Nel calcio professionistico, le decisioni tattiche sono il risultato di anni di esperienza, analisi video, studio degli avversari e intuizione maturata sul campo. Laura Harvey, allenatrice del Seattle Reign con tre titoli alle spalle, ha aggiunto un nuovo elemento a questo processo: ChatGPT. Durante l’off-season ha testato il chatbot di OpenAI con domande tattiche specifiche. “Quale formazione dovrei usare contro le squadre NWSL (il maggior campionato di calcio femminile USA)?” La consulenza, articolata, includeva un suggerimento inconsueto: difesa a cinque contro due avversarie.
Harvey, che non aveva mai allenato con quel modulo, ha deciso di provare. Il risultato: Seattle Reign è passata dal 13° al 4° posto, qualificandosi ai playoff.
L’ammissione che nessuno si aspettava
La rivelazione è arrivata sul podcast Soccerish, con una spontaneità disarmante. Harvey, 45 anni, ex allenatrice dell’Arsenal e veterana della National Women’s Soccer League, ha raccontato come durante l’off-season 2024-2025 si sia trovata a “giocare” con ChatGPT. “Un giorno ho scritto cose tipo ‘Qual è l’identità del Seattle Reign?’ E lui mi sputava fuori risposte. E io pensavo: non so se è vero o no”. Poi è arrivata la domanda successiva, quella che ha cambiato le cose: “Quale formazione dovrei schierare per battere le squadre NWSL?”
ChatGPT ha analizzato tutte le squadre della lega, suggerendo formazioni specifiche per ciascuna delle avversarie. Per due avversarie in particolare, la risposta è stata netta: serve una difesa a cinque. Harvey non aveva mai allenato con quel modulo. Di più: non aveva mai nemmeno studiato approfonditamente come funzionasse nel calcio femminile. “L’avevo sempre visto come qualcosa per chiudere le partite quando sei in vantaggio”, ha spiegato. Eppure ha deciso: “L’ho fatto. Non scherzo, l’ho fatto davvero”.
 
Allenatori, quando l’AI sostituisce l’intuito
I numeri parlano chiaro. Nella stagione 2024, il Seattle Reign aveva chiuso al tredicesimo posto su quattordici squadre, con appena sei vittorie in 26 partite. Quest’anno, con Harvey che ha implementato anche (ma non solo) i suggerimenti di ChatGPT, la squadra è quarta con 38 punti. Quindici punti in più rispetto all’anno precedente.
Una delle partite chiave? Quella contro Orlando Pride in aprile, giocata proprio con la difesa a cinque suggerita dall’AI. Seattle ha perso 1-0, ma secondo i dati raccolti ha generato 0,5 expected goals in più rispetto alla media abituale.
Harvey ha portato il suggerimento al suo staff tecnico. “Gli ho detto: non sto scherzando, è quello che ho fatto. E loro: ‘Interessante'”. Hanno studiato il modulo, fatto analisi approfondite, pensato a come implementarlo. E hanno vinto. Secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Sports and Active Living nel 2025, l’intelligenza artificiale sta trasformando l’analisi tattica nel calcio attraverso tecniche di machine learning e reti neurali che processano dati spaziotemporali dei giocatori, permettendo di identificare pattern collettivi e ottimizzare le strategie di gioco in tempo reale.
ChatGPT non ha detto a Harvey come giocare con la difesa a cinque. Le ha solo suggerito di provarla. Il resto è venuto dal lavoro dello staff tecnico, dall’adattamento dei giocatori, dalla capacità di leggere le partite.
Harvey lo sottolinea più volte: “Non ti dice come giocarla, cosa fare, niente di tutto questo. Ti dà solo l’idea”. Ma forse è proprio questo il punto: l’AI non sostituisce l’allenatore, gli offre prospettive che magari non avrebbe considerato.
L’unica ad usarlo. O la prima ad ammetterlo.
