Ogni secondo, 5.000 atomi nel vostro corpo si disintegrano silenziosamente. Potassio-40 e carbonio-14 sono impegnati in una danza radioattiva iniziata miliardi di anni fa, quando le stelle forgiarono questi elementi nelle loro fornaci nucleari. Questa normale radioattività ci accompagna fin dalla nascita. Eppure, appena sentiamo la parola “radiazioni”, il cervello evoca immagini di apocalisse nucleare e mutazioni mostruose. Ma cosa succede davvero quando le radiazioni incontrano il nostro corpo?
Radiazioni ovunque, la scoperta che spiazza
La Terra non è mai stata un luogo privo di radiazioni. Dal momento in cui l’universo ha iniziato a brillare, il nostro pianeta è stato bombardato da una pioggia silenziosa di particelle cosmiche. I raggi provenienti dal sole e dalle stelle attraversano l’atmosfera, mentre elementi radioattivi naturali come l’uranio e il torio si nascondono nelle rocce sotto i nostri piedi. Il radon, un gas radioattivo che fuoriesce dal terreno, contribuisce da solo al 42% della nostra esposizione annuale alle radiazioni.
Ognuno di noi è esposto mediamente a 2,4 millisievert all’anno, l’equivalente di 100 radiografie del torace. Ma la distribuzione non è uniforme: chi vive a Denver, negli USA, riceve più radiazioni cosmiche di chi abita a livello del mare, mentre gli abitanti di alcune zone dell’Iran, del Brasile e dell’India sono esposti a livelli 10-100 volte superiori alla media mondiale. Eppure continuano a vivere vite normali e sane.
Quando le radiazioni mediche diventano un problema
Il vero cambiamento è avvenuto negli ultimi 30 anni. Se nel 1980 l’85% della nostra esposizione proveniva da fonti naturali e solo il 15% dalla medicina, oggi il rapporto si è capovolto. Le radiazioni mediche rappresentano ormai il 50% del totale, principalmente a causa dell’uso massiccio della tomografia computerizzata.
Lo studio dell’Università di San Francisco guidato dalla professoressa Rebecca Smith-Bindman ha analizzato milioni di esami diagnostici negli Stati Uniti. I risultati sono chiari: fino a 5 casi di tumore su 100 potrebbero essere collegati all’esposizione cumulativa alle radiazioni delle TAC, con polmoni e seno tra gli organi più vulnerabili.
Una singola TAC del torace equivale a circa 250 radiografie normali. Il problema non è l’esame occasionale, ma l’accumulo nel tempo di molteplici scansioni, spesso prescritte a scopo precauzionale. Come spiega Smith-Bindman:
“Anche se il rischio di una singola TAC è piuttosto basso, l’effetto cumulativo di più esami nel tempo può aumentare in modo significativo la probabilità di sviluppare alcuni tipi di tumore”.

Il paradosso della percezione
Ecco il paradosso: abbiamo più paura di una centrale nucleare (che emette radiazioni praticamente nulle in condizioni normali) che di un volo transcontinentale (che ci espone a raggi cosmici intensi). Un pilota di linea riceve annualmente tra 3 e 9 millisievert, mentre un operatore di centrale nucleare raramente supera i 20 millisievert.
La Commissione internazionale di protezione radiologica stima che su un milione di persone esposte a 1 millisievert, 50 svilupperanno una forma letale di cancro. Sembrano molti, ma rappresentano lo 0,005% del totale.
Il nostro cervello fatica a processare rischi così piccoli e probabilistici. Preferiamo temere ciò che non controlliamo (le centrali nucleari) piuttosto che ciò che scegliamo (gli esami medici). Ma i numeri raccontano una storia diversa: l’inquinamento da combustibili fossili uccide più persone all’anno di tutti gli incidenti nucleari della storia messi insieme. A parte il nucleare, vale anche per tutti i tifosi del naftone che deridono l’auto elettrica.
Convivere con le radiazioni senza panico
La chiave sta nel principio: mantenere l’esposizione “il più bassa ragionevolmente ottenibile”. Non significa eliminare ogni rischio (impossibile in un mondo naturalmente radioattivo), ma bilanciare benefici e conseguenze. Una TAC che diagnostica un tumore precocemente salva vite, anche se comporta un rischio minimo di indurne altri.
La ricerca continua a perfezionare le tecniche per ridurre le dosi mantenendo la qualità diagnostica. Come vi raccontavo in questo articolo, perfino i funghi di Chernobyl stanno insegnandoci nuovi modi di proteggerci dalle radiazioni, aprendo prospettive inedite per la medicina spaziale e la radioprotezione.
Le radiazioni non sono né buone né cattive: sono semplicemente energia in movimento. Cinquemila atomi continuano a disintegrarsi nel vostro corpo mentre leggete queste righe, esattamente come accadeva ai vostri antenati che guardavano le stelle senza sapere di essere immersi in un bagno cosmico di particelle.
La differenza è che oggi possiamo misurarle, comprenderle e usarle saggiamente. Non per eliminarle (sarebbe impossibile), ma per convivere con loro in modo consapevole.