Chiunque si sia fatto un tatuaggio lo sa: l’inchiostro entra sotto pelle e ci resta. Per sempre (o quasi). Quello che molti non sanno è dove finisce davvero. Non sulla pelle, non nel derma. Finisce nei linfonodi, le stazioni di controllo del sistema immunitario, e ci resta intrappolato per anni. Un nuovo studio dell’Istituto di Ricerca in Biomedicina di Bellinzona, appena pubblicato su PNAS, dimostra che l’inchiostro dei tatuaggi viaggia attraverso il sistema linfatico in poche ore e si accumula in quantità significative nei linfonodi, dove innesca una risposta infiammatoria cronica. Non parliamo di ipotesi: parliamo di microscopia avanzata, di topi con tatuaggi sui cuscinetti delle zampe, di macrofagi che fagocitano pigmenti tossici e muoiono nel tentativo di digerirli.
Lo studio che mancava: cosa succede dopo l’ago
Il team guidato dalla ricercatrice italiana Arianna Capucetti e coordinato da Santiago González ha fatto quello che nessuno aveva fatto prima: ha tracciato il viaggio completo dell’inchiostro dal momento dell’iniezione fino al suo accumulo nei linfonodi, osservando cosa succede alle cellule immunitarie coinvolte. L’esperimento, condotto su circa 40 topi, ha utilizzato tre colori tra i più comuni: nero, rosso e verde. I ricercatori hanno tatuato piccole aree delle zampe e seguito con microscopia intravitale in tempo reale il movimento dei pigmenti attraverso i vasi linfatici.
Risultato: nel giro di poche ore, l’inchiostro raggiunge i linfonodi vicini. Nel giro di due giorni si è già accumulato in quantità massicce. E da lì non se ne va più. Questa è la prima analisi estesa degli effetti immunologici del tatuaggio, e coinvolge ben 12 gruppi di ricerca internazionali. In pratica, non è uno scherzo.
Scheda dello studio
- Ente di ricerca: Istituto di Ricerca in Biomedicina, Università della Svizzera italiana (Bellinzona)
- Anno: 2025
- DOI: 10.1073/pnas.2510392122
- TRL: 3 – Ricerca su modello animale con conferme preliminari da tessuti umani
- Rivista: Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS)
Due fasi, un problema cronico
L’inchiostro innesca una risposta in due tempi. La prima fase è acuta: dura circa due giorni, è intensa, localizzata. Il corpo reagisce come farebbe con qualsiasi invasore. I macrofagi (le cellule spazzino del sistema immunitario) corrono verso i linfonodi e iniziano a fagocitare i pigmenti. Tutto normale, verrebbe da pensare. Poi arriva la fase cronica. Ed è qui che le cose si complicano.
I macrofagi non riescono a degradare l’inchiostro. Non sono progettati per digerire particelle inerti di metallo e composti organici complessi. Provano, falliscono, e alla fine muoiono con il pigmento ancora dentro. Altri macrofagi arrivano, ripetono il ciclo. L’inchiostro rimane intrappolato nei linfonodi in un loop continuo di cattura e morte cellulare, come lo definiscono i ricercatori. Questo stato di infiammazione cronica può durare anni. Nel caso dei topi osservati: almeno due mesi, che in termini di vita murina equivalgono a diversi anni umani.
Non tutti i colori sono uguali.
Gli inchiostri rosso e nero risultano significativamente più tossici rispetto al verde, causando una maggiore mortalità cellulare e uno stress immunologico più marcato.
Vaccini meno efficaci? La scoperta inattesa
C’è un altro dato che i ricercatori hanno voluto testare: l’effetto sui vaccini. Hanno somministrato due tipi di vaccino ai topi tatuati: uno a mRNA (simile a quello anti-COVID) e uno inattivato UV contro l’influenza. Il risultato è stato controintuitivo.
Il vaccino a mRNA ha mostrato una riduzione della risposta anticorpale nelle zone tatuate. Il vaccino influenzale, invece, ha paradossalmente generato una risposta più forte. Come mai questa differenza? Secondo gli autori dello studio, dipende dal meccanismo d’azione: i vaccini a mRNA richiedono un ambiente linfatico equilibrato per funzionare al meglio, mentre quelli inattivati possono beneficiare di uno stato infiammatorio preesistente. In ogni caso, il messaggio è chiaro: l’inchiostro nei linfonodi altera l’immunoreattività in modo non trascurabile.
Curiosità tecnica: I ricercatori hanno utilizzato microscopia a due fotoni per osservare in tempo reale il movimento dei pigmenti all’interno dei vasi linfatici. Questa tecnica permette di “vedere dentro” i tessuti vivi senza doverli tagliare, un po’ come avere una finestra aperta sul sistema immunitario.
