Il Koolau Ranch di Mark Zuckerberg sull’isola hawaiana di Kauai copre 930 ettari. Include due ville grandi come campi da football, una palestra, case per ospiti, campi da tennis, un sistema idrico privato e un tunnel sotterraneo che conduce a un rifugio con porte antiesplosione, riserve d’acqua, sistemi autonomi per la generazione di elettricità e un’uscita di emergenza. Il costo stimato supera i 200 milioni di dollari. Non è un caso isolato. In Texas, la SAFE (Strategically Armored & Fortified Environments) sta costruendo un complesso di bunker da 300 milioni che ospiterà 625 persone, con unità vendute fino a 20 milioni di dollari ciascuna. Il progetto Aerie promette ai super ricchi “una solida difesa contro le minacce più gravi, tra cui il fallout nucleare e gli impulsi elettromagnetici”. Piscine tropicali con luce solare simulata, ristoranti gourmet, centri medici con intelligenza artificiale. Un’apocalisse a cinque stelle. Que pasa, amigos?
La mappa dei rifugi dei miliardari
Reid Hoffman, fondatore di LinkedIn, ha rivelato al New Yorker che almeno il 50% dei super ricchi della Silicon Valley possiede già quello che chiamano “apocalypse insurance”: un’assicurazione contro l’apocalisse. Non è retorica. È una strategia documentata con nomi, luoghi e cifre.
Jeff Bezos, fondatore di Amazon, ha acquistato due ville da 147 milioni di dollari sull’isola di Indian Creek in Florida. Larry Ellison, miliardario di Oracle, ha comprato (anche) una proprietà sull’isola hawaiana di Lanai. Peter Thiel, cofondatore di PayPal, ha scelto la Nuova Zelanda. Jack Ma, fondatore di Alibaba, il regista James Cameron e il guru della finanza William Foley hanno tutti costruito bunker postapocalittici in località remote.
Ma torniamo per un attimo al buon Mark. Quando gli hanno chiesto se stesse costruendo un rifugio anti-apocalisse, Zuckerberg ha risposto con un secco “no”. Ha definito quello spazio sotterraneo di circa 465 metri quadrati “un piccolo rifugio, tipo un seminterrato”. Come se i seminterrati normali avessero porte antiesplosione, tunnel segreti e muri alti due metri per nascondere il cantiere dalla vista dei curiosi.
Tutti gli operai coinvolti nel progetto hanno dovuto firmare rigidi accordi di riservatezza. “È tipo Fight Club”, ha detto uno di loro. “Non possiamo parlarne”.

Il business dell’apocalisse
Le aziende che costruiscono bunker per super ricchi stanno vivendo un boom senza precedenti. Brian Cramden, presidente di Hardened Structures, un’azienda della Virginia specializzata in case fortificate e rifugi antiaerei da milioni di dollari, ha spiegato a CBC News che le richieste stanno aumentando in modo esponenziale.
La SAFE prevede l’apertura del primo complesso nel 2026. Il progetto Aerie offrirà una rete di bunker residenziali di lusso in 50 città degli Stati Uniti, con 1.000 sedi affiliate previste in tutto il mondo. Non parliamo di rifugi spartani. I bunker moderni includono suite con finiture in legno, mobili di design, piscine con illuminazione solare simulata (tipo quella del bunker Oppidum nella Repubblica Ceca), caveau per il vino, palestre, sale giochi, pareti da arrampicata e persino piste da bowling.
Altre caratteristiche dei bunker di fascia alta: hanno sistemi di filtraggio dell’aria per prevenire la contaminazione, turbine eoliche e pannelli solari per garantire l’elettricità, spazi dedicati alla coltivazione di piante e all’allevamento di pesci per fornire cibo quasi illimitato. L’autonomia dichiarata è di cinque anni. Il costo di un’unità base parte da 1,5 milioni di dollari.

