificazione perfetta. Le aziende scommettono (o dicono di scommettere) che questi strumenti possano farsi carico di un sacco di compiti che prima richiedevano un capo: coordinare, comunicare, magari persino fare quel lavoro di “collante” che teneva insieme i team. L’idea è che il singolo lavoratore diventi più “autonomo”, meno bisognoso di supervisione costante. E qui arriva il bello (o il brutto, dipende dai punti di vista): i manager che rimangono, quelli che non sono stati appiattiti via, stanno iniziando a usare l’AI per decisioni cruciali. Decisioni su aumenti, promozioni e sì, anche sui licenziamenti. Lo dice un nuovo studio di Resume Builder. L’idea che un algoritmo possa decidere il vostro futuro professionale è quantomeno… inquietante. E, diciamocelo, molti esperti avvertono che decisioni prese dall’AI in ambito HR potrebbero portare a una valanga di cause legali per discriminazione. D’altronde, gli algoritmi sono bravi quanto i dati con cui li addestriamo, e i dati, come ben sapete, non sono sempre imparziali.
Il peso sul mercato del lavoro e sui sopravvissuti
Le conseguenze, amici miei, sono tutt’altro che virtuali. Per chi viene tagliato fuori, rientrare nel mercato del lavoro a livelli di anzianità o stipendio simili è un’impresa ardua. I dati lo confermano: c’è un calo notevole nelle posizioni per manager intermedi rispetto agli anni passati. E per chi resta? Beh, l’ironia della sorte è che spesso si ritrovano a supervisionare squadre enormi, con un carico di lavoro e una pressione che sfociano nel burnout. Un recente studio di Gusto ha mostrato che i manager oggi supervisionano circa il doppio dei dipendenti rispetto a cinque anni fa. Pensateci: più persone da gestire, meno tempo (e forse meno voglia) per fare quel lavoro umano di mentorship che è cruciale per i più giovani in azienda.
E cosa si perde nel frattempo?
Mentre le aziende rincorrono l’efficienza a ogni costo, forse si dimenticano di quel qualcosa che l’AI, per quanto sofisticata, non può replicare. Quella capacità umana di dare un senso alle cose (il “sense-making”), di capire le dinamiche sottili di un team, di fare da coach, di motivare in modo genuino. Certo, gli algoritmi possono ottimizzare processi e fare previsioni basate sui dati. Ma una pacca sulla spalla nel momento giusto, una parola di incoraggiamento, la capacità di mediare un conflitto con intelligenza emotiva… beh, per quelle cose serve ancora un essere umano. E come vi scrivevo in questo approfondimento su Futuro Prossimo, ci sono abilità umane che restano fondamentali nel mercato del lavoro, anche (e forse soprattutto) nell’era dell’AI. Il rischio, in questo frettoloso appiattimento, è che l’efficienza guadagnata si paghi con una perdita di quel tessuto connettivo umano che tiene insieme un’organizzazione e, in fondo, la rende un posto dove le persone (non solo gli algoritmi) hanno voglia di lavorare bene.
Allora, mentre le macchine diventano sempre più brave a “gestire”, e le gerarchie si fanno più rade, forse è il momento di chiederci cosa significa davvero “gestire” nel mercato del lavoro di oggi e di domani. È solo una questione di processi e numeri? O c’è ancora spazio (e bisogno) per quella figura un po’ grigia, un po’ stanca, ma umana, che sapeva ascoltare, consigliare, e sì, a volte anche solo dire: “Tranquillo, ce la facciamo”? Perché l’AI sarà efficiente, questo è sicuro. Ma non credo vi offra un caffè quando siete giù.