Casey si sveglia ogni mattina sapendo che le parole che vuole dire restano intrappolate nella sua mente. La sclerosi laterale amiotrofica gli ha portato via la voce, ma non i pensieri. Ora, per la prima volta, un gruppo di scienziati è riuscito a costruire un ponte tra il suo cervello e il mondo esterno. L’interfaccia sviluppata a Stanford può leggere il discorso interno di pazienti come Casey, trasformando pensieri silenziosi in parole udibili. La tecnologia funziona solo quando il paziente “pensa” una password speciale: una protezione che impedisce la lettura mentale indesiderata.
Lettura mentale con password: come funziona
La ricerca guidata da Erin Kunz dell’Università di Stanford ha dimostrato per la prima volta che è possibile decodificare il “discorso interno” con una precisione del 74%. Il team ha lavorato con quattro partecipanti affetti da gravi paralisi dovute a sclerosi laterale amiotrofica o ictus al tronco encefalico. I microelettrodi impiantati nella corteccia motoria riescono a captare i deboli segnali neurali generati quando una persona immagina di parlare, senza muovere un solo muscolo. La vera innovazione sta nel meccanismo di protezione: il sistema inizia a decodificare i pensieri solo quando il paziente pensa alla frase “Chitty Chitty Bang Bang”, riconosciuta con un’accuratezza del 98,75%.
I risultati, pubblicati sulla rivista Cell, mostrano che il discorso tentato e quello interno attivano regioni cerebrali sovrapposte, generando pattern neurali simili ma con intensità ridotta. Come spiega Benyamin Meschede-Krasa, coautore dello studio:
“Se devi solo pensare al discorso invece di tentare effettivamente di parlare, è potenzialmente più facile e veloce per le persone”.
L’algoritmo di intelligenza artificiale traduce questi pattern in parole attingendo da un vocabolario di 125.000 termini, raggiungendo prestazioni che superano molte applicazioni vocali commerciali per smartphone.
Ciò che rende questo sistema davvero speciale è la capacità di distinguere tra discorso interno volontario e involontario. Durante i test, l’interfaccia è riuscita a captare anche numeri che i partecipanti stavano contando mentalmente senza essere istruiti a farlo. Questa scoperta ha portato i ricercatori a sviluppare il meccanismo di password per garantire che solo i pensieri autorizzati vengano tradotti in comunicazione.
Dalla paralisi alla comunicazione fluida
La lettura mentale non è più fantascienza, ma una realtà clinica che sta trasformando la vita di persone come Casey Harrell, il paziente di 45 anni che ha partecipato a un altro studio parallelo condotto dall’Università della California Davis. Nel suo caso, l’interfaccia cervello-computer ha raggiunto un’accuratezza del 97% nella decodifica del linguaggio tentato, permettendogli di comunicare per oltre 248 ore in conversazioni spontanee con familiari e amici. La prima volta che il sistema ha funzionato, Harrell ha pianto di gioia vedendo le sue parole apparire sullo schermo.
La tecnologia si basa su gruppi di microelettrodi più piccoli di un’aspirina per bambini, impiantati chirurgicamente nello strato superficiale del cervello. Questi dispositivi registrano l’attività neurale direttamente dalla corteccia motoria, la regione che controlla i movimenti volontari inclusi quelli necessari per parlare. I segnali vengono trasmessi via cavo a un algoritmo di apprendimento automatico che li traduce in azioni come la produzione di testo o il movimento del cursore. Come sottolinea Frank Willett, codirettore del Neural Prosthetics Translational Laboratory di Stanford:
“Decodificare i segnali neurali registrati durante il discorso interno è stato un grande traguardo, ma prima dell’ingresso in clinica bisognerà confermare sicurezza ed efficacia su un numero maggiore di pazienti”.
Il potenziale terapeutico è enorme: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 1,3 miliardi di persone vivono con disabilità da moderate a gravi. Le interfacce cervello-computer potrebbero restituire autonomia comunicativa a chi soffre di paralisi, ictus, sclerosi laterale amiotrofica o lesioni del midollo spinale. Il mercato delle interfacce cervello-computer, valutato 2 miliardi di dollari nel 2023, potrebbe triplicare entro il 2030.

La privacy dei pensieri nell’era digitale
La possibilità di leggere i pensieri solleva questioni etiche profonde che vanno ben oltre l’ambito medico. Se un dispositivo può decodificare quello che pensate, cosa succede quando quella tecnologia finisce nelle mani sbagliate? I ricercatori di Stanford hanno anticipato queste preoccupazioni sviluppando quello che definiscono una “dimensione neurale di controllo”. Il sistema è in grado di distinguere tra discorso interno e tentato, permettendo agli utenti di scegliere quale modalità utilizzare per comunicare.
Come spiega Kunz: “Volevamo investigare se esistesse il rischio che il sistema decodificasse parole che non erano destinate a essere pronunciate ad alta voce”. La risposta è arrivata sotto forma di password mentale. Quando i partecipanti pensano alla frase chiave, il sistema si attiva e inizia la decodifica. Quando smettono di pensarci, l’interfaccia si disattiva automaticamente. Una soluzione elegante che mantiene il controllo nelle mani dell’utente, come già discusso in precedenti articoli sui rischi del controllo mentale.
Tuttavia, la tecnologia è ancora agli inizi. Gli attuali sistemi cervello-computer sono dispositivi sperimentali, costosi e disponibili solo per pochi pazienti selezionati in studi clinici controllati. La miniaturizzazione degli elettrodi, la biocompatibilità a lungo termine e la variabilità individuale dei segnali cerebrali rappresentano sfide tecniche ancora da superare. I dispositivi attuali funzionano per oltre 1000 giorni dopo l’impianto, ma servono calibrazioni frequenti per mantenere l’accuratezza.
Il futuro della lettura mentale assistiva
I prossimi sviluppi puntano a rendere questa tecnologia più accessibile e potente. I ricercatori stanno esplorando regioni cerebrali alternative alla corteccia motoria, come le aree tradizionalmente associate al linguaggio o all’udito, che potrebbero contenere informazioni più dettagliate sul discorso immaginato. Hardware wireless e completamente impiantabile eliminerebbe i cavi esterni, mentre algoritmi più sofisticati potrebbero aumentare significativamente la precisione e il vocabolario disponibile.
Aziende come Neuralink, Synchron e Paradromics stanno sviluppando interfacce neurali di nuova generazione, mentre colossi tecnologici come Apple e Meta investono in soluzioni non invasive basate su sensori esterni. Lo abbiamo visto con progetti come MindPortal: l’obiettivo a lungo termine è creare sistemi che permettano comunicazione diretta tra cervello e intelligenza artificiale.
Il futuro delle interfacce cervello-computer è luminoso. Questo lavoro offre una speranza reale che le interfacce per il linguaggio possano un giorno ripristinare una comunicazione fluida, naturale e confortevole come il discorso conversazionale
La strada verso interfacce cervello-computer davvero pratiche è ancora lunga, ma i progressi degli ultimi mesi sono incoraggianti. Per la prima volta, abbiamo dimostrato che è possibile leggere i pensieri mantenendo il controllo della privacy nelle mani dell’utente. Una password mentale che protegge la nostra intimità cognitiva mentre apre nuove possibilità per chi ha perso la voce.
Forse il futuro della comunicazione umana passa davvero attraverso il pensiero, ma sempre con il nostro consenso esplicito.