Un robot autonomo cammina tra i corridoi della biblioteca Sherman Fairchild come se stesse cercando un libro. Gambe che si piegano, passi misurati, niente fretta. Arriva all’aperto, si ferma in un punto preciso, si piega in avanti come per allacciarsi le scarpe. Dalla schiena si stacca qualcosa: un drone. Decolla, vola sopra lo stagno del campus, atterra dall’altra parte e poi succede una cosa strana. Non si ripiega, non torna indietro. Tira fuori quattro ruote e comincia a guidare. Pensavo di averle viste tutte. E ora spunta questo.
Caltech e il Technology Innovation Institute di Abu Dhabi hanno passato tre anni a costruire questo sistema. Si chiama X1, ed è il primo robot autonomo che combina tre modi di muoversi senza chiedere niente a nessuno.
Come funziona il robot autonomo che fa (bene) tre cose
X1 non è un singolo robot autonomo. È un sistema. Due macchine che lavorano insieme, ma ognuna con il suo compito. La prima è un Unitree G1 modificato: un umanoide alto circa un metro e mezzo, peso di 32 chili, che cammina usando algoritmi basati sulla fisica del movimento. Non imita passi umani registrati. Impara a camminare come detta la gravità, l’equilibrio e il terreno. Può salire le scale, attraversare corridoi, portare carichi sulla schiena.
La seconda è M4, un drone trasformabile sviluppato nei laboratori di Caltech. Può volare come un quadricottero e poi, una volta atterrato, trasformarsi in un veicolo a quattro ruote. Due modalità, una sola macchina. L’idea è semplice: volare consuma batteria, guidare la risparmia. Il robot autonomo sceglie in base a cosa ha davanti.

La demo che spiega perché serve
Il test è stato fatto il 14 ottobre 2025 al campus di Pasadena. Scenario simulato: emergenza in corso, serve mandare agenti autonomi sul posto. Il robot autonomo parte dal Gates-Thomas Laboratory, attraversa la biblioteca, esce all’aperto. Arriva a un punto sopraelevato dove può rilasciare M4 in sicurezza. Si piega. Il drone si sgancia, decolla in modalità volo. Sorvola un’area, atterra, passa alla modalità guida e continua su ruote.
A un certo punto incontra il Turtle Pond, lo stagno del campus. Le ruote non servono più. Ritorna drone, attraversa l’acqua, raggiunge il punto di destinazione. Nessun pilota remoto, nessun comando umano. Solo sensori, algoritmi e decisioni autonome.
Aaron Ames, direttore del Center for Autonomous Systems and Technologies (CAST) di Caltech, spiega il punto chiave: “Il robot impara a camminare come la fisica comanda. Può muoversi su diversi tipi di terreno, salire e scendere le scale, e soprattutto può farlo con cose come M4 sulla schiena”. Non è un telecomando. È autonomia vera. Il robot autonomo calcola, adatta, prosegue.
Perché tre anni per costruire un robot autonomo con uno zaino volante
Il progetto è nato dalla collaborazione tra Caltech e il Technology Innovation Institute (TII) di Abu Dhabi. Tre anni di lavoro, due continenti, competenze diverse. Il laboratorio di Ames a Caltech si è occupato della locomozione bipede. Il gruppo di Mory Gharib, sempre a Caltech, ha sviluppato M4. TII ha portato Saluki, un controller di volo sicuro e un sistema di calcolo a bordo progettato per resistere a minacce informatiche. La Northeastern University, con il team di Alireza Ramezani, ha contribuito al design trasformabile. Ogni pezzo aveva un ruolo. Il risultato è un sistema che non esisteva prima.
Il vero problema non era costruire un robot autonomo che cammina, o un drone che vola. Quelli esistono già da anni. Il problema era farli lavorare insieme come una squadra. “La sfida è far collaborare robot diversi in modo che diventino un unico sistema che offre funzionalità diverse”, dice Gharib. Con questa collaborazione, hanno trovato l’incastro giusto.
Dove può servire un robot autonomo così
Terremoti. Alluvioni. Incendi. Crolli. Situazioni dove mandare persone è rischioso o impossibile. I robot autonomi stanno già cambiando il modo in cui si gestiscono le emergenze. Droni che mappano le aree colpite, robot terrestri che cercano dispersi sotto le macerie, veicoli autonomi che trasportano forniture.
X1 aggiunge un livello: la capacità di adattarsi al contesto. Serve attraversare macerie? Cammina. Serve sorvolare un’area allagata? Vola. Serve percorrere una strada sgombra? Guida. Un robot autonomo, tre strategie.

Claudio Tortorici, direttore di TII, sottolinea l’importanza dell’autonomia percettiva:
“Installiamo diversi tipi di sensori: lidar, telecamere, telemetri. Combiniamo tutti questi dati per capire dove si trova il robot, e il robot capisce dove si trova per andare da un punto all’altro”.
L’obiettivo futuro è dotare l’intero sistema di algoritmi basati su modelli e autonomia guidata dal machine learning, per navigare e adattarsi all’ambiente in tempo reale. La robotica del 2025 punta proprio su questo: sistemi intelligenti e adattivi.
Cosa manca ancora
X1 funziona, ma non è ancora pronto per operazioni reali. Manca l’autonomia decisionale completa. Per ora il sistema può eseguire una sequenza di azioni programmate: parti da qui, cammina fino a lì, sgancia il drone, vola fino a quel punto. Il prossimo passo è renderlo capace di prendere decisioni strategiche senza supervisione umana.
“Crediamo di essere in una fase in cui le persone iniziano ad accettare questi robot”, dice Tortorici. “Ma perché ci siano robot ovunque intorno a noi, questi robot devono essere affidabili”. Ames conferma: il lavoro in corso riguarda il controllo critico per la sicurezza, la fiducia nei sistemi, la protezione informatica. Problemi grossi, che richiedono più progetti e più collaborazioni.
La collaborazione Caltech-TII non si ferma a X1. Ci sono altri progetti in cantiere che studiano diverse sfaccettature dell’autonomia robotica. “Abbiamo progetti multipli che si estendono oltre questo, studiando tutte queste diverse sfaccettature dell’autonomia. Questi problemi sono davvero grandi. Avendo questi diversi progetti e aspetti della nostra collaborazione, siamo in grado di affrontare problemi molto più grandi e far avanzare l’autonomia in modo sostanziale e coordinato”, spiega Ames.
X1 non è il futuro dei robot autonomi. È il presente. Un presente ancora imperfetto, che cade, sbaglia, ha bisogno di correzioni. Ma cammina. E quando serve, vola. E quando conviene, guida.
Quanto tempo ci metterà a farlo alla perfezione? Vediamo.