Qui arriva il dettaglio interessante. Harvey è stata la prima allenatrice professionista ad ammettere pubblicamente di aver usato ChatGPT per decisioni tattiche. La prima. Non necessariamente l’unica a farlo. La differenza è sottile ma importante. Nel mondo del calcio professionistico, dove ogni vantaggio competitivo viene protetto come un segreto di stato, quanti altri allenatori stanno già usando l’intelligenza artificiale senza dirlo?
Pensateci. Grandi club come Manchester City, Barcellona e Brentford usano già sistemi AI per analisi delle partite, ricerca di giocatori sottovalutati, simulazioni tattiche che prevedono l’esito delle partite in base a formazione e condizioni meteo. Il Liverpool ha sviluppato TacticAI in collaborazione con Google DeepMind per simulare scenari di gioco e prevedere comportamenti degli avversari. Ma nessuno di questi club ha mai ammesso che un allenatore abbia chiesto direttamente a ChatGPT: “Che modulo uso domenica?”. Qualcosa mi dice che, nel caso, nessuno verrà a saperlo.
I limiti dell’oracolo digitale
ChatGPT non è infallibile. Quando CBS Sports ha chiesto al chatbot di descrivere l’identità attuale del Seattle Reign, la risposta è stata un mix di informazioni obsolete e riferimenti al vecchio nome della squadra (OL Reign). Ha citato Megan Rapinoe, ritirata nel 2023, e Lydia Williams, che ha lasciato il club nel 2019. Ha descritto lo stile di gioco come “veloce e basato sul possesso”, esattamente l’opposto di come Seattle ha giocato quest’anno con la difesa a cinque.
Questo solleva una questione più ampia. L’intelligenza artificiale può analizzare miliardi di dati, identificare pattern che sfuggono all’occhio umano, suggerire soluzioni inaspettate. Ma non ha contesto emotivo, non legge la psicologia dei giocatori, non percepisce la tensione negli spogliatoi o il momento della stagione. Un allenatore sì. Harvey non ha semplicemente applicato un consiglio di ChatGPT: lo ha filtrato attraverso la sua esperienza, lo ha adattato ai suoi giocatori, lo ha perfezionato nelle settimane successive.
Il Seattle Reign ha usato la difesa a cinque in diverse partite quest’anno, alternandola con il 3-5-2 e il classico 4-4-2. “Siamo diventati fluidi”, dice Harvey.
“Possiamo entrare e uscire da questi moduli anche durante le partite. E quando sento altri allenatori dire ‘non sappiamo cosa farete, siete la squadra più difficile da preparare’, mi viene da esultare. Voglio che nessuno abbia idea di cosa faremo”.
Allenatori, la domanda scomoda
L’ammissione di Harvey apre scenari che fanno riflettere. Se un’allenatrice con vent’anni di carriera e tre titoli vinti può trarre vantaggio da ChatGPT, cosa impedisce agli altri di farlo? La tecnologia è disponibile, gratuita, accessibile a chiunque. Basterebbe aprire il browser e digitare una domanda. Magari qualcuno lo sta già facendo, solo che preferisce non dirlo.
Il calcio moderno è sempre più data-driven. Gli analisti tattici lavorano con software sofisticati, i preparatori atletici monitorano ogni parametro fisiologico, i dirigenti usano algoritmi per valutare i giocatori. L’AI è già parte del gioco, solo che ora sta entrando nella fase più sacra: la decisione tattica del mister. Quella che fino a ieri sembrava dominio esclusivo dell’intuito umano.
E voi, cosa ne pensate? Tra Guardiola, Ancelotti, Inzaghi, Mourinho e gli altri grandi allenatori del calcio mondiale, chi secondo voi sta già usando l’intelligenza artificiale per scegliere le formazioni senza ammetterlo? Chi sono i “mister AI” nascosti delle grandi squadre? Sotto coi commenti.
 
 
 
