Gli occhi iniziano a pesare. Le palpebre scendono, si rialzano, scendono ancora. Un secondo, forse due. Poi il sobbalzo, il volante che striscia sulla corsia, il cuore che accelera. È successo di nuovo. La stanchezza non avvisa, semplicemente arriva. E quando sei alla guida di un camion, o stai operando un paziente, o piloti un aereo, quel secondo di troppo può costare la tua vita, o quella di chi ti sta accanto.
Un team dell’Università di Washington e della Dongguk University in Corea ha sviluppato occhiali che fanno quello che il tuo cervello affaticato non riesce più a fare: accorgersi che sei troppo stanco. Prima, non quando ormai è tardi. Sensori microscopici di nanotubi di carbonio montati sulla montatura leggono il battito delle tue palpebre come un elettrocardiogramma che legge il cuore. E un algoritmo di machine learning traduce quei movimenti in una diagnosi: sei vigile, oppure no.
Sensori che non toccano la pelle
Il sistema si chiama “intelligent eye tracker” e secondo lo studio pubblicato su Advanced Sensor Research, funziona con tre sensori cilindrici di nanotubi di carbonio (CCPC) integrati nella montatura degli occhiali. Ogni sensore misura appena 12 millimetri di lunghezza e 3,5 millimetri di diametro. Non serve contatto con la pelle, non servono telecamere puntate sul volto. I sensori rilevano microscopiche variazioni nel campo elettrico attorno agli occhi ogni volta che le palpebre si muovono.
Il risultato viene processato da un algoritmo che trasforma quei segnali in biomarker digitali: indicatori oggettivi di stanchezza. Gli occhiali pesano 56 grammi, consumano meno di 10 milliwatt di potenza, e possono essere indossati tutto il giorno senza fastidio. Tianyi Li e Seo-Hyun Park, autori principali della ricerca, hanno testato il dispositivo su 27 volontari sottoponendoli a 15 minuti di calcoli mentali frenetici mescolati a scoppi di rumore casuale. Un protocollo progettato per innescare esaurimento cognitivo.
Durante il test, gli occhiali monitoravano due parametri chiave: la frequenza dei battiti di ciglia e il PERCLOS (percentage of eyelid closure), ovvero la percentuale di tempo in cui gli occhi restano chiusi. I risultati sono stati sorprendenti: il dispositivo ha distinto le persone con stanchezza cronica dai soggetti sani con un’accuratezza del 74%, una sensibilità del 75% e una specificità del 73%.
Stanchezza, quando le palpebre raccontano la verità
La chiave del sistema sta negli algoritmi di machine learning addestrati su questi marcatori oculari digitali. I ricercatori hanno scoperto qualcosa di interessante: le persone con stanchezza cronica mostrano risposte fisiologiche smorzate. I loro schemi di battito delle palpebre e chiusura degli occhi cambiano meno drasticamente sotto stress. Gli individui sani, al contrario, mostrano reazioni dinamiche: i loro occhi si adattano al rumore e al carico cognitivo come piccoli sismografi dell’attenzione.
Nei test a lungo termine, la frequenza dei battiti di ciglia ha mostrato una correlazione del 73% con la sonnolenza auto-riferita, allineandosi perfettamente con le scale standard di valutazione della stanchezza. Professor Hojun Kim del Dongguk University College of Korean Medicine spiega:
“La disponibilità di strumenti altamente sensibili e non invasivi come questo tracker oculare indossabile potrebbe introdurre valutazioni più oggettive e quantificabili della stanchezza nelle pratiche cliniche di routine”.

Occhiali anti stanchezza: dalle cliniche alle autostrade
Le applicazioni vanno ben oltre la medicina. Immaginate piloti, chirurghi, operatori di macchinari pesanti obbligati per regolamento a indossare occhiali che monitorano silenziosamente la loro vigilanza e lanciano un avviso prima che la stanchezza comprometta il loro giudizio. Il professor Jaehyun Chung del dipartimento di ingegneria meccanica dell’Università di Washington afferma:
“Questo eye tracker è progettato per il monitoraggio oggettivo della stanchezza ma è anche adatto per applicazioni di uso generale, incluse interfacce uomo-macchina, monitoraggio cognitivo e potenziale utilizzo nella diagnosi di disturbi neurologici”.
I progressi recenti nella scienza dei materiali, combinati con machine learning e miniaturizzazione, stanno rendendo tutto questo possibile. Come riporta Advanced Science News,
“tecnologie di sensori più compatte e meno intrusive cambieranno il modo in cui gli atleti si allenano, i conducenti riposano e i medici programmano i turni, integrando feedback oggettivi sulla stanchezza nei processi decisionali quotidiani”.
Il team sta già lavorando per migliorare l’ergonomia e il software, adattando meglio gli occhiali a diverse forme del viso e fornendo avvisi mobili in tempo reale. Stanno anche pianificando di espandere i trial clinici per includere pazienti con stanchezza grave e disturbi correlati come la sindrome da stanchezza cronica (ME/CFS).
Un aspetto cruciale riguarda la sicurezza: il campo elettrico emesso dai sensori è ben al di sotto dei limiti internazionali di esposizione. Gli occhiali sono sicuri per l’uso prolungato, consumano pochissima energia e possono essere ricaricati come qualsiasi altro dispositivo indossabile. La batteria garantisce un’autonomia sufficiente per un’intera giornata lavorativa.
La stanchezza non è più soggettiva
Per decenni, misurare la stanchezza ha significato affidarsi a metodi invasivi tipo elettroencefalografia (EEG) o test salivari del cortisolo. Costosi, scomodi, impraticabili fuori da un laboratorio. Questi nuovi occhiali cambiano le regole. Non servono elettrodi appiccicati sulla pelle, non serve calibrare telecamere, non serve rispondere a questionari infiniti. Un po’ come i leggings smart che monitorano la stanchezza muscolare negli atleti, anche questi occhiali trasformano un parametro soggettivo in dato oggettivo.
Quando diventerà obbligatorio usarla? Meglio regole oggi, che incidenti domani.