Cosa temono davvero i super ricchi
Douglas Rushkoff, teorico dei media e autore del libro Survival of the Richest, ha raccontato di un incontro surreale con cinque delle persone più ricche del pianeta in una località segreta. Volevano una consulenza sul futuro della tecnologia. Ma le domande che gli hanno fatto non riguardavano innovazione o business. Riguardavano la sopravvivenza.
“Questi miliardari stanno costruendo bunker con fossati per proteggersi”, ha detto Rushkoff. Gli chiedevano quale località fosse migliore per la sopravvivenza: Alaska o Nuova Zelanda? Come mantenere il controllo delle guardie armate quando il denaro non avrà più valore? Alcuni pensavano a collari disciplinari, altri a codici di accesso al cibo controllati elettronicamente, altri ancora all’impiego di robot da difesa. Uno di loro avrebbe arruolato una dozzina di Navy Seal pronti a intervenire “nel momento giusto”.
Nel suo libro, Rushkoff spiega che molti miliardari, soprattutto quelli della Silicon Valley, si stanno preparando a quello che chiamano “l’Evento“. Un eufemismo per indicare il collasso ambientale, i disordini sociali, un’esplosione nucleare, una tempesta solare, un virus inarrestabile o un attacco informatico devastante.
“Hanno la convinzione”, scrive Rushkoff, “che con abbastanza denaro e tecnologia, gli uomini ricchi possano vivere come Dei, e trascendere le calamità che colpiscono tutti gli altri”.

Anche gli scienziati dell’intelligenza artificiale vogliono i bunker
Se i super ricchi temono il futuro, gli scienziati che stanno costruendo quel futuro hanno paura ancora di più. Ilya Sutskever, il genio dietro ChatGPT e cofondatore di OpenAI, nell’estate del 2023 disse ai suoi ricercatori durante una riunione: “Una volta che saremo tutti nel bunker…”. Un ricercatore confuso lo interruppe per chiedere spiegazioni. La risposta fu ancora più sorprendente: “Costruiremo sicuramente un bunker prima di rilasciare l’AGI”.
Come riportato da Karen Hao nel suo libro Empire of AI: Dreams and Nightmares in Sam Altman’s OpenAI, il piano di Sutskever era proteggere gli scienziati chiave di OpenAI dal caos geopolitico o dalla competizione violenta tra potenze mondiali che prevedeva sarebbe esplosa dopo il rilascio dell’intelligenza artificiale generale. Non era una battuta. Era una proposta seria.
Sutskever ha lasciato OpenAI nel maggio 2024 per fondare Safe Superintelligence, una società dedicata allo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale sicuri. “Il nostro primo prodotto sarà un’IA sicura, e non faremo nient’altro fino ad allora”, ha dichiarato. La società ha raccolto inizialmente un miliardo di dollari, poi altri due miliardi, raggiungendo secondo TechCrunch una valutazione di 32 miliardi di dollari ad aprile 2025. Il fatto che le preoccupazioni sulla sicurezza dell’IA trovino eco proprio tra gli investitori dimostra che non si tratta di una semplice paranoia.
AGI: quando l’intelligenza artificiale supererà quella umana
L’AGI (Artificial General Intelligence) è l’intelligenza artificiale capace di affrontare qualsiasi compito umano con la stessa o maggiore efficienza. È uno dei temi relativi all’AI su cui torniamo spesso. Negli ultimi anni vi abbiamo fornito la posizione di praticamente tutta Big Tech.
Sam Altman, CEO di OpenAI, ha dichiarato a dicembre 2024 che arriverà “prima di quanto la maggior parte delle persone al mondo pensi”. Sir Demis Hassabis, cofondatore di DeepMind, prevede nei prossimi cinque-dieci anni. Dario Amodei, fondatore di Anthropic, ha scritto che la sua versione preferita del termine, “powerful AI”, potrebbe essere con noi già nel 2026.
Secondo il 2025 AI Index Report dello Stanford Institute for Human-Centered AI, i modelli di IA hanno già raggiunto prestazioni superiori a quelle umane in compiti complessi come la comprensione del linguaggio naturale, il riconoscimento visivo e la risoluzione di problemi matematici avanzati. “I modelli migliorano rapidamente, raggiungendo (e in certi casi superando) le capacità umane”, si legge nello studio.
DeepMind ha identificato quattro principali categorie di rischio connesse allo sviluppo dell’AGI: uso improprio (un malintenzionato potrebbe sfruttare un sistema di AGI per eseguire attacchi informatici o sviluppare virus per scopi bellici), disallineamento (l’IA potrebbe perseguire obiettivi diversi da quelli programmati), errori (malfunzionamenti imprevedibili) e rischi strutturali (impatti sistemici sulla società).
In sintesi: super ricchi e “creatori” sono spaventati: dovremmo esserlo anche noi?
Rushkoff ha raccontato un aneddoto rivelatore. “Il fondatore di una piattaforma di social media di successo mi ha detto che sta cancellando tutte le sue tracce su Internet. Non pubblica nulla di negativo sull’IA, per paura che possa usarlo contro di lui quando un giorno prenderà il controllo”. Rushkoff gli ha risposto che un’IA davvero intelligente potrebbe dedurre ciò che il miliardario deliberatamente non pubblica. “Quindi l’IA onnisciente lo scoprirebbe comunque”. Il miliardario non ha potuto fare altro che imprecare.
Il paradosso è stridente: le persone che stanno sviluppando l’intelligenza artificiale più avanzata al mondo sono anche quelle più terrorizzate dalle sue conseguenze. Continuano a spingersi avanti nella ricerca mentre progettano vie di fuga. È tipo costruire una diga sapendo che crollerà, ma invece di rinforzarla ti compri una barca.
Non facciamola solo drammatica, però. Dame Wendy Hall, professoressa di informatica all’Università di Southampton, è scettica sulle previsioni apocalittiche. Specie per le tempistiche: “La comunità scientifica dice che la tecnologia IA è straordinaria, ma è lontana dall’intelligenza umana”. Servirebbero ancora diversi “passaggi fondamentali” prima di arrivare all’AGI vera e propria.

