L’ovocita sembra normale. Si è formato, maturato, e quando arriva lo spermatozoo si fa fecondare senza problemi apparenti. Solo che dentro c’è un disastro cromosomico: 24 invece di 23, oppure 22, o configurazioni che la natura non avrebbe approvato. È il risultato di quattro anni di tentativi per creare ovociti funzionanti partendo da cellule della pelle.
La tecnica si chiama mitomeiosi e funziona. Tipo. Nel senso che produce cellule che assomigliano a ovociti, che si comportano come ovociti, ma che hanno un problema strutturale: i cromosomi si distribuiscono a caso. Shoukhrat Mitalipov, che guida la ricerca all’Oregon Health & Science University, lo dice con una certa franchezza: “Funziona parzialmente, e parzialmente no”. E “parzialmente” non basta ancora, ma guardiamo anche il bicchiere mezzo pieno.
La promessa degli ovociti artificiali
L’infertilità, lo sapete, colpisce milioni di persone nel mondo. Una delle cause principali è l’assenza o il malfunzionamento degli ovociti, le cellule che si sviluppano in uova mature. Età avanzata, malattie, trattamenti oncologici: quando gli ovociti non ci sono o non funzionano, le opzioni diventano limitate. La fecondazione in vitro non basta se non hai materiale biologico con cui lavorare. È qui che entra in gioco la gametogenesi in vitro, l’idea di produrre cellule sessuali in laboratorio usando il DNA del paziente stesso.
Il team di Mitalipov ha lavorato su una variante di questa tecnica chiamata trasferimento nucleare di cellule somatiche (SCNT). Il principio è semplice: prendi una cellula della pelle, ne estrai il nucleo che contiene il DNA, e lo inserisci in un ovocita (donato) che non ha il suo materiale genetico originale. Il problema? Gli ovociti creati così hanno 46 cromosomi invece di 23. Se li fecondi con uno spermatozoo (che ne porta altri 23), ottieni embrioni triploidi, con un set di cromosomi in più. Non funzionano.
Mitomeiosi: il trucco per dimezzare i cromosomi
La soluzione che Mitalipov e il suo team hanno sviluppato si chiama mitomeiosi. È tipo un processo di divisione cellulare artificiale che imita quello naturale. Negli ovociti normali, durante la maturazione, metà dei cromosomi viene espulsa in modo ordinato: ogni coppia di cromosomi si appaia (uno dalla madre, uno dal padre), poi si separa, lasciandone 23. La mitomeiosi cerca di replicare questo meccanismo.
Nel 2022, il gruppo ha dimostrato che la tecnica funziona nei topi. Tre cuccioli di topo sono nati sani da ovociti creati con cellule della pelle. Il passaggio all’uomo sembrava il passo successivo naturale. Ma la biologia umana, come talvolta accade, al momento ha altre idee.
Negli esperimenti umani, il cocktail chimico che funzionava nei topi non basta. Gli ovociti ricostruiti “sentono” che qualcosa non va e bloccano il meccanismo di separazione dei cromosomi. Mitalipov ha trovato il modo di riavviarlo usando una combinazione di stimolazione elettrica e un composto chimico chiamato roscovitina. Ha funzionato. Ma non come sperato.
Quando i cromosomi fanno di testa loro
Il team ha prodotto 82 ovociti funzionali. Li hanno fecondati con spermatozoi donati. Circa il 9% è arrivato allo stadio di blastocisti, il momento in cui normalmente un embrione verrebbe trasferito nell’utero durante una fecondazione in vitro. Fin qui, tecnicamente, un successo.
Il problema è che nessuno di quegli embrioni aveva il corretto numero di cromosomi. In natura, durante la meiosi, i cromosomi si appaiano, scambiano pezzi di DNA (ricombinazione), poi si separano in modo ordinato. Nella mitomeiosi di Mitalipov, l’espulsione avviene in modo casuale. L’ovocita finisce con una media di 23 cromosomi, sì, ma non il set corretto: magari due copie del cromosoma 7 e nessuna del 14. E senza ricombinazione, il che significa che ogni cromosoma viene da uno solo dei genitori biologici del donatore di pelle, non da entrambi.
“Ci sono due cose importanti che devono succedere perché tutto vada bene”, ha detto Mitalipov in un’intervista. “E non c’è modo di aggirarle”. La ricerca è stata pubblicata su Nature Communications con una trasparenza che apprezzo moltissimo, e spero lo facciate anche voi: non nascondono i limiti, li mettono in prima pagina.
Quello che serve ancora
Il team sta lavorando su entrambi i problemi. Stanno usando strumenti di editing genetico come CRISPR per indurre rotture del DNA nei punti in cui i cromosomi normalmente si scambiano materiale. Non hanno ancora pubblicato i risultati, ma Mitalipov si dice ottimista: “Sappiamo che si può fare. Lo risolveremo”.
L’applicazione clinica è ancora lontana. Dieci, forse quindici anni, secondo le stime del team. Ma il principio è stato dimostrato: si possono creare strutture simili a ovociti da cellule comuni, e queste strutture possono essere fecondate. È una corsia veloce rispetto ad altri approcci, come la riprogrammazione completa delle cellule in cellule staminali pluripotenti e poi in gameti. Salti passaggi, risparmi tempo, eviti alcune aberrazioni genetiche che si accumulano nelle colture prolungate.
Amander Clark, biologa dello sviluppo all’Università della California di Los Angeles, ha definito lo studio un esempio importante di trasparenza scientifica. “I risultati sono indiscutibili: la tecnologia non dovrebbe passare alla pratica clinica per scopi riproduttivi”, ha detto. Almeno non ora. Non con embrioni che hanno tutti configurazioni cromosomiche sbagliate.
Ovociti dalla pelle: questioni etiche e legali
La tecnica solleva domande. Hank Greely, direttore dello Stanford Center for Law and the Biosciences, aveva previsto nove anni fa che entro un decennio qualcuno avrebbe dimostrato la possibilità di produrre gameti umani da cellule della pelle. Quando ha visto il comunicato stampa di Nature su questo studio, ha pensato che la previsione si fosse avverata. Poi ha letto i dettagli:
“Hanno fatto cose che assomigliano a ovociti, ma nessuna sarà mai vitale”.
C’è poi la questione legale. In alcuni stati americani, come Arkansas e Indiana, creare o distruggere embrioni umani per la ricerca è vietato. In altri, come California e Iowa, è permesso per la ricerca ma non per la riproduzione. A livello federale, nessuna ricerca che crea, distrugge o danneggia embrioni umani può ricevere finanziamenti pubblici. Il lavoro di Mitalipov è stato reso possibile da 4 milioni di dollari da Open Philanthropy, organizzazione filantropica fondata dal co-fondatore di Facebook Dustin Moskovitz.
Negli Stati Uniti servirebbe l’approvazione dell’agenzia del farmaco. Ma c’è un problema: una clausola nel budget federale impedisce alla FDA di ricevere richieste per trial clinici che coinvolgano gravidanze da embrioni geneticamente manipolati. Altrove, invece, le cose si stanno muovendo. A luglio, i regolatori giapponesi hanno autorizzato esplicitamente la creazione di embrioni umani usando spermatozoi o ovociti derivati da cellule staminali. Solo per ricerca, per ora.
La strada è lunga. Ma la prima pietra è stata posata. Gli ovociti artificiali non funzionano ancora, ma non sono più teoria. Sono diventati un problema tecnico da risolvere. E i problemi tecnici, prima o poi, si risolvono.