Nelle distese ghiacciate dell’Artico, dove il vento soffia da millenni e il ghiaccio riflette la luce del sole che non tramonta mai, si sta consumando una tragedia silenziosa. Le renne, quegli animali maestosi che per millenni hanno resistito a ere glaciali e cambiamenti climatici, stanno perdendo la loro battaglia più difficile. Non contro i predatori o la scarsità di cibo, ma contro un nemico invisibile che sta trasformando il loro mondo: il riscaldamento globale. In soli vent’anni, la loro popolazione è crollata. E secondo un nuovo studio internazionale, il peggio deve ancora arrivare. Entro il 2100, oltre l’80% delle renne del Nord America potrebbe scomparire per sempre.
Il declino più rapido degli ultimi 21.000 anni delle renne
Un team di ricercatori guidato dalla dottoressa Elisabetta Canteri dell’Università di Adelaide e dell’Università di Copenhagen ha condotto lo studio più completo mai realizzato su questi animali. Utilizzando fossili, DNA antico e sofisticati modelli computerizzati, gli scienziati hanno ricostruito l’intera storia evolutiva delle renne e dei caribù (il nome nordamericano della stessa specie). I risultati, pubblicati su Science Advances, sono devastanti.
“Abbiamo rivelato che le popolazioni di renne hanno subito gravi declini durante i periodi di rapido riscaldamento climatico, ma le perdite previste nei prossimi decenni a causa del cambiamento climatico futuro saranno probabilmente ancora più severe di quelle del passato”, spiega la Canteri.
La popolazione globale di renne e caribù è già precipitata del 56% negli ultimi due decenni, da 4,7 milioni di individui a circa 2,1 milioni. Secondo il 2018 Arctic Report Card della NOAA, solo una delle oltre 20 mandrie monitorate mantiene numeri vicini ai massimi storici.
Perché le renne del Nord America sono le più vulnerabili
Il professor Damien Fordham, coautore dello studio presso l’Università di Adelaide, non usa mezzi termini:
“Le nostre previsioni mostrano che queste popolazioni di caribù nordamericane sono più a rischio dal riscaldamento climatico, con declini fino all’80% probabili entro il 2100 a meno che non ci siano importanti tagli alle emissioni di gas serra e maggiori investimenti nella gestione e conservazione della fauna selvatica”.
Ma perché proprio il Nord America? La risposta sta nella geografia. A differenza delle popolazioni europee e asiatiche, le renne nordamericane hanno aree di terra adatta più limitate e maggiori cambiamenti previsti nell’uso del territorio. Quando una popolazione si trova in difficoltà, ha minori possibilità di migrare verso nuovi territori sicuri.

Perchè (e come) il clima le sta uccidendo
Il cambiamento climatico attacca le renne su più fronti. Eric Post, professore all’Università della California Davis e coautore della ricerca, spiega uno dei meccanismi più letali: “Lo stress da calore estivo le fa smettere di mangiare per evitare il surriscaldamento. Quando si fermano, non mangiano, e questo significa che affrontano l’inverno con meno massa corporea”.
Ma l’estate non è l’unico problema. Gli inverni più caldi creano eventi di “pioggia sulla neve”: quando le temperature si alzano improvvisamente, la neve si scioglie in superficie, per poi congelare nuovamente formando uno strato di ghiaccio impenetrabile. Le renne non riescono più a scavare per raggiungere i licheni, la loro fonte principale di nutrimento invernale.
Il caso drammatico della mandria George River: in Canada, questa popolazione è crollata del 99% da un picco di 823.000 caribù nel 1993 a soli 5.500 nel 2018. Anche se nel 2020 si è registrata una leggera ripresa, i numeri restano drammaticamente bassi.
Le conseguenze per l’ecosistema artico senza renne
La scomparsa delle renne non è solo una tragedia per la specie: minaccia l’intero equilibrio dell’Artico. Questi animali sono i “giardinieri” della tundra, controllano la crescita della vegetazione e mantengono la diversità delle piante. Quando scompaiono, la diversità vegetale crolla.
Post avverte:
“La riduzione della diversità vegetale della tundra risultante dalla perdita di renne e caribù avrà molti effetti a cascata, inclusa la riduzione dello stoccaggio di carbonio nei suoli artici. Le perdite continue probabilmente esacerberanno ulteriormente il riscaldamento climatico attraverso il rilascio di carbonio del suolo nell’atmosfera”.
È un circolo vizioso terrificante: il clima più caldo uccide le renne, che non riescono più a mantenere la tundra, che rilascia più carbonio, accelerando ulteriormente il riscaldamento.
Per le comunità indigene dell’Artico, che da millenni dipendono dalle renne per cibo, vestiti, trasporti e identità culturale, questo declino rappresenta una minaccia esistenziale. Non è solo la perdita di una risorsa: è la fine di un modo di vivere tramandato da generazioni.
Le renne hanno attraversato ere glaciali, cambiamenti climatici epocali, eruzioni vulcaniche. Hanno resistito a tutto per 21.000 anni. Ma ora, per la prima volta nella loro lunga storia, rischiano di non farcela. Il loro destino dipende dalle scelte che faremo nei prossimi decenni: ridurre drasticamente le emissioni o accettare di vivere in un mondo senza le loro magnifiche migrazioni artiche.
Il countdown è già iniziato. E stavolta, il tempo non è dalla loro parte.