Cosa succederebbe se i robot potessero crescere come gli organismi viventi? La risposta arriva dal laboratorio Creative Machines della Columbia University, dove un team guidato da Philippe Wyder ha creato le prime macchine dotate di metabolismo.
Questi robot modulari, ispirati ai giochi magnetici Geomag, possono incorporare nuovi componenti nel proprio corpo, auto-ripararsi e addirittura aiutare altri robot a fare lo stesso. Il processo, chiamato proprio “robot metabolism”, replica in versione meccanica quello che fanno gli aminoacidi negli organismi biologici: costruire, riparare, crescere. Una scoperta che apre scenari impensabili per l’esplorazione spaziale, le situazioni di emergenza e (non vi spaventate, non sarà domattina) l’autonomia delle macchine.
Come funziona il metabolismo robotico
Il concetto di metabolismo robotico sovverte tutto quello che sappiamo sui robot tradizionali. Mentre le macchine attuali sono sistemi chiusi, monolitici e incapaci di adattamento fisico, questi nuovi robot possono letteralmente crescere assorbendo materiali dall’ambiente. Philippe Martin Wyder, ricercatore principale dello studio pubblicato su Science Advances (se avete tempo leggetelo, è super interessante), spiega che “una vera autonomia significa che i robot non devono solo pensare autonomamente, ma anche sostenersi fisicamente”.
I Truss Link, così si chiamano questi moduli robotici, sono barre di 16 centimetri dotate di magneti alle estremità, batterie, controllori elettronici e servomotori che permettono espansione, contrazione e movimento rettilineo. La genialità sta nella semplicità: proprio come gli aminoacidi formano proteine sempre più complesse, questi moduli si collegano per creare strutture tridimensionali via via più sofisticate. Un singolo Truss Link può solo muoversi in linea retta, ma tre collegati formano una stella a tre punte capace di ruotare. Quattro moduli creano un diamante con coda che supera piccoli ostacoli, mentre un tetraedro può arrampicarsi su muri bassi.
Il processo di crescita è affascinante da osservare. I robot si incontrano casualmente nell’ambiente, si riconoscono tramite sensori di profondità e visione artificiale, quindi si collegano magneticamente seguendo configurazioni pre-programmate. Le simulazioni al computer mostrano un tasso di successo del 64% nella formazione di strutture complesse quando sei moduli si muovono casualmente in uno spazio delimitato.

Dai laboratori alla realtà: le applicazioni del metabolismo robotico
Le implicazioni pratiche di questa tecnologia sono enormi. Hod Lipson, direttore del laboratorio e co-autore dello studio, evidenzia il problema centrale: “Stiamo affidando sempre più parti della nostra vita ai robot, chi si prenderà cura di questi robot? Non possiamo contare sugli esseri umani per la manutenzione”. La risposta sta proprio nel metabolismo robotico.
Immaginate una colonia lunare dove piccoli robot esploratori si disperdono per mappare il territorio, poi si riassemblano per formare gru, edifici o strutture specializzate secondo necessità. Il metabolismo robotico permetterebbe di avere un numero limitato di componenti base che si riconfigurano continuamente per affrontare sfide diverse. In situazioni di emergenza terrestre, questi robot potrebbero auto-ripararsi anche in ambienti ostili dove l’intervento umano è impossibile.
Il metabolismo robotico fornisce un’interfaccia digitale con il mondo fisico e consente all’IA di progredire non solo cognitivamente, ma anche fisicamente, creando una dimensione di autonomia completamente nuova
La ricerca, finanziata dalla Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) e dalla National Science Foundation, punta a creare “ecologie robotiche auto-sostenibili”. Come riporta ANSA, il team prevede che inizialmente questi sistemi saranno utilizzati in applicazioni specializzate come il recupero da disastri o l’esplorazione spaziale.
Le sfide tecniche
Come vi scrivevo più su, nonostante i risultati promettenti la strada verso robot completamente autonomi è ancora lunga. Attualmente i Truss Link sono moduli omogenei, ma Wyder sta già lavorando per integrare sensori diversificati e componenti specializzati. “La vita usa circa 20 aminoacidi diversi per funzionare, quindi ci stiamo concentrando sull’integrazione di moduli aggiuntivi con vari sensori”, spiega il ricercatore.
Un limite significativo è che questi robot non possono ancora “digerire” materiali grezzi come plastica o batterie al litio per creare nuovi moduli. Il metabolismo rimane limitato all’uso di componenti pre-fabbricati e compatibili. Tuttavia, la capacità di auto-assemblaggio, auto-riparazione e sostituzione di componenti difettosi rappresenta già un salto quantico rispetto alla robotica tradizionale.
Curiosità tecnica: Durante i test, i robot hanno dimostrato di poter riparare strutture dopo disconnessioni magnetiche accidentali e persino sostituire un Truss Link malfunzionante con uno nuovo, tutto in modo autonomo. Un tetraedro dotato di “bastone da passeggio” (un modulo aggiuntivo) può persino assistere altri robot nella formazione di strutture complesse.
Il futuro del metabolismo robotico
La visione a lungo termine va ben oltre i semplici robot modulari. Wyder immagina un futuro dove l’intelligenza artificiale potrà “costruire strutture fisiche o robot proprio come oggi scrive o riordina le parole in una email”. Un mondo dove le macchine non sono più oggetti statici ma organismi artificiali capaci di evoluzione continua.
Questa ricerca si inserisce in un panorama più ampio di innovazioni robotiche. Come abbiamo visto con Clone Alpha, la biomimetica sta spingendo la robotica verso livelli di realismo anatomico impensabili. Il metabolismo robotico aggiunge un tassello fondamentale: la capacità di crescita e adattamento fisico autonomo.
Le implicazioni etiche non sono trascurabili. Lipson riconosce che “l’immagine di robot auto-riproducenti evoca alcuni brutti scenari fantascientifici”, ma sottolinea la necessità pratica di macchine auto-sostenibili in un mondo sempre più automatizzato. La chiave sarà sviluppare questi sistemi con obiettivi chiari e limitazioni appropriate.
Il metabolismo robotico è un punto di svolta nella relazione tra intelligenza artificiale e mondo fisico. Mentre l’IA ha fatto progressi straordinari a livello cognitivo, i corpi robotici sono rimasti statici e non adattivi. Questa ricerca colma finalmente il divario, aprendo la strada a macchine che possono evolvere tanto mentalmente quanto fisicamente. Il futuro della robotica non sarà fatto solo di menti più intelligenti, ma di corpi capaci di crescere, adattarsi e sopravvivere autonomamente nel mondo reale.