Le pale eoliche installate nei primi anni 2000 nel deserto del Gobi stanno per andare in pensione. Troppo vecchie, troppo grandi, troppo ingombranti. Il problema è: dove le metti? Sono lunghe decine di metri, fatte di fibra di vetro e resine composite che non si decompongono. Le discariche non le vogliono: tagliarle costa, trasportarle pure. Ma i ricercatori cinesi hanno guardato intorno e hanno visto sabbia. Tanta sabbia. Sabbia che avanza, che copre le strade, che minaccia le città. E hanno pensato: se queste pale hanno resistito al vento per vent’anni, forse possono resistere anche alla sabbia. Magari fermarla. Così hanno preso quelle lame giganti, le hanno tagliate, forate, trasformate in barriere porose. E funziona.
Il paradosso delle rinnovabili
L’energia eolica produce elettricità pulita, ma le sue pale creano montagne di rifiuti. Lo studio pubblicato su International Soil and Water Conservation Research dalla Chinese Academy of Sciences parte da numeri chiari. Entro il 2025, la Cina vedrà la prima ondata di dismissioni: oltre 1,2 milioni di chilowatt di parchi eolici che superano i vent’anni di operatività. Entro il 2030, le dismissioni annuali potrebbero raggiungere i 10 milioni di chilowatt. Ogni turbina ha pale lunghe fino a 50 metri, pesanti tonnellate, fatte di materiali compositi progettati per non rompersi mai. È un problema che riguarda tutto il mondo: si stima che entro il 2050 ci saranno 50 milioni di tonnellate di rifiuti da pale eoliche, circa otto volte il peso della Grande Piramide di Giza.
Il riciclo pale eoliche tradizionale non funziona bene. Le resine termoindurenti che tengono insieme fibra di vetro e carbonio non si fondono, non si sciolgono, non si separano facilmente. Puoi tritarle e usarle come riempitivo per cemento, ma è una soluzione di ripiego. Puoi incenerirle, ma inquini. Puoi lasciarle in discarica, ma occupano spazio per secoli. Il team guidato da Liu Benli del Northwest Institute of Eco-Environment and Resources ha cercato un’alternativa che avesse senso nel contesto locale.
Barriere che durano decenni
Nel deserto del Gobi, la sabbia è un nemico costante. Copre le strade, invade le oasi, minaccia i centri abitati. Le barriere tradizionali usano canne, paglia o rami intrecciati: economiche, facili da costruire, ma si degradano in pochi anni. Le alternative più robuste (cemento, metallo) costano troppo e sono difficili da trasportare in zone remote. I ricercatori hanno testato le pale eoliche dismesse come materiale per barriere anti-sabbia. Hanno tagliato le pale in sezioni, praticato fori per creare una struttura porosa, e le hanno installate sul terreno come scudi contro il vento.
I risultati dei test meccanici dimostrano che la resistenza alla flessione delle barriere da pale riciclate è 14 volte superiore a quella dei materiali compositi in legno. Il tasso di erosione è inferiore del 56%. Gli esperimenti in galleria del vento e le simulazioni numeriche hanno confermato che queste barriere riducono significativamente il trasporto di sedimenti vicino al suolo, alterando i pattern del flusso d’aria. La porosità ottimale è risultata del 20%: abbastanza per far passare il vento senza creare turbolenze eccessive, ma sufficiente per catturare la sabbia.
“La nuova soluzione è stata ispirata dai nostri studi a lungo termine sull’evoluzione della sabbia e sui materiali di controllo”, ha spiegato Liu Benli. “Risponde anche alle esigenze attuali e future dell’industria delle energie rinnovabili nel trattare le pale danneggiate o dismesse”. Il vantaggio principale è la durabilità: resistono ai raggi UV, alle temperature estreme, all’abrasione costante della sabbia. Possono restare operative per decenni, molto più a lungo delle barriere organiche.

Riciclo pale eoliche: locale, e senza trasporti
Un aspetto interessante del progetto cinese è la logistica. Molti parchi eolici nel nord-ovest della Cina sono costruiti vicino o dentro le zone desertiche. Questo significa che le pale possono essere processate e installate sul posto, senza bisogno di trasportarle per centinaia di chilometri. Si risparmiano costi, si riduce l’impatto ambientale del trasporto, si crea un’economia circolare locale. “In futuro, queste pale dismesse possono essere trasformate e riutilizzate localmente usando la nostra tecnologia, raggiungendo l’obiettivo del riciclo sul posto”, ha dichiarato He Chenchen, membro del team di ricerca.
Il riciclo pale eoliche sta diventando un tema globale. Secondo il Joint Research Centre della Commissione Europea, entro il 2050 le infrastrutture eoliche genereranno più rifiuti persino dell’energia solare. L’85% del peso di una turbina è costituito da metalli facilmente riciclabili. Il problema è quel 15% fatto di pale: compositi polimerici rinforzati con fibra di vetro o carbonio, termoindurenti che una volta solidificati non possono essere fusi di nuovo.
Soluzioni creative dal mondo
La Cina non è sola nella ricerca di soluzioni. In Australia, Acciona ha trasformato vecchie pale in tavole da surf ad alte prestazioni, collaborando con il surfista professionista Josh Kerr. In Svezia, Vattenfall sta sperimentando la conversione delle navicelle in mini-abitazioni. In Irlanda, il progetto Re-Wind ha costruito ponti pedonali usando pale dismesse. Sono esperimenti che dimostrano una cosa: questi materiali sono troppo buoni per finire in discarica.
La danese Continuum sta costruendo sei impianti in Europa capaci di riciclare 36.000 tonnellate di pale all’anno, trasformandole in pannelli compositi per l’edilizia. L’Oak Ridge National Laboratory ha vinto un premio per pale riciclabili più leggere del 41% rispetto ai modelli tradizionali. Ricercatori della Washington State University hanno sviluppato un metodo per recuperare fibre di vetro e resine senza sostanze chimiche aggressive, creando additivi che rendono il nylon tre volte più forte.

Il futuro del riciclo delle pale eoliche
La soluzione cinese delle barriere anti-deserto non risolve tutto, ma apre una strada. Dimostra che il riciclo pale eoliche può avere senso economico e ambientale se si adatta al contesto locale. Non serve inventare applicazioni esotiche: basta guardare i problemi che hai intorno e vedere se un materiale resistente, leggero e durevole può risolverli. Nel deserto del Gobi servivano barriere anti-sabbia. Avevano pale dismesse. Hanno collegato i due punti.
Il team di Liu Benli continuerà con esperimenti sul campo per perfezionare i materiali e adattarli alle diverse condizioni del deserto. Ma il principio è già consolidato: le pale eoliche a fine vita non sono rifiuti, sono risorse in cerca di una seconda applicazione. Che sia fermare la sabbia, costruire ponti, creare tavole da surf o rinforzare plastiche, la sfida è trovare il match giusto tra materiale e bisogno.
Entro pochi anni, quando la prima grande ondata di dismissioni arriverà in Europa e negli Stati Uniti, avremo bisogno di tutte queste soluzioni insieme. Non basterà un solo metodo di riciclo. Serviranno catene di valorizzazione diverse, adattate ai territori, alle economie locali, ai bisogni specifici. La Cina ha trovato il suo modo. Altri dovranno trovare il loro. Ma almeno ora sappiamo che è possibile. E che le pale, anche ferme, possono ancora proteggere qualcosa.