Mercoledì 10 dicembre 2025. In Australia il risveglio è diverso dal solito: 1 milione di profili Instagram, TikTok, Facebook vanno offline. Non è un blackout. È la legge. I ragazzi sotto i 16 anni non possono più accedere ai social network, per nessun motivo, neanche col consenso dei genitori: social vietati a tutti loro.
Le piattaforme hanno tre giorni per rimuovere gli account o rischiano multe fino a 32 milioni di dollari. Meta ha iniziato dal 4 dicembre, anticipando tutti. TikTok e YouTube seguono oggi. Snapchat sospende gli account per tre anni. E i ragazzi? Alcuni si arrabbiano, altri cercano VPN, molti girano su app meno note. Ma il punto è un altro: dopo anni di allarmi sulla salute mentale, qualcuno ha deciso di tracciare una linea. Netta. E dà un esempio al mondo. Parliamone come si deve: vi va?
Come funziona il divieto più severo al mondo
L’Online Safety Amendment Act, approvato il 29 novembre 2024 dal Parlamento australiano, è entrato in vigore oggi. Le piattaforme colpite sono Instagram, Facebook, Threads, Snapchat, YouTube, TikTok, Reddit, X, Kick e Twitch. I genitori non vengono multati. I ragazzi nemmeno. La responsabilità ricade interamente sulle aziende tecnologiche, che devono dimostrare di aver adottato “misure ragionevoli” per impedire l’accesso agli under 16.
Come verificano l’età? Con selfie video, scansioni facciali o documenti ufficiali. La maggior parte degli utenti sceglie il selfie: un sistema di age assurance che usa punti facciali per stimare l’età senza memorizzare i dati biometrici (ma pure senza addestrare le AI per il riconoscimento facciale? Beh, beh).
Le altre piattaforme escluse dal ban? WhatsApp, Messenger, Discord, Roblox, Pinterest, YouTube Kids, Google Classroom, GitHub, Steam. La scelta ha sorpreso molti, soprattutto per Roblox, dopo le accuse di adescamento di minori all’interno dei suoi giochi.
Perché proprio adesso
Il premier Anthony Albanese ha definito i social media un “flagello” e ha citato preoccupazioni crescenti tra famiglie, insegnanti e pediatri. I dati parlano chiaro: dal 2011 la depressione giovanile in Australia è raddoppiata. Gli accessi al pronto soccorso per problemi neuropsichiatrici tra minori sono aumentati del 147% per ideazione suicidaria e del 115% per depressione durante la pandemia, secondo uno studio dell’Italian Journal of Pediatrics. La Società Italiana di Pediatria ha documentato trend simili anche in Europa.
Lo psicologo Jonathan Haidt, autore di The Anxious Generation, ha contribuito ad alimentare il dibattito con un libro che è diventato bestseller internazionale. La tesi: gli smartphone e i social hanno “ricablato l’infanzia”, sostituendo il gioco libero con algoritmi progettati per catturare attenzione.
Il risultato? Una generazione con tassi record di ansia, disturbi del sonno, frammentazione dell’attenzione e dipendenza dal giudizio sociale.
Haidt non è l’unico a lanciare l’allarme. L’American Psychological Association ha pubblicato nel 2023 un report sulla salute mentale degli adolescenti legata ai social media. Il Surgeon General degli Stati Uniti ha definito i social “un rischio di danno” per bambini e adolescenti, sottolineando che oltre il 95% dei ragazzi tra 13 e 17 anni li usa, con più di un terzo connesso “quasi costantemente”.
Social vietati, gli altri paesi che si muovono nella stessa direzione
L’Australia non è sola. La Francia nel 2023 ha approvato una legge che richiede il consenso dei genitori per i minori di 15 anni. In Norvegia il primo ministro Jonas Gahr Støre ha annunciato l’innalzamento dell’età minima a 15 anni, citando la necessità di salvare i bambini “dal potere degli algoritmi”. Attualmente più della metà dei bambini norvegesi di 9 anni è già attivo sui social.
La Danimarca ha introdotto a febbraio 2025 il divieto di smartphone nelle scuole per tutti gli studenti dai 7 ai 16-17 anni, trasformando gli istituti in spazi “phone-free”. Il primo ministro Mette Frederiksen ha dichiarato:
“I cellulari e i social media stanno rubando l’infanzia ai nostri figli”.
