“Ero sull’orlo del suicidio, sentivo che a nessuno importava di me”, racconta uno dei partecipanti al progetto pilota canadese sul sussidio universale. “Con quel reddito garantito mi sono sentito di nuovo parte della società”. Non è l’unico. Tra il 2017 e il 2019, migliaia di canadesi hanno ricevuto denaro pubblico senza contropartite, in quello che doveva essere il test definitivo sul welfare del futuro. Il governo conservatore ha poi cancellato tutto, ma i dati parlano chiaro.
Sussidio universale: il test che nessuno voleva vedere
Il progetto pilota dell’Ontario era ambizioso: dare a 4.000 persone tra i 18 e i 64 anni un sussidio universale mensile senza vincoli. Gli individui ricevevano fino a 1.415 dollari canadesi al mese, le coppie fino a 2.400. Chi aveva problemi di salute poteva arrivare a 1.915 dollari. I ricercatori dell’Università McMaster dovevano studiare gli effetti per tre anni, ma il governo conservatore di Doug Ford ha interrotto tutto dopo diciotto mesi.
La giustificazione ufficiale? Il programma “non aiutava le persone a diventare contributori indipendenti dell’economia”. Ma Wayne Lewchuk, professore di economia a McMaster e responsabile della ricerca, racconta una storia diversa: “Non avevamo ancora ricevuto nemmeno un dato quando hanno deciso di chiudere”.
Forse i risultati stavano andando troppo bene per i gusti di chi crede nel welfare punitivo.
Quando il programma è stato cancellato, i ricercatori si sono organizzati in modo indipendente per salvare almeno parte dei dati. Hanno intervistato 217 ex partecipanti della regione di Hamilton e i risultati hanno sorpreso anche loro.
La gente non smette di lavorare. Anzi
Il primo mito che crolla è quello della pigrizia indotta. Quasi tre quarti dei partecipanti che lavoravano prima del sussidio universale hanno continuato a farlo anche dopo. Non solo: molti hanno trovato impieghi migliori. “Sono riusciti a passare a lavori con salari più alti, condizioni migliori e maggiore sicurezza”, spiega Lewchuk. Il sussidio universale non li ha resi pigri: li ha “solo” liberati dalla trappola della povertà.
E chi ha smesso di lavorare? Circa la metà di loro è tornato a scuola per migliorare le proprie competenze. Il sussidio universale, in quel caso, ha permesso loro di investire nel proprio futuro invece di accettare qualsiasi lavoro pur di sopravvivere.
La meccanica era semplice: per ogni dollaro guadagnato lavorando, il sussidio si riduceva di 50 centesimi. Questo significava che lavorare conveniva sempre, a differenza del welfare tradizionale che spesso punisce chi trova un impiego. Una volta raggiuinti i 34.000 dollari annui di reddito, il sussidio spariva del tutto.
Meno ospedali, più salute: sussidio universale che fa risparmiare
I benefici sulla salute sono stati clamorosi. L’80% dei partecipanti ha dichiarato un miglioramento generale delle proprie condizioni. Il 56% ha smesso di fumare, il 48% ha ridotto l’alcol. L’83% si sentiva meno stressato e ansioso, l’81% più sicuro di sé. Tradotto in cifre: meno visite in ospedale, meno spese sanitarie pubbliche.
Michael Garrett, coautore dello studio, sottolinea come “imparando come i nostri segnali viaggiano nello spazio, otteniamo preziose intuizioni su come proteggere lo spettro radio”. Ma qui parliamo di come il sussidio universale protegge le persone dalla povertà e ne migliora la vita in modi misurabili.
Mi ricordo di una persona che disse: ‘Guarda, ero sull’orlo del suicidio. Sentivo che a nessuno importava di me. Non sapevo come sbarcare il lunario e ora con il sussidio universale sento di poter far parte della società’
La nutrizione è migliorata, l’insicurezza abitativa è diminuita, le relazioni familiari si sono rafforzate nel 66% dei casi. I partecipanti si sono sentiti “riumanizzati”, trattati con dignità invece che come potenziali truffatori.

Il costo del sussidio universale? Meno di quello che pensate
Il programma costava 150 milioni di dollari per tre anni, ma Lewchuk calcola che i risparmi sanitari e l’aumento delle tasse pagate dai partecipanti che miglioravano la loro situazione lavorativa compensavano gran parte della spesa. “In termini di costo netto per una provincia, non è altissimo”.
Il governo attuale preferisce concentrarsi sui numeri: “Un progetto di ricerca che includeva solo 4.000 persone non era una soluzione adeguata per una provincia dove quasi due milioni di persone vivono in povertà”. Ma questo ragionamento è come dire che una soluzione testata su 4.000 persone non può funzionare su milioni.
Come vi raccontavo in questo articolo, esperimenti simili dal Kenya all’Alaska mostrano risultati comparabili: il sussidio universale non crea parassiti, ma persone più libere di scegliere il proprio futuro.
La vera tragedia, dice Lewchuk, è che “non abbiamo i dati per capire cosa sarebbe successo nel lungo periodo. Questa è la tragedia del progetto pilota che non è durato tre anni”. Resta il sospetto che qualcuno abbia preferito non scoprirlo.
Forse perché i risultati positivi avrebbero messo in discussione troppi pregiudizi. O forse perché un sussidio universale che funziona davvero farebbe crollare l’intera retorica del “lavoro a tutti i costi”.
Meglio non saperlo, evidentemente.