Il pacco batterie si stacca dall’auto e vola via lateralmente, atterrando a sei metri di distanza con un tonfo sordo. Succede in meno di un secondo, il tempo che serve al sistema cinese per “espellere” una batteria in fiamme come se fosse un toast mal riuscito. La demo del sistema anti incendi alle auto elettriche ha fatto il giro del mondo, dividendo gli esperti tra chi ci vede una soluzione geniale e chi un rischio aggiuntivo.
Forse, però, la vera domanda è un’altra: serve davvero un sistema così estremo quando le auto elettriche si incendiano 60 volte meno di quelle a benzina? I numeri raccontano una storia diversa da quella che crediamo.
La batteria “volante” che divide gli esperti
Il video della dimostrazione cinese mostra un SUV modificato (probabilmente un iCar 03T) sul palco di un centro di ricerca automotive. Quando i sensori rilevano il surriscaldamento, il sistema attiva l’espulsione in meno di un secondo, lanciando il pacco batterie lateralmente fino a sei metri di distanza. Proprio come un tostapane gigante che decide che il pane è troppo bruciato.
L’idea, sviluppata dal China Automotive Collision Repair & Technology Research Center, nasce per affrontare il problema del thermal runaway: quando una cella della batteria al litio si surriscalda, innesca una reazione a catena che può coinvolgere l’intero pacco battrrie. Il risultato sono temperature superiori ai 1.000°C, gas tossici e fiamme che rendono gli incendi delle auto elettriche difficili da spegnere.
Certo, però che espellere una batteria da 400 kg crea a sua volta problemi nuovi. Cosa succede se il sistema si attiva per errore in autostrada? E se la batteria colpisce pedoni o altri veicoli? Diversi esperti hanno subito sollevato dubbi su quella che sembra una vera e propria “responsabilità con le ali”. Anche i produttori citati nei report iniziali, come Joyson Electronics e iCar, hanno preso le distanze dal progetto. Che poi, come vi scrivevo prima: è davvero così urgente?
Incendi di auto elettriche, i numeri che smentiscono il panico
Prima di progettare sistemi di espulsione, forse vale la pena guardare i dati. Secondo il National Transportation Safety Board americano, le auto elettriche registrano 25 incendi ogni 100.000 veicoli venduti, contro i 1.530 delle auto a benzina e addirittura 3.475 delle ibride. In percentuale: le elettriche si incendiano nello 0,025% dei casi, le termiche nell’1,5%, le ibride nel 3,4%.
I dati svedesi sono ancora più eloquenti: dal 2018 al 2022, su 3.400 incendi automobilistici annui, solo lo 0,4% ha coinvolto auto elettriche. L’organizzazione australiana EV FireSafe registra appena 570 casi di incendi verificati a livello globale dal 2010, su circa 30 milioni di veicoli elettrici in circolazione.
Perché allora tanta preoccupazione? Il problema non è la frequenza, ma la spettacolarità. Quando una Tesla prende fuoco a Istanbul, fa notizia in tutto il mondo. Quando si incendiano le centinaia di auto a benzina che bruciano ogni giorno, nessuno ci fa caso. È un bias cognitivo: eventi rari ma visibili sembrano più frequenti di quelli comuni ma ignorati.

Il thermal runaway: nemico vero (ma raro) negli incendi delle auto elettriche
Quando succede, però, il thermal runaway è effettivamente complesso. Come spiega il documento dei Vigili del Fuoco italiani, “il flusso di ioni di litio può surriscaldare la batteria fino a far reagire l’elettrolita con altri elementi chimici, aumentando ulteriormente la temperatura fino a produrre gas che, aumentando la pressione interna, producono ulteriore calore”.
Il processo genera oltre 100 sostanze chimiche, tra cui cianuro di idrogeno e monossido di carbonio. Per spegnere l’incendio servono fino a 10.000 litri d’acqua, contro i pochi centinaia necessari per un’auto tradizionale. E la batteria può riaccendersi anche giorni dopo, costringendo i pompieri a nuovi protocolli di sorveglianza.
Per questo la Cina sta investendo in soluzioni alternative. Dal luglio 2026 entrerà in vigore il nuovo standard GB38031-2025, che richiede alle batterie di “prevenire incendi ed esplosioni anche dopo che si è verificato un thermal runaway interno”. Non più solo allarmi 5 minuti prima dell’esplosione, ma sistemi attivi di contenimento.
Soluzioni meno spettacolari, più sensate
Invece di batterie volanti, l’industria sta sviluppando approcci più ragionevoli. Hyundai ha creato l’EV Drill Lance, un sistema che perfora il sottoscocca e spruzza acqua direttamente nel pacco batterie, spegnendo l’incendio in 30 minuti. LG Energy Solution lavora su celle che si auto-isolano prima del thermal runaway.
La ricerca sulle batterie a triplo strato promette accumulatori che si auto-estinguono, mentre i materiali isolanti avanzati contengono la propagazione del calore tra le celle. Soluzioni meno cinematografiche dell’espulsione, ma infinitamente più pratiche.
Il sistema di espulsione cinese resta comunque affascinante come esercizio ingegneristico. Dimostra quanto gli sviluppatori siano disposti a spingersi oltre per risolvere problemi percepiti, anche quando i dati suggeriscono priorità diverse. È un po’ come progettare un paracadute per uscire dall’auto: funziona, ma forse ci sono soluzioni meno acrobatiche.
La verità è che le auto elettriche sono significativamente più sicure di quelle tradizionali. Il vero rischio non viene dalle batterie, ma dalla percezione distorta che ne abbiamo. Finché continueremo a temere incendi che succedono 60 volte meno spesso di quelli che ignoriamo, svilupperemo soluzioni spettacolari per problemi immaginari.
Meglio batterie che volano oggi, che pregiudizi che persistono domani.