Un dato allarmante: il 60% dei ragazzi danesi tra 11 e 19 anni preferisce rimanere a casa invece di uscire con gli amici durante il tempo libero.
In Germania l’accesso ai social è legale dai 16 anni, salvo consenso genitoriale. Funziona? In parte. Le segnalazioni di contenuti pericolosi vengono trattate più rapidamente, ma si è creato un effetto collaterale: l'”overblocking”. Per evitare multe, le piattaforme tendono a cancellare anche contenuti legittimi.
Anche l’Italia si sta muovendo. Il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha dichiarato:
“Dobbiamo impedire concretamente ai minori di 15 anni di accedere ai social”.
In Parlamento sono numerose le proposte di legge, con la Lega che ha presentato un ddl per vietare l’utilizzo delle piattaforme agli under 14 e consentirlo dai 14 ai 16 anni solo con consenso dei genitori.
Il panorama europeo: La Grecia ha proposto a Bruxelles nel giugno 2025 di fissare una “età digitale maggiorenne” valida per tutta l’Unione Europea. La Finlandia e la Svezia hanno vietato gli smartphone nelle scuole.
Il Belgio e parte della Spagna consentono l’accesso ai social dai 13 anni, ma solo con consenso parentale.
I rischi reali per la salute mentale
Cosa sappiamo davvero sui danni dei social? La ricerca scientifica è ancora in corso, ma alcuni dati sono inequivocabili. Uno studio pubblicato su JAMA Psychiatry ha rilevato che gli adolescenti che usano i social media più di tre ore al giorno “possono essere maggiormente a rischio di problemi di salute mentale, in particolare problemi di interiorizzazione”. Un report del Pew Research Center afferma che il 59% degli adolescenti statunitensi ha subito atti di bullismo o molestie online.
La relazione tra uso dei social e depressione è complessa: non è ancora chiaro se l’uso intensivo porti direttamente a maggiore depressione o se i sintomi depressivi spingano a cercare rifugio nelle piattaforme, alimentando un circolo vizioso.
C’è anche una dimensione neuroscientifica. Il cervello del preadolescente è in fase di maturazione. La corteccia prefrontale, che regola emozioni e impulsi, è l’ultima area a svilupparsi. I minori tendono a essere più vulnerabili all’effetto di dipendenza delle esperienze online, tutte progettate per generare gratificazione istantanea e rilascio di dopamina.
Social vietati: non tutti sono d’accordo
La professoressa Candice Odgers dell’Università della California ha criticato le conclusioni di Haidt, sottolineando che confondere correlazione con causalità è un errore. Un suo studio non ha trovato relazioni causa-effetto dirette tra possesso di smartphone, uso dei social e salute mentale degli adolescenti.
E un recente studio su larga scala ha mostrato che il tempo speso sui social media è “probabilmente uno dei fattori meno influenti correlati alla salute mentale dell’adolescente”.
Chi ha ragione, alla fine?
Le reazioni delle piattaforme
Le aziende tecnologiche non sono rimaste in silenzio davanti ai social vietati. Meta ha definito la legislazione “affrettata”, sostenendo che è stata “rilasciata e approvata nel giro di una settimana”. Il Digital Industry Group Inc., che rappresenta le piattaforme in Australia, ha dichiarato:
“Nessuno può spiegare con sicurezza come funzionerà in pratica. La comunità e le piattaforme sono al buio su cosa è esattamente richiesto”.
TikTok ha affermato di avere “barriere di sicurezza leader nel settore” per gli adolescenti. Google ha rigettato le accuse, dicendo che “fornire ai giovani un’esperienza online più sicura è sempre stato al centro del nostro lavoro”. X non ha risposto alle richieste di commento ma si oppone fermamente alla legislazione, considerandola una violazione della libertà di parola.
Il punto debole del sistema è evidente: molti ragazzi stanno già cercando modi per aggirare i controlli. Alcuni hanno condiviso pubblicamente i loro numeri di cellulare sui profili social prima che venissero oscurati, non valutando i rischi. Altri si stanno spostando su VPN o piattaforme alternative come Yope (che ha guadagnato 100.000 nuovi utenti australiani) e Lemon8, anch’essa di proprietà di ByteDance.
