Se c’è una cosa che ho imparato in anni di direzione su Futuroprossimo.it, tra un articolo sulla fusione nucleare e uno sull’editing genetico, è che la tecnologia vera non è quella che ti porta su Marte. È quella che ti salva la vita (o almeno i nervi) il martedì mattina, quando hai cinque minuti prima di correre prendere il treno per andare in agenzia e il tuo cane ha deciso di esplodere in una nuvola di peli in salotto. Spoiler: si chiama Levoit LVAC-300 PET, lui.
E io?
Per chi è arrivato ora, magari cercando su Google o motori AI, sono Gianluca (piacere), ho 50 anni, e sono un uomo semplice: sposato, una bimba di 8 anni, tifo Napoli e coltivo con dedizione una certa pigrizia strutturale. Vivo nell’hinterland, in una casa non enorme ma con un bel patio esterno (la mia salvezza e la mia condanna) e un pavimento in gres grigio effetto cemento che ho scelto apposta per nascondere lo sporco. Secondo spoiler: non funziona se lo sporco è biondo.
Il “nemico”, infatti, si chiama Buddy. È un Golden Retriever di 11 mesi, un cucciolo che ha le dimensioni di un pony e l’agilità di un elefante in cristalleria. Buddy è amore puro, ma è anche una fabbrica a ciclo continuo di peli e disastri. Fino a poco tempo fa, il mio scudiero in questa battaglia era il Levoit LVAC-200, una macchina onesta che ho anche recensito con affetto. Ma Buddy è cresciuto, il “nemico” si è evoluto. Serviva un’arma più pesante.
Ed è qui che entra in scena il Levoit LVAC-300 PET. Sulla carta promette di essere il fratello maggiore palestrato del 200: più potenza, tecnologia anti-groviglio migliorata e filtri HEPA che farebbero invidia a una sala operatoria. Ma le schede tecniche sono brave tutte. Io volevo vedere se sopravviveva a una mia giornata tipo.
Unboxing: La prima carezza (al design)
Appena tirato fuori dalla scatola, la prima cosa che noti non è il motore o la spazzola, ma un dettaglio che per un cinquantenne pigro come me vale il prezzo del biglietto: ragà, sta in piedi da solo.
Sembra una sciocchezza, ma chi ha usato scope elettriche sa di cosa parlo. Con la vecchia 200 (e con molti competitor blasonati che costano il triplo), se ti suona il citofono o devi spostare una sedia, devi cercare un muro a cui appoggiarla sperando che non scivoli rovinosamente a terra. La LVAC-300 la molli lì, nel mezzo del salotto, e lei resta impettita come un corazziere.
Sul mio gres grigio, il design moderno e un po’ spigoloso ci sta bene. Non sembra un giocattolo, sembra uno strumento.
Il cuore tecnico di Levoit LVAC-300 PET (Spiegato alla “Futuroprossimo”)
Prima di passare al sangue e alla polvere, lasciatemi (ri)mettere per un attimo il cappello da divulgatore. Perché passare dal 200 al 300? Non è solo marketing.
Su Futuroprossimo parliamo spesso di come l’efficienza energetica e la fluidodinamica stiano cambiando gli elettrodomestici. Qui la differenza la fa il motore: siamo passati dai 180W del modello precedente ai 240W di questo.
In termini pratici, significa passare, usando una iperbole, da “speriamo che tiri su quella crocchetta” a (più o meno) “togliti o aspiro anche te”.
La vera chicca per chi ha un pet in casa è la tecnologia che Levoit chiama TripleStrike. In sostanza, la spazzola è progettata con delle lamelle e delle geometrie interne che impediscono ai peli lunghi di attorcigliarsi. E per chi, come me, odia dover prendere le forbici per liberare il rullo dai capelli a fine pulizia, questa è la vera innovazione.
Ancora: il sistema di filtrazione di LVAC-300 PET è a 5 stadi con filtro HEPA. In un’epoca in cui siamo ossessionati (giustamente) dalla qualità dell’aria indoor, sapere che quello che aspiro non viene risputato fuori sotto forma di micro-polvere è rassicurante.
Ma basta teoria. Buddy ha appena rovesciato la colazione. È ora di accendere i motori.
