Nel Northern Territory australiano (e non solo) si accumulano milioni di pneumatici esausti. Metà finisce in discarica, l’altra metà viaggia per migliaia di chilometri verso impianti di riciclo. La Charles Darwin University ha deciso che era ora di chiudere il cerchio: prendere quegli pneumatici riciclati, triturarli, mescolarli con plastiche (sempre riciclate) e costruirci strade capaci di resistere a condizioni che farebbero collassare l’asfalto normale in pochi anni.
Il progetto testa bitume modificato con gomma di pneumatici riciclati da camion e auto. Ramin Shahbazi, dottorando alla guida dello studio, spiega che il problema non è tecnico ma climatico.
“Il caldo estremo qui causa reazioni chimiche diverse nell’asfalto. Il pavimento diventa rigido, fragile, si spacca.”
La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Traffic and Transportation Engineering e mostra risultati concreti. L’asfalto gommato regge meglio ai raggi UV, all’ossidazione termica e alle escursioni di temperatura. Un po’ come se gli pneumatici, dopo aver passato anni a macinare chilometri, dicessero: “Perfetto, adesso facciamolo noi il chilometro.”
Quando la gomma smette di rotolare e inizia a stare ferma
Secondo il report 2023-24 di Tire Stewardship Australia, nel paese finiscono ogni anno 500.000 tonnellate di pneumatici a fine vita. L’equivalente di una montagna alta quanto l’Uluru fatta solo di gomma nera. Nel Territorio del Nord, quasi metà di quella massa va in discarica. L’altra metà viene spedita via nave o su camion verso centri di riciclaggio in altri stati. Costa. Inquina. Non ha senso.
Il team della CDU ha testato due approcci: CRMB (crumb rubber-modified binder) e RPMB (recycled plastic-modified binder). Il primo usa polverino di gomma riciclata, il secondo plastica recuperata. Entrambi vengono miscelati nel bitume prima della stesura del manto stradale. Non è tecnologia nuova: l’asfalto gommato esiste dagli anni ’60. Ma applicarlo in un contesto climatico come il Northern Territory, dove le temperature sfiorano i 45°C e i raggi UV non danno tregua, è un’altra storia.
Il bitume modificato con gomma riciclata mostra una resistenza alla fatica superiore del 250% rispetto all’asfalto tradizionale. Le strade realizzate con CRMB possono durare fino a tre volte di più, riducendo drasticamente i costi di manutenzione e l’esigenza di interventi correttivi frequenti.
Il problema che nessuno ti dice: i polimeri costano troppo
Shahbazi punta il dito su un aspetto economico spesso ignorato. “Pagare polimeri costosi solo per far reggere le strade al traffico e al clima locale è come aggiungere un costo ambientale al prezzo finale dell’infrastruttura.” I polimeri sintetici funzionano, ma arrivano da filiere che dipendono dal petrolio e hanno un impatto ambientale pesante. Le strade del futuro, come vi raccontavo qui, stanno cercando materiali alternativi da anni.
La gomma triturata da pneumatici riciclati è disponibile, locale, abbondante. Non serve estrarla, raffinarla o sintetizzarla. Serve solo decidere di usarla.
L’asfalto con plastica riciclata ha prestazioni variabili. Dipende dal tipo di polimero, dal dosaggio, dalle condizioni ambientali. I test mostrano una buona resistenza all’umidità, ma servono ancora affinamenti per garantire risultati affidabili su larga scala. La gomma degli pneumatici riciclati, invece, si comporta bene anche contro i danni indotti dall’acqua. Le particelle non dissolte possono creare problemi di adesione, ma nel complesso il materiale tiene.
L’Italia ne sa qualcosa: 680 km di strade gommose
Non è che l’Australia abbia scoperto l’acqua calda (che poi lì è caldissima davvero). In Italia, secondo i dati di Ecopneus, ci sono oltre 680 chilometri di strade realizzate con asfalto modificato con polverino di pneumatici riciclati. Funzionano. Durano di più. Riducono il rumore. Eppure rappresentano ancora una quota marginale rispetto alla rete stradale nazionale.
Il motivo? Mancano incentivi normativi chiari. Il decreto sui Criteri Ambientali Minimi (CAM Strade), entrato in vigore a dicembre 2024, spinge verso materiali sostenibili nelle opere pubbliche. Dovrebbe aiutare. Ma tra “dovrebbe” e “farà” c’è tutta la distanza che separa una norma scritta sulla carta da un cantiere vero con betoniere e rulli compressori. Come vi raccontavo qui sulle strade di plastica, i progetti pilota esistono, i risultati ci sono. Manca la volontà di renderli standard.
Il dato più interessante? Le strade realizzate in Italia con asfalto gommato da pneumatici riciclati, inaugurate un decennio fa, si presentano oggi nelle stesse condizioni di quando furono posate.
Giovanni Corbetta, direttore generale di Ecopneus, conferma: “I manti si sono mantenuti identici.” L’Anas ha condotto analisi tecniche che ribadiscono stabilità ed efficienza. Tradotto: funziona, e dura.
Però si preferiscono quelli che vanno rifatti spesso e volentieri. A pensar male…
La plastica nelle strade: promettente ma complicata
Il RPMB, l’asfalto con plastica riciclata, ha un problema di coerenza. I polimeri termoplastici possono migliorare la resistenza del manto, ma le prestazioni cambiano in base al tipo di plastica usata, al punto di fusione, alla struttura chimica. A Reggio Emilia, Iren e Mapei hanno asfaltato 150.000 metri quadrati usando il tecnopolimero Bluair®, derivato da plastiche miste non riciclabili. I risultati sono buoni: maggiore durata, resistenza alle escursioni termiche, minor manutenzione. Ma si tratta ancora di casi pilota, non di applicazioni su larga scala.
In Sudafrica, Shisalanga Construction ha ripavimentato oltre 400 metri di strada a Cliffdale usando bottiglie di latte riciclate. Ogni tonnellata di asfalto contiene da 118 a 128 bottiglie. Il materiale regge temperature fino a 70°C e -22°C. Funziona. Costa come l’asfalto normale. Dura di più. Ricicla plastica che altrimenti finirebbe in discarica o, peggio, nell’oceano. Ha senso? Evidentemente sì. Perché allora non lo facciamo ovunque? Ancora una bella domanda.
Quando ci cambierà la vita
Se il progetto australiano dovesse confermare i risultati su scala reale, entro 3-5 anni potremmo vedere l’asfalto gommato diventare standard nelle zone con climi estremi. In Italia, con l’applicazione dei CAM Strade e maggiori incentivi pubblici, la quota di strade riciclate potrebbe triplicare entro il 2030.
È questione di decidere se vogliamo strade che durano o strade da rifare ogni anno.
Approfondisci
Ti interessa il tema delle infrastrutture sostenibili? Leggi anche come le bio-spore potrebbero auto-riparare le buche nell’asfalto. Oppure scopri come funzionano le strade prefabbricate in plastica riciclata.
Insomma: abbiamo montagne di pneumatici usati, tecnologie testate, dati che confermano efficacia e durata. Quello che manca è solo la decisione di farlo diventare normale. Finché considereremo l’asfalto da pneumatici riciclati come “alternativo” invece che “migliore”, continueremo a buttare soldi in manutenzioni inutili e gomme in discarica.
Quante altre montagne di pneumatici dobbiamo accumulare prima di capire che le strade potrebbero essere fatte proprio… con quelle montagne?