C’è una batteria che non sa di essere una batteria. O almeno, si comporta come se avesse dimenticato le regole. Niente litio, niente platino, niente terre rare con nomi impronunciabili. Solo riboflavina e glucosio. La vitamina B2 e lo zucchero che metteresti nel caffè.
Il prototipo sta in un laboratorio della Binghamton University e funziona copiando il metabolismo umano: trasporta elettroni come farebbe nelle tue cellule, solo che invece di tenerti in piedi genera corrente elettrica. Jong-Hwa Shon, che guida il progetto, l’ha costruita sostituendo i metalli nobili con una vitamina. È tipo come se avesse deciso che il corpo umano, dopo tre miliardi di anni di evoluzione, forse qualcosa l’aveva capito meglio dell’industria delle batterie.
Come funziona la batteria che mangia zucchero
Le batterie a flusso immagazzinano energia in elettroliti liquidi che circolano tra gli elettrodi. Quando gli elettroliti si muovono, avvengono reazioni chimiche che rilasciano o accumulano energia. Il glucosio, presente praticamente in tutte le piante, è diventato un candidato interessante per questi sistemi: rinnovabile, stabile, abbondante. Il problema è che fino ad ora servivano catalizzatori di metalli nobili (platino, oro) per spezzare le molecole di zucchero e liberare elettroni. Costosi, difficili da scalare, con potenze d’uscita limitate.
Il team di Shon ha sostituito questi metalli con la riboflavina, che resta stabile anche ai livelli di pH elevati necessari per gli elettroliti al glucosio. Nel prototipo, gli elettrodi sono in carbonio. L’elettrolita attorno all’elettrodo negativo contiene glucosio e riboflavina attiva, mentre il lato positivo usa ferricianuro di potassio o ossigeno. Hanno confrontato entrambe le configurazioni per testare le prestazioni catalitiche della vitamina e il potenziale a lungo termine.
La cella con ferricianuro di potassio ha raggiunto a temperatura ambiente una densità di potenza simile alle batterie commerciali al vanadio. La versione con ossigeno reagisce più lentamente, ma offre un percorso più pratico ed economico per la produzione su larga scala. Un dettaglio: l’ossigeno può degradare la riboflavina se esposta alla luce, causando autoscarica. Il team sta lavorando per risolvere modificando l’interazione tra vitamina ed elettrolita.

Perché la riboflavina batte i metalli nobili
Nel corpo umano, la riboflavina aiuta a trasportare energia durante il metabolismo. Nella batteria fa un lavoro simile: trasferisce elettroni tra gli elettrodi e l’elettrolita a base di glucosio, generando corrente elettrica dallo zucchero.
Come spiega Shon:
“Le celle a flusso con riboflavina e glucosio possono generare elettricità da fonti energetiche derivate naturalmente. Usando componenti non tossici che sono sia economici che naturalmente abbondanti, questo sistema offre un percorso promettente verso un accumulo energetico residenziale più sicuro e conveniente“.
La densità di potenza ottenuta con il ferricianuro di potassio dimostra che la riboflavina può performare allo stesso livello dei sistemi basati su metalli. La versione con ossigeno ha fornito una densità di potenza superiore rispetto ai design precedenti basati su glucosio, nonostante la reazione più lenta. Il sistema usa materiali biodegradabili, economici e disponibili senza bisogno di catene di approvvigionamento complesse o metalli tossici.
Cosa manca ancora per portarla a casa
Il prototipo funziona. Ma tra funzionare in laboratorio e alimentare una casa c’è ancora strada. Il problema principale è la sensibilità alla luce della configurazione con ossigeno, che causa degradazione della riboflavina e autoscarica. Il team sta lavorando su modifiche ingegneristiche della cella a flusso e sull’interazione tra vitamina ed elettrolita per risolvere. Studi precedenti su batterie a flusso hanno mostrato che problemi simili possono essere affrontati con membrane selettive e design ottimizzati del flusso.
Se sviluppato ulteriormente, il sistema riboflavina-glucosio potrebbe rappresentare un passo importante verso l’accumulo energetico sostenibile. Con componenti naturali, biodegradabili ed economici, queste batterie potrebbero un giorno fornire un’alternativa ecologica per alimentare abitazioni o piccoli dispositivi senza dipendere da metalli tossici o catene di approvvigionamento complesse. Come altre batterie organiche in sviluppo, il sistema punta su materiali abbondanti invece che su risorse rare.

La batteria che copia il metabolismo non risolverà domani il problema dello stoccaggio energetico globale. Ma dimostra ancora una volta che le alternative ai metalli rari esistono e funzionano. La riboflavina fa lo stesso lavoro del platino, costa meno, inquina meno, si trova ovunque. Il glucosio è rinnovabile e stabile. Il sistema è biodegradabile. Resta da capire se l’industria sarà disposta a copiare dalla biologia invece che dalle tradizioni consolidate della chimica industriale.
Finora, il corpo umano sembra averne capito più di noi su come gestire energia in modo efficiente. Forse è ora di ascoltarlo.