Funzionerà davvero?
Il governo australiano non si aspetta che il divieto funzioni perfettamente sin dall’inizio. Il premier Albanese lo ha ammesso: “Abbiamo detto molto chiaramente che non sarà perfetto, ma è la cosa giusta da fare”. L’obiettivo dichiarato non è solo tecnico, ma culturale: far sì che le famiglie parlino di uso dei social media.
La eSafety Commissioner Julie Inman-Grant ha spiegato che monitoreranno diversi indicatori:
“Guarderemo se i ragazzi dormono di più, se interagiscono di più, se prendono meno antidepressivi, se leggono più libri, se escono a fare sport”. Ma anche le conseguenze indesiderate: “Si stanno spostando verso aree più oscure del web? E quale sarà l’esito?”.
Sei esperti dello Stanford University Social Media Lab lavoreranno con la eSafety Commissioner per raccogliere dati. L’intero processo sarà revisionato da un Academic Advisory Group indipendente composto da 11 accademici provenienti da Stati Uniti, Regno Unito e Australia. Stanford ha dichiarato che approccio, metodi e risultati saranno pubblicati per consentire ad altri paesi di trarre insegnamenti dall’esperienza australiana.
Il supporto pubblico: Un sondaggio YouGov condotto a novembre 2024 ha rivelato che il 77% degli australiani intervistati era favorevole al limite di età. Un altro sondaggio di dicembre 2025 ha mostrato che il 70% degli elettori sostiene il ban, anche se solo il 15% si oppone ai suoi obiettivi. Tuttavia, il 58% non è fiducioso che funzionerà.
Social vietati: il dibattito sui diritti umani
Non tutti vedono il ban come una vittoria. Difensori dei diritti umani sostengono che viola i diritti dei giovani, incluso l’accesso all’informazione e la privacy. Il senatore David Shoebridge del partito dei Verdi ha dichiarato al Senato:
“I social vietati faranno più male ai giovani vulnerabili, soprattutto nelle comunità regionali e soprattutto alla comunità LGBTQI, tagliandoli fuori”.
Organizzazioni come UNICEF Australia hanno espresso preoccupazione. Pur riconoscendo che è positivo parlare di più del miglioramento del mondo online per i giovani, UNICEF ritiene che le modifiche proposte non risolveranno i problemi.
“I social media hanno molti aspetti positivi, come l’istruzione e il mantenimento dei contatti con gli amici. Pensiamo sia più importante rendere le piattaforme più sicure e ascoltare i giovani”.
C’è chi teme che il ban isoli i bambini, li privi degli aspetti positivi dei social media, li spinga verso il dark web e riduca gli incentivi per le piattaforme a migliorare la sicurezza online. Il Law Council ha sollevato preoccupazioni su come la legge possa essere implementata, affermando che l’ambito della legislazione è troppo ampio e presenta rischi per la privacy e i diritti umani.
Social vietati, cosa succederà negli altri paesi
L’esperimento australiano sarà osservato attentamente. Come abbiamo scritto in passato, la Generazione Z sta già affrontando un declino nella felicità e un aumento della depressione. La Generazione Alpha, quella nata dopo il 2012, rischia di essere travolta ancora di più se non si interviene.
Stati Uniti, Regno Unito, Malesia stanno tutti discutendo misure simili. L’Unione Europea ha approvato una risoluzione per adottare restrizioni analoghe. L’Australia ha tracciato una strada. Resta da vedere se altri paesi la seguiranno o sceglieranno approcci diversi, magari meno drastici ma più efficaci.
Alla fine, il vero test non sarà nelle statistiche di compliance o nei numeri di account disattivati. Sarà nel comportamento dei ragazzi tra cinque anni. Dormiranno meglio? Leggeranno di più? Con i social vietati usciranno più spesso? O semplicemente si sposteranno su piattaforme meno note, continuando a scrollare nel buio digitale senza alcun controllo?
Non lo sappiamo ancora. Ma una cosa è certa: il mondo sta guardando l’Australia molto da vicino.