La durata della vita umana è al centro della più grande contraddizione scientifica del secolo. Mentre un professore portoghese promette addirittura millenni di esistenza attraverso la riprogrammazione cellulare, gli studi demografici mostrano un plateauing della longevità già da decenni, e avvertono che la gente nata dopo il 1939 non vedrà mai i 100 anni. (Fossi un 86enne, a questo punto mi gratterei fino a morire, confermando le previsioni: classica profezia autoavverante).
Questa battaglia tra ottimismo tecnologico e realtà demografica rivela quanto poco sappiamo davvero sui limiti biologici della nostra esistenza. La scienza ha raggiunto un bivio: continuiamo a sognare l’immortalità o accettiamo che la durata della vita umana stia già implodendo? Vediamo.
La promessa dei 20.000 anni che divide il mondo scientifico
João Pedro de Magalhães, professore di biogerontologia molecolare all’Università di Birmingham, non ha mezze misure quando parla di longevità estrema. Le sue dichiarazioni a Scientific American hanno fatto il giro del mondo: eliminando l’invecchiamento cellulare, gli esseri umani potrebbero vivere fino a 20.000 anni. La sua teoria, documentata in uno studio del 2023, parte da un’intuizione affascinante.
Il nostro DNA contiene programmi complessi che ci trasformano in adulti, ma questi stessi programmi diventano dannosi quando continuano oltre la maturità
La ricerca di Magalhães si concentra su animali che sembrano aver risolto il problema dell’invecchiamento. La balena artica vive 200 anni, la talpa nuda può arrivare a 30 anni mentre i roditori suoi simili roditori muoiono dopo appena quattro. Il segreto? Una capacità superiore di riparare il DNA danneggiato, specialmente attraverso meccanismi legati al gene P53 e alle sue proprietà antitumorali. Come abbiamo raccontato in questo articolo, la geroscienza sta aprendo scenari inimmaginabili, ma in qualche modo calcolabili.
I calcoli di Magalhães sono inquietanti nella loro precisione: se riuscissimo a “curare” l’invecchiamento umano, l’aspettativa di vita media supererebbe i 1.000 anni. La durata massima, escludendo incidenti e violenza, potrebbe arrivare fino a 20.000 anni. Tutto questo riprogrammando le cellule per eliminare il cancro e neutralizzando gli aspetti dannosi del nostro codice genetico. Hai detto niente.
La cruda realtà sulla durata della vita nei nati dopo il 1939
Dall’altra parte del dibattito sulla durata della vita, ricerche demografiche dipingono uno scenario completamente diverso. Analisi pubblicate dalla Commissione Europea suggeriscono che chiunque sia nato dopo il 1939 avrà scarse possibilità di raggiungere i 100 anni di età. Questo dato emerge da uno studio che ha analizzato decenni di registri di mortalità in diversi paesi sviluppati.
La contraddizione è stridente. Natalia Gavrilova dell’Università di Chicago ha documentato come la curva di mortalità rallenti dopo i 105 anni, ma i suoi studi mostrano anche che dopo i 113 anni il rischio di morte raddoppia ogni anno. Solo lo 0,01% della popolazione mondiale raggiunge queste età estreme, e nessuno è mai riuscito a superare i 122 anni di Jeanne Calment.
Il plateau della longevità è già evidente nei dati: nonostante i progressi medici degli ultimi decenni, l’età massima raggiunta dagli esseri umani non è aumentata in modo significativo. Ricerche dell’Università di Zurigo del 2025 mostrano che mentre l’aspettativa di vita media è cresciuta enormemente (da 32 anni nel 1900 a 72,6 anni nel 2019), la durata della vita massima sembra bloccata intorno ai 120 anni.
Il punto di incontro nascosto: manutenzione del presente
Dietro questa apparente contraddizione sulla durata della vita si nasconde una verità più profonda. Entrambe le ricerche concordano su un aspetto cruciale, che in fondo è positivo: il potenziale genetico umano è superiore alla nostra “performance” attuale. Il problema non è (solo) tecnologico, ma sistemico. Non possiamo allungare la vita perché la società, come l’abbiamo costruita, non saprebbe gestirlo: e nel frattempo, questa stessa società oggi più degradata ci sta lentamente togliendo gli anni che aveva iniziato a regalarci dandoci maggiore benessere.
David Sinclair di Harvard, che abbiamo già intervistato, ha identificato il paradosso fondamentale:
“Abbiamo le conoscenze per aggiungere 10-20 anni in salute, ma le nostre società non sono strutturate per sfruttare questo potenziale”.
La ricerca sulle sirtuine e la riprogrammazione cellulare procede, ma intanto invecchiamo più velocemente a causa di fattori ambientali e sociali.
L’inquinamento atmosferico riduce l’aspettativa di vita di 2,2 anni a livello globale. Lo stress cronico del lavoro moderno accelera l’invecchiamento cellulare del 15%. L’epidemia di obesità e sedentarietà sta già invertendo i guadagni di longevità in alcuni paesi occidentali. La durata della vita umana non dipende solo dalla genetica, ma dalla qualità del mondo in cui viviamo.
Le “zone blu” come la Sardegna e Okinawa dimostrano che la longevità estrema è possibile già oggi, senza tecnologie futuristiche. Il 60% dei centenari possiede mutazioni nel gene IGF-1, ma vivono anche in comunità con aria pulita, diete equilibrate e forti legami sociali. La lezione è chiara: prima di pensare ai 20.000 anni, dovremmo ottimizzare il presente.

Durata della vita: la strada verso un futuro sostenibile
La contraddizione tra visioni opposte sulla durata della vita rivela una strategia necessaria. Nir Barzilai dell’Albert Einstein College of Medicine lo ha espresso chiaramente: “Trattiamo le malattie una alla volta, ma dovremmo affrontare l’invecchiamento stesso”. Questo significa agire su due fronti simultaneamente.
Da un lato, continuare la ricerca avanzata. Altos Labs, la startup dell’immortalità finanziata da Jeff Bezos, sta testando terapie epigenetiche sui primati. I senolitici eliminano le cellule “zombie” che si accumulano con l’età. La CRISPR potrebbe modificare geni legati alla longevità. Queste tecnologie potrebbero davvero estendere la durata della vita umana oltre i limiti attuali.
Dall’altro lato, “fare manutenzione” alle nostre società. Ridurre l’inquinamento, ripensare i modelli di lavoro, costruire sistemi sanitari preventivi, creare ambienti urbani che favoriscano la longevità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che l’80% delle malattie croniche sia prevenibile attraverso cambiamenti di stile di vita e ambiente.
La verità sulla durata della vita umana è probabilmente nel mezzo, in questo “doppio lavoro”. Non arriveremo a 20.000 anni domani, ma potremmo presto e facilmente aggiungere decenni di vita sana se iniziassimo oggi a ottimizzare il mondo che abbiamo costruito. Come dimostrato dalle ultime ricerche, la longevità estrema arriverà, ma intanto abbiamo un compito più urgente: fare in modo che vivere più a lungo non significhi soffrire più a lungo.
Come disse Jeanne Calment, che fumò fino a 117 anni mangiando cioccolato ogni giorno: “Ho solo una ruga, e ci sono seduta sopra”. Forse dovremmo smettere di cercare l’elisir perfetto e iniziare a prenderci cura meglio di quello che già abbiamo.