Il risveglio della forza (aspirante): Buddy e la colazione “Hippie”
Più o meno ogni mattina, nella mia pergola va in scena lo stesso rituale. Buddy non mangia: Buddy pasteggia con un entusiasmo che definirei “hippy e burrascoso”. Le crocchette non restano nella ciotola; saltano fuori come pop-corn impazziti, mescolandosi istantaneamente a quel fine strato di pelo biondo che lui rilascia per marcare il territorio (o forse solo per dispetto).
Col vecchio LVAC-200, questa operazione avrebbe richiesto un minimo di strategia: magari raccogliere i pezzi più grossi “alla vecchia maniera” per non intasare tutto, poi passavo l’aspirapolvere. Qui ho deciso di fare il barbaro. Ho preso LVAC-300 PET, ho innestato la modalità Turbo (perché la pazienza è poca, guagliò) e sono andato dritto sul mucchio.
Il risultato? Un rumore secco, quasi musicale: clack-clack-clack. Le crocchette sono sparite nel serbatoio con una prepotenza impressionante. Niente rimbalzi, niente “sputacchiamenti” laterali (quel fenomeno odioso per cui l’aspirapolvere spara briciole sui piedi invece di aspirarle).
In un solo passaggio (e dico UNO) la striscia di gres grigio è tornata immacolata. La bocchetta di aspirazione è abbastanza larga da non fare effetto “imbuto”, e la potenza extra dei 240W qui si sente tutta. Se il 200 era un fioretto, questo 300 è una sciabola.
Lo slalom: dal gres al tappeto senza cambiare marcia
La mia casa è un gioco di confini. C’è l’interno, c’è la pergola, e in mezzo ci sono quelle zone franche fatte di zerbini e tappeti che di solito sono la criptonite delle scope elettriche di ogni ordine e grado. Spesso i rulli motorizzati si impuntano sui tessuti, o risucchiano i bordi del tappeto bloccando tutto e costringendoti a spegnere, bestemmiare in lingue antichissime e dimenticato (non da me), liberare il tappeto e riaccendere.
Ho provato a passare dalla durezza del gres effetto cemento direttamente sul tappeto d’ingresso, senza alzare la spazzola. Coast to coast, così. LVAC-300 PET non ha battuto ciglio. Ho notato (e qui torna il tech journalist che è in me) come la gestione del flusso d’aria si adatti bene. Non si è “incollata” al tappeto rendendo impossibile spingere, ma ha mantenuto l’aderenza necessaria per tirare via i peli incastrati nelle fibre.
È qui che apprezzi la maneggevolezza. Nonostante il motore più grosso, il peso è bilanciato bene verso l’impugnatura. Fare lo slalom tra le sedie del tavolo da pranzo o scivolare dalla zona giorno alla zona notte non ti stanca il polso. Per un pigro, “fatica zero” è la specifica tecnica più importante.
Luci nella notte: Il “Dark Test” e la verità nascosta
Arriviamo al mio momento preferito, quello che chiamo il “Dark Test”. Ho un mobile in sospensione nel soggiorno. È bello, moderno, dà aria alla stanza, e sopra c’è una tv che mi è costata tre occhi della testa. Ma sotto? Sotto è tipo Mordor. È lì che i peli di Buddy vanno a morire, o meglio, a organizzarsi in colonie indipendenti.
La LVAC-300 ha i LED frontali sulla spazzola.
Qualcuno potrebbe dire: “Vabbè, ma a che servono? Ho le lampadine in casa”. Sbagliato.
La luce radente al pavimento è impietosa. Ti fa vedere quello che l’occhio umano, dall’alto del metro e settanta (grosso modo), non coglie. Appena ho infilato la spazzola sotto il mobile sospeso, i LED hanno illuminato una scena del crimine: polvere grigia su gres grigio (invisibile a occhio nudo) e matasse di pelo biondo negli angoli.
Vedere lo sporco sparire nel fascio di luce dà una soddisfazione quasi primordiale. È gamification della pulizia: vedi il nemico, lo elimini, ottieni la ricompensa visiva del pulito.
E il test finale? La nicchia. Ho uno spazio stretto dove ripongo l’aspirapolvere stesso. È una meta-pulizia: dopo aver pulito la casa con la scopa elettrica, pulire la casa DELLA scopa elettrica.
