Gli ecosistemi del nostro pianeta stanno prendendo strade completamente diverse, e il risultato è una partita a scacchi planetaria dove le foreste vincono punti mentre gli oceani li perdono.
Uno studio dell’Università Duke ha analizzato vent’anni di dati satellitari scoprendo che dal 2003 la produzione biologica terrestre è cresciuta di 0,2 miliardi di tonnellate di carbonio all’anno, mentre quella marina è calata di 0,1 miliardi. Un equilibrio precario che potrebbe spezzarsi, con conseguenze imprevedibili per il clima globale e per tutti noi.
Ecosistemi in divergenza, il satellite rivela la verità
Il team guidato da Yulong Zhang dell’Università Duke ha sviluppato la prima analisi integrata che confronta simultaneamente ecosistemi terrestri e marini. Per diciotto anni i satelliti hanno fotografato una trasformazione silenziosa: mentre le foreste del Nord diventavano sempre più verdi e produttive, il fitoplancton tropicale iniziava a languire. I risultati, pubblicati su Nature Climate Change, mostrano un aumento planetario della produzione primaria netta di 0,11 miliardi di tonnellate di carbonio annue.
La produzione primaria netta misura quanto carbonio gli organismi fotosintetici riescono a “catturare” dall’atmosfera sottraendo quello che rilasciano con la respirazione. È il parametro fondamentale per capire quanto un ecosistema contribuisce alla lotta contro i cambiamenti climatici. Zhang e colleghi hanno analizzato sei diversi dataset satellitari per tracciare questi cambiamenti con precisione inedita.

Il successo delle foreste
Le regioni temperate e boreali stanno vivendo una fase di espansione biologica senza precedenti. Il riscaldamento globale ha allungato le stagioni vegetative e creato condizioni più favorevoli per la crescita delle piante nelle latitudini elevate. Come spiega Wenhong Li, coautore dello studio:
“L’aumento della produzione primaria terrestre deriva principalmente dalle piante delle latitudini più elevate, dove il riscaldamento ha esteso le stagioni di crescita, e dalle regioni temperate che hanno sperimentato maggiore umidità e intensificazione agricola”.
Non tutti gli ecosistemi terrestri però seguono questo trend positivo. Le regioni tropicali del Sud America mostrano segnali di stagnazione, probabilmente a causa della deforestazione e degli stress termici. Come vi raccontavo in questo studio sulle limitazioni delle foreste, anche gli ecosistemi più produttivi hanno i loro limiti nella capacità di assorbimento del carbonio.
Ecosistemi marini, la crisi silenziosa
Mentre la terraferma prospera, gli oceani raccontano una storia diversa. La produzione primaria marina è diminuita di 0,12 miliardi di tonnellate di carbonio all’anno, con i crolli più evidenti negli oceani tropicali e subtropicali. Il Pacifico tropicale è diventato l’epicentro di questo declino, con il fitoplancton che fatica a sopravvivere in acque sempre più stratificate e povere di nutrienti.
Il meccanismo – l’aumento delle temperature superficiali crea strati d’acqua calda che galleggiano su quelli freddi, impedendo il rimescolamento che porta i nutrienti dalle profondità alla superficie. Nicolas Cassar, coautore della ricerca, chiarisce:
“L’innalzamento delle temperature superficiali del mare ha probabilmente ridotto la produzione primaria del fitoplancton nelle regioni tropicali e subtropicali. Le acque più calde possono stratificarsi sopra quelle più fredde e interferire con il rimescolamento dei nutrienti essenziali per la sopravvivenza delle alghe”.
Se il declino della produzione primaria oceanica dovesse continuare, e per quanto tempo e in che misura gli aumenti sulla terra potranno compensare quelle perdite, rimane una questione chiave senza risposta con implicazioni importanti per valutare la salute di tutti gli esseri viventi
El Niño amplifica la variabilità degli ecosistemi
Anche se gli ecosistemi terrestri guidano la crescita complessiva, sono quelli marini a determinare le oscillazioni anno per anno. Durante gli eventi di El Niño e La Niña, gli oceani mostrano una sensibilità molto maggiore rispetto alle foreste. Shineng Hu, altro coautore, sottolinea questo aspetto: “Abbiamo osservato che la produzione primaria oceanica risponde molto più intensamente a El Niño e La Niña rispetto alla produzione primaria terrestre”.
Una serie di eventi La Niña dopo il 2015 ha temporaneamente invertito il trend negativo negli oceani, dimostrando quanto questi ecosistemi siano vulnerabili alle oscillazioni climatiche. Questa maggiore volatilità marina rappresenta un elemento di incertezza per le previsioni future sul sequestro del carbonio.
Un dato preoccupante: il declino della produzione primaria negli oceani tropicali e subtropicali, combinato con la stagnazione sulla terraferma nelle regioni tropicali, può indebolire le fondamenta delle reti alimentari tropicali. Questo secondo l’analisi pubblicata su Rinnovabili.it, potrebbe avere effetti a cascata su biodiversità, pesca ed economie locali.
Le implicazioni per il futuro
La ricerca evidenzia un equilibrio precario: gli ecosistemi terrestri stanno attualmente compensando il declino di quelli marini, ma questa dinamica potrebbe non essere sostenibile a lungo termine. Il declino negli oceani tropicali e subtropicali, combinato con la stagnazione terrestre ai tropici, rischia di indebolire le fondamenta delle reti alimentari tropicali con effetti a cascata su biodiversità, pesca ed economie locali.
La capacità delle regioni tropicali di funzionare come pozzi di carbonio efficaci potrebbe compromettersi ulteriormente, intensificando gli impatti del riscaldamento climatico. Come sottolinea Zhang: “Il monitoraggio coordinato e a lungo termine degli ecosistemi terrestri e oceanici come componenti integrate della Terra è essenziale”.
Molti studi fondamentali che collegavano la produttività di terra e mare risalgono a decenni fa. Con i cambiamenti climatici che accelerano, aggiornare questa visione è diventato urgente. La vera domanda ora non è più se riusciremo a mantenere questo equilibrio, ma quando decideremo di agire per proteggere questa bilancia sempre più instabile.
La partita a scacchi planetaria continua: le foreste stanno facendo la loro mossa vincente, ma se gli oceani dovessero arrendersi definitivamente, potremmo trovarci in una situazione di scacco matto climatico.