Czinger 21C entra in pista senza chiedere permesso. Cinque circuiti in California, cinque record in altrettanti giorni. Una sfida quasi incosciente, guidata da un’iperauto che non esisteva sei anni fa. Progettata con algoritmi, stampata in 3D, spinta da un V8 biturbo ibrido, Czinger dimostra che l’ingegneria può bruciare le tappe. Non serve una dinastia motoristica per firmare un tempo record a Laguna Seca: basta un approccio radicale e la voglia di mettere tutto sul cronometro.
La campagna si chiama Gold Rush (corsa all’oro) e ha il sapore delle corse improvvisate, ma con dati certificati. Thunderhill, Sonoma, Laguna Seca, Willow Springs e The Thermal Club: ogni volta la 21C ha strappato il primato precedente, con un totale di oltre sedici secondi limati. Numeri che valgono più di mille brochure, come dimostrano i tempi ufficiali.
Czinger, quando l’algoritmo disegna la carrozzeria
Dietro l’impresa non c’è solo il pilota Joel Miller, che ha portato l’auto da un circuito all’altro, ma un sistema di produzione diverso dal solito. Czinger non costruisce lamiere: le stampa. Ogni giunto e ogni nodo strutturale sono generati da software che simula carichi e vibrazioni, per poi materializzarsi in componenti metalliche additive. È l’opposto del compromesso industriale: un pezzo unico al posto di dieci saldati insieme, come mostrano le tecniche additive.
Un approccio che ricorda l’HV-001, la supercar disegnata interamente da un algoritmo. Lì restava un esercizio di stile digitale; qui l’idea è uscita dallo schermo e corre a oltre quattrocento all’ora. L’estetica non è il fine: è la conseguenza della funzione.
Una potenza senza trucchi
Il cuore della 21C è un V8 biturbo da 2,9 litri progettato in casa, accoppiato a due motori elettrici sull’asse anteriore. La combinazione tocca quota 1.350 cavalli. Non servono centraline segrete o settaggi da gara: è la stessa configurazione disponibile per i clienti, come indicato nella scheda tecnica.
La velocità massima dichiarata è 407 km/h. Nei test la sensazione è che ci si arrivi davvero. L’accelerazione 0-100 km/h sfiora l’istante, meno di due secondi. Dati che collocano Czinger tra le hypercar più radicali, con caratteristiche ormai note anche nella documentazione ufficiale.

Czinger e la Gold Rush: cinque giorni, cinque piste, cinque record frantumati
La campagna californiana è un gesto di arroganza metodica. Mille miglia di strada pubblica tra un circuito e l’altro, stessa auto, stessi pneumatici. A Thunderhill la 21C chiude in 1:48.30, a Sonoma in 1:35.05, a Laguna Seca in 1:24.39. A Willow Springs scende a 1:19.73, e infine 2:03.17 al Thermal Club. Ogni volta un record, ogni volta un margine diverso. Dal decimo strappato alla demolizione di dieci secondi, confermati dai risultati cronometrati.
Tutti i tempi sono stati verificati con sistemi ufficiali e testimoni terzi. Nessuna furbata, nessun “lap unofficial”. È una sfida costruita per fare rumore, certo, ma con basi solide.
Il tandem più veloce
La disposizione interna è un dettaglio che fa discutere: sedili in tandem, pilota davanti e passeggero dietro. Un modo per stringere la sezione frontale, migliorare l’aerodinamica e ricordare vagamente un jet militare. Scomodo? Forse. Ma coerente con l’idea di ridurre al minimo ciò che non serve a correre.
Non è solo estetica. In pista la posizione centrale del pilota aumenta la simmetria di percezione e riduce il rollio visivo nelle curve. Una scelta più razionale di quanto sembri.

Le domande che restano
Dietro l’entusiasmo dei record, restano i dubbi. Quanto sono affidabili nel tempo i componenti stampati in 3D? La fatica dei materiali, le microfratture, la standardizzazione dei controlli non sono dettagli. Per ora parliamo di poche decine di esemplari, non di catene di montaggio per centomila auto l’anno.
C’è poi il tema della scalabilità. Il sistema Divergent Adaptive Production System, che integra software generativo e produzione additiva, è pensato come alternativa alle fabbriche tradizionali. Ma non è detto che un approccio digitale funzioni allo stesso modo su una berlina: la domanda resta aperta, come sottolinea Yale.
Il modello Czinger tra mito e manutenzione
Un paradosso: i pezzi unici stampati riducono peso e assemblaggi, ma complicano la manutenzione. Se un componente si danneggia, non lo sostituisci in officina: lo ristampi. Un vantaggio per la produzione iniziale, un potenziale incubo per i proprietari che usano l’auto in condizioni reali.
La rete di assistenza è un altro punto debole. Un marchio giovane come Czinger non ha la struttura di Ferrari o Lamborghini. Vendere poche decine di auto a collezionisti e appassionati è un conto; costruire un ecosistema di supporto globale è un altro.
Il vero traguardo
La 21C dimostra che non servono decenni di storia per lasciare il segno. Ma apre anche un dibattito: la tecnologia generativa e la stampa 3D sono un’arma per pochi o un modello che può cambiare davvero il settore? Czinger ha scelto di rispondere con i cronometri, non con le parole.
Il risultato è un’iperauto che sembra un concept futurista ma esiste, corre, resiste. Il copilota invisibile non è un passeggero: è l’algoritmo che ha deciso dove mettere ogni grammo di metallo.
Il resto lo fa la pista. E un giorno, magari, una stampante a casa.