L’utopia dei miliardari
Elon Musk ha ipotizzato che l’intelligenza artificiale superintelligente potrebbe inaugurare un’era di “reddito universale elevato”. Ha recentemente appoggiato l’idea che l’IA diventerà così economica e diffusa che praticamente chiunque vorrà il proprio “robot R2-D2 personale”, per citare Star Wars.
“Tutti avranno la migliore assistenza medica, cibo, casa, trasporto e tutto il resto. Abbondanza sostenibile”, ha scritto entusiasta.
Ma se questa visione ottimistica fosse realistica, perché gli stessi promotori dell’IA stanno costruendo bunker? Perché i super ricchi hanno accumulato 42 trilioni di dollari negli ultimi dieci anni mentre progettano rifugi anti-catastrofe? La contraddizione non passa inosservata.
Chi resta fuori dai bunker
La domanda che nessuno tra i super ricchi sembra porsi è semplice: e gli altri? Rushkoff racconta di aver incontrato una ex guardia del corpo di un miliardario con il suo bunker privato. Gli ha chiesto quale fosse il piano di sicurezza. La risposta è stata agghiacciante: “La prima priorità del team di sicurezza, se succedesse davvero, sarebbe eliminare il capo e prendere il controllo del bunker”. E non sembrava scherzare.
I bunker, per quanto lussuosi, rimangono sistemi chiusi. Fragili. Se il mondo esterno diventasse completamente inabitabile, non c’è tecnologia che tenga. I giardini idroponici con sensori di umidità e sistemi di irrigazione computerizzati funzionano bene nelle aziende agricole, dove le piante morte possono essere sostituite. Nei bunker sigillati questo non è possibile. Servono risorse dall’esterno. Manutenzione. Ricambi. Persone.
La stragrande maggioranza dei cittadini non ha accesso a un bunker anti-fallout nucleare e nemmeno i mezzi per costruirne uno. Relativamente poche persone sarebbero ammesse nei bunker governativi, destinati alla continuità delle operazioni dello Stato. Secondo un rapporto di Oxfam International, il patrimonio dei miliardari è aumentato di vari trilioni mentre la disuguaglianza globale ha raggiunto livelli senza precedenti.
I super ricchi pagano meno dello 0,5% della loro ricchezza in tasse.

L’orologio dell’apocalisse al polso dei super ricchi
Il 28 gennaio 2025, il Bulletin’s Science and Security Board ha rivelato l’ora dell’Orologio dell’Apocalisse (Doomsday Clock). Il SASB ha preso in considerazione molteplici minacce globali: la proliferazione di armi nucleari, tecnologie dirompenti come l’intelligenza artificiale, la guerra Russia-Ucraina, il conflitto Israele-Hamas, le minacce biologiche e la crisi climatica. L’Orologio dell’Apocalisse 2024 era fermo a 90 secondi dalla mezzanotte. Il più vicino mai registrato.
Per i super ricchi, l’orologio segna l’ora di cena. Per il resto del mondo, segna qualcos’altro. Rushkoff definisce questa mentalità “The Mindset”: una visione in cui vincere significa isolarsi dai danni che si sono causati, non risolverli. È l’ideologia che porta Musk su Marte, Altman a investire nell’upload della coscienza e Zuckerberg nel suo metaverso.
Che tipo di società stiamo costruendo quando chi ha più potere economico e tecnologico progetta la propria fuga invece di cercare soluzioni collettive? Se i creatori dell’intelligenza artificiale hanno più paura di noi dell’intelligenza artificiale stessa, forse è il momento di iniziare a fare domande più scomode.
E pretendere risposte più chiare.