Il precedente del 2017: sapevamo già qualcosa
Non è la prima volta che i pigmenti nei linfonodi vengono osservati. Già nel 2017, uno studio tedesco coordinato da Ines Schreiver del Bundesinstitut für Risikobewertung (BfR) aveva documentato la presenza di nanoparticelle di inchiostro nei linfonodi di persone tatuate, utilizzando fluorescenza a raggi X. Lo studio, pubblicato su Scientific Reports, aveva identificato particelle grandi (un millesimo di millimetro) che viaggiano nel flusso sanguigno e particelle piccole (un milionesimo di millimetro) che si depositano nei linfonodi.
Quello che mancava era la parte successiva: cosa fanno quelle particelle una volta arrivate lì? La risposta arriva ora, otto anni dopo, grazie al lavoro di Capucetti e González. E non è rassicurante. Come avevamo già segnalato anche noi, il legame tra tatuaggi e rischio di linfoma era emerso in uno studio svedese del 2024 che aveva rilevato un aumento del 21% nel rischio di linfoma maligno tra le persone tatuate. Ora sappiamo perché quel legame potrebbe esistere.
Italia: quasi 7 milioni di tatuati
Mi rendo conto che, come lo scorso anno, mi farò parecchi hater tra i tatuati, ma diamo notizie (verificate, sempre) anche nel loro interesse. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia oltre 6,8 milioni di persone hanno almeno un tatuaggio. Rappresentano circa il 12% della popolazione. La fascia d’età più rappresentata è quella tra i 35 e i 44 anni, ma anche tra i minorenni la percentuale raggiunge il 7,7%. Negli Stati Uniti la percentuale supera il 30%. A livello globale, quasi una persona su cinque ha almeno un tatuaggio.
Il problema? Meno di sei persone su dieci sono consapevoli dei rischi legati al tatuaggio. E fino a questo studio, nemmeno la scienza aveva le risposte. Adesso le abbiamo, almeno in parte. I pigmenti viaggiano, si accumulano, causano infiammazione cronica. Non in tutti, non sempre, ma succede. E succede in modo sistematico.
Quando e come ci cambierà la vita
Gli studi clinici sull’uomo sono già in fase di progettazione. Se confermati nei primati e negli esseri umani, questi risultati potrebbero portare entro 3-5 anni a normative più stringenti sull’uso di determinati pigmenti (soprattutto rosso e nero) e all’introduzione di alternative chimiche meno tossiche per i macrofagi. Nel frattempo, tatuatori e dermatologi, in via cautelativa, potrebbero iniziare a sconsigliare tatuaggi estesi nelle zone con alta concentrazione di linfonodi (ascelle, inguine, collo). Lo faranno?
Cosa fare (e cosa non fare) se hai già un tatuaggio
Se hai già un tatuaggio, non serve farsi prendere dal panico. La presenza di pigmenti nei linfonodi è documentata da decenni, e la maggior parte delle persone tatuate non sviluppa problemi di salute evidenti. Detto questo, ci sono due precauzioni sensate.
- Non rimuoverlo con il laser pensando di risolvere il problema. Come sottolinea il professor Stefano Calvieri, dermatologo e professore emerito della Sapienza di Roma, intervistato dal Fatto Quotidiano: “Il rischio maggiore potrebbe non essere il tatuarsi, ma il cancellare il tatuaggio”. La rimozione laser frantuma i pigmenti in particelle ancora più piccole, che possono migrare più facilmente nel sistema linfatico. È tipo trasformare sassi in sabbia e aspettarsi che restino fermi.
- Se stai pensando di farti un nuovo tatuaggio, scegli con attenzione il colore. Evita nero e rosso se possibile, prediligi colori più chiari o sfumature meno concentrate. E soprattutto: controlla che il tatuatore sia certificato, che lo studio rispetti le normative europee, che gli inchiostri siano autorizzati. Nel 2022, nove inchiostri sono stati ritirati dal mercato italiano per presenza di sostanze cancerogene. Non è roba da prendere alla leggera.
Approfondisci
Ti interessa il tema della sicurezza dei tatuaggi? Leggi anche Allerta linfoma: più di un tatuaggio su cinque ne aumenta il rischio, dove avevamo anticipato i dati dello studio svedese. Oppure scopri altri studi su salute e tecnologia nel nostro archivio.
La domanda che resta è semplice: siamo disposti a convivere con pigmenti intrappolati nei nostri linfonodi per decenni pur di avere un disegno permanente sulla pelle? La scienza ora ci dice cosa succede. La scelta, per il momento, resta nostra.