Avete mai provato a calcolare quanti alberi servirebbero per compensare l’inquinamento di una sola automobile? Ora immaginate di fare lo stesso calcolo per le riserve fossili di ExxonMobil, Shell, BP e altre 197 giganti del petrolio. Il risultato vi lascerà senza parole. Un team di ricercatori inglesi e francesi ha fatto proprio questo: ha messo su carta i costi reali della compensazione carbonica. Le cifre sono da capogiro, ve le illustro in un box nell’articolo, e personalmente mi portano a una conclusione: tutto il discorso delle “compensazioni” è una enorme presa in giro. Vi dico meglio.
Una foresta grande quanto un continente
Nina Friggens dell’Università di Exeter e Alain Naef della ESSEC Business School di Parigi hanno pubblicato su Communications Earth & Environment uno studio che ridimensiona brutalmente le nostre illusioni sui rimedi verdi. Per compensare le emissioni derivanti dalle riserve fossili delle 200 maggiori compagnie del settore, servirebbe una foresta di 9,5 milioni di chilometri quadrati. Per farvi capire le dimensioni: più grande dell’intero Nord America.
“Dobbiamo fare attenzione come società a pensare che possiamo continuare a bruciare combustibili fossili e compensarli più tardi”, spiega la dottoressa Friggens. Il quadro che emerge è sempre meno sostenibile, e i numeri lo dimostrano con una chiarezza implacabile.
Riserve fossili: il conto che non torna
Le 200 maggiori aziende del settore detengono circa 200 miliardi di tonnellate di carbonio nelle loro riserve. Se tutto questo materiale venisse bruciato, genererebbe 742 miliardi di tonnellate di CO2. Una quantità che supera di gran lunga i 400 miliardi di tonnellate del budget carbonico rimanente per limitare il riscaldamento a 1,5 gradi.
Ma il vero shock arriva quando si parla di costi. La compensazione tramite riforestazione costerebbe alle compagnie petrolifere circa 10,8 trilioni di dollari. L’equivalente dell’11% del PIL mondiale. Come ho già sottolineato in passato, l’industria dei combustibili fossili si trova davanti a sfide economiche sempre più insormontabili. E paga con pure chiacchiere questo debito che sa di non poter più onorare.

I limiti della compensazione carbonica
La riforestazione resta la strategia di compensazione più economica disponibile. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico stima un costo di circa 14,5 dollari per tonnellata di CO2 compensata. Ma anche questa cifra “conveniente” diventa proibitiva quando si moliplica per le quantità in gioco.
Per confronto, la cattura diretta dell’aria (una tecnologia che estrae CO2 dall’atmosfera e la stocca sottoterra) costerebbe circa 908 dollari per tonnellata. Il conto finale per le compagnie petrolifere salirebbe a 673,7 trilioni di dollari, pari al 700% del PIL globale.
La matematica dello studio rivela una realtà scomoda: le compagnie petrolifere potrebbero avere “valutazioni ambientali nette negative”. In altre parole, potrebbero valere meno di quello che dovrebbero pagare per compensare il loro impatto climatico.
Lucy Hutyra della Boston University, non coinvolta nello studio, definisce la ricerca “un interessante esperimento che sottolinea gli enormi costi sociali ed economici associati alla combustione di combustibili fossili”. La ricercatrice sottolinea però che lo studio adotta un approccio massimalista, assumendo che tutte le emissioni debbano essere compensate esclusivamente tramite riforestazione. Sappiamo già che non basta, e che serviranno anche nuove tecnologie: ma le abbiamo?
Riserve fossili: oltre la compensazione
I ricercatori, ovviamente, non suggeriscono di abbandonare completamente la riforestazione. “Può funzionare e avere benefici climatici, culturali, sociali e di biodiversità”, precisa Friggens. Ma il messaggio principale rimane cristallino: le riserve fossili devono rimanere sottoterra. Non esiste alcun modo di estrarle e poi “compensare”. Dobbiamo smettere di estrarre fossili, piantare nuove foreste e ridurre le emissioni di CO2. Semplice. Brutale, se volete, ma non c’è altro. Una lezione che vale tanto per le aziende quanto per i singoli individui.
Questa ricerca ci mette davanti a una verità matematica: non possiamo piantare alberi abbastanza velocemente da tenere il passo con l’estrazione di combustibili fossili. La strada per il clima passa attraverso scelte più coraggiose: lasciare petrolio, gas e carbone dove la natura li ha messi. Sottoterra. Punto e basta.