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18 Febbraio 2020
in Robotica

Ricercatori giapponesi verso una pelle artificiale che “sente” dolore

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Ricercatori giapponesi verso una pelle artificiale che “sente” dolore
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Tags: pelle sintetica

Una pelle artificiale morbida in grado di percepire "dolore" grazie ad una serie di sensori può migliorare molto l'empatia tra robot e umani. Ma basterà?

Gianluca Ricciodi Gianluca Riccio
3 minuti di lettura

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Un team di ricercatori in Giappone (e dove, sennò?) sta lavorando su una pelle sintetica che potrebbe aiutare i robot a entrare in empatia con gli esseri umani.

Un team di ricerca dell’Università di Osaka in Giappone sta lavorando su una pelle artificiale che un giorno potrebbe aiutare i robot a “provare” dolore. Chissà che l’invenzione non contribuisca a dare un po’ di anima ad oggetti come questi.

Seppure al momento i veri robot “sensibili al tatto” siano lontani, questa ricerca segna un importante passo in avanti per renderli realtà. La tecnologia funziona incorporando sensori in una pelle morbida e artificiale in grado di rilevare il tatto, dallo sfioramento gentile a sensazioni più “dolorose”, come essere colpiti.

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Annunciati nell’incontro annuale dell’American Association for the Advancement of Science, i robot dotati di questa pelle potrebbero potenzialmente segnalare emozioni.

Pelle artificiale, empatia reale

Minoru Asada, un membro del gruppo di ricerca, dice che questo piccolo sviluppo potrebbe in definitiva portare i robot a provare dolore come le persone reali. Lui lo definisce un “sistema nervoso doloroso” artificiale.

In caso di successo, si spera che ciò aiuti i robot a comprendere il dolore emotivo e fisico come gli esseri umani.

Il team giapponese ha già sviluppato una testa robotica dall’aspetto inquietantemente realistico che può cambiare le espressioni facciali in risposta ai segnali tattili e dolorosi della pelle sintetica. Ha un nome italiano, “Affetto”, e può captare in modo affidabile una serie di sensazioni tattili. Date un’occhiata.

Un futuro di robot migliori

Secondo il neuroscienziato Kingson Man dell’Università South California, questo sviluppo potrebbe consentire in futuro un’interazione più ricca tra le macchine e il mondo. La pelle morbida e sensibile dovrebbe consentire la “possibilità di interagire in modi più versatili ed empatici” .

Asada spera che questo sviluppo possa aprire la porta all’apprendimento nei robot, per far loro riconoscere meglio il dolore negli umani. Sarebbe un’abilità di vitale importanza per i robot progettati per aiutare gli altri, come gli anziani.

Non solo pelle: al robot non bastano sensazioni, servono sentimenti

“Esiste un’importante distinzione tra un robot che risponde in modo prevedibile a uno stimolo doloroso e un robot in grado di approssimare un sentimento interno”, afferma Antonio Damasio, neuroscienziato all’Università South California. In un recente articolo, lui e Man sostengono che se i robot fossero programmati per sperimentare uno stato mentale del dolore, non solo fisico, allora potrebbe davvero sorgere un “sentimento artificiale.

I robot con sensori tattili che rilevano il tatto e il dolore sono “come avere un robot che sorride quando gli parli”, dice Antonio Damasio. “Sono dispositivi per la comunicazione tra una macchina e un essere umano.” Sebbene si tratti di uno sviluppo interessante, “non è la stessa cosa” di un robot progettato per sviluppare una sorta di esperienza interna, ha aggiunto.

È ancora da vedere se il team sarà in grado di allestire un robot “sensibile” a partire da questa pelle sintetica. Ma è un interessante passo avanti nell’integrare perfettamente i robot nella società umana.

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L’autore

Gianluca Riccio, copywriter e giornalista - Classe 1975, è direttore creativo di un'agenzia pubblicitaria, è affiliato ad Italian Institute for the Future, World Future Society e H+, Network dei Transumanisti Italiani.

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