La snodabilità della testa (che gira quasi a 180 gradi) mi ha permesso di entrare nella nicchia, pulire gli angoli e parcheggiare il dispositivo in un unico movimento fluido. Niente contorsionismi.
Manutenzione: la prova dello schifiltoso
Parliamoci chiaro: aspirare può anche essere divertente (con i LED), ma svuotare il serbatoio è la parte che tutti odiamo. Con i vecchi aspirapolvere, spesso ti ritrovavi a dover infilare le dita nel contenitore per tirare via i “grovigli” di polvere incastrati. Risultato? Mani sporche e polvere che vola di nuovo nell’aria. Un autogol clamoroso.
Con questo LVAC-300 PET, Levoit ha mantenuto la promessa della facilità che era già un punto di forza del modello 200, ma con un design leggermente rivisto.
Lo svuotamento è “touch-free”. Premi un tasto, il fondo si apre e la gravità fa il resto.
La prova del nove: dopo aver aspirato mezza tonnellata di pelo di Buddy mista a polvere di gres, ho premuto il pulsante sopra il cestino. Pluff. Tutto giù.
Ho dovuto usare le mani? No.
Si è incastrato qualcosa? Solo una volta, quando ho esagerato aspirando un pezzo di carta un po’ troppo grosso, ma lì è colpa mia, non della macchina.
E la spazzola? Ho controllato il rullo con il terrore di trovarci avvolti i miei capelli (pochi, ahimè) o i fili dei tappeti. Invece, sorpresa: il sistema Anti-Tangle funziona davvero. C’era qualche pelo di Buddy, sì, ma niente che avesse bloccato il meccanismo o che richiedesse l’intervento chirurgico delle forbici. Per un prodotto che oltre alle prestazioni consuete sfodera anche il postfisso “PET”, questo è il vero test superato.
Cosa non mi è piaciuto di LVAC-300 PET (perché nessuno è perfetto)
Su Futuroprossimo.it siamo onesti: la tecnologia perfetta non esiste. Anche la LVAC-300 PET ha i suoi limiti. Io ne ho valutati 3.
- La Batteria in modalità Turbo: se pensate di fare tutta la casa (se avete più di 80-90 mq) sempre alla massima potenza, scordatevelo. In modalità Turbo, la bestia mangia energia. Dura il giusto per le “emergenze” (tipo la colazione di Buddy), ma per la pulizia settimanale completa meglio usare la modalità Eco o Standard, che sono comunque stra sufficienti per polvere e peli.
- L’alloggiamento: non è un vero e proprio difetto, e forse sono io a essere schizzinoso. Ha una ottima stazione di ricarica, a muro, nello stile delle scope elettriche super costose e blasonate. Ed è ottimo. E potete ricaricarlo anche in una presa qualsiasi ma l’alloggiamento è in una posizione che non lo rende immediatamente visibile. LVAC-200 aveva una presa di ricarica laterale un po’ più evidente.
Levoit LVAC-300 PET, il verdetto: vale l’upgrade?
Torniamo alla domanda iniziale. Io venivo dal Levoit LVAC-200, che era un ottimo soldato semplice. Il Levoit LVAC-300 PET è un sergente maggiore.
Se non avete animali, forse il 200 vi basta ancora. Ma se avete un “Buddy” in casa, se combattete quotidianamente contro peli, crocchette volanti e terra portata dal giardino, la differenza di potenza e la spazzola anti-groviglio del 300 valgono tutto il prezzo (davvero ottimo) moneta su moneta.
È l’aspirapolvere definitivo? Probabilmente no, il futuro ci riserverà robot autonomi che ci faranno anche il caffè (ci stiamo lavorando, continuate a leggerci). Ma per l’adesso, per il “qui e ora” di una casa con un cane pasticcione e un padrone pigro che vuole il massimo risultato col minimo sforzo, questo è assolutamente un best buy.
Sta in piedi da solo, illumina lo sporco che non volevi vedere, ha un prezzo fantastico e si pulisce in un attimo. Buddy continuerà a sporcare, io continuerò a pulire, questo è sicuro.
Ma almeno adesso la battaglia è ad armi pari.
Voto: 8.5/10 (Mezzo punto in più per i LED che mi fanno sentire in un film di fantascienza). Lo trovate qui.