Quante volte guardando The Truman Show o Matrix ci ha sorpreso un pensiero: e se vivessimo davvero in una simulazione? Una suggestione stravagante, non c’è dubbio, ma qualcuno ha preso la cosa anche sul serio.
Elon Musk, CEO di SpaceX e mezzo chilo di altre aziende, ha apertamente sostenuto il concetto. Per l’astronomo Neil DeGrasse Tyson la probabilità è 50%/50%, così come per il professor David Kipping della Columbia University. Altri invece lo considerano un esercizio mentale, non scientifico e non dimostrabile. Come dar loro torto?
In questo post non si esplora la possibilità che l’ipotesi della simulazione sia vera, ma quali sarebbero le sue implicazioni. E a pensarci, sembra che esistere in uno strano videogioco iperrealistico potrebbe essere perfino lo scenario migliore per noi. Forse dovremmo addirittura sperare di vivere in una simulazione. Perchè?
Ipotesi della simulazione: è in piedi dalla notte dei tempi
Citata per secoli con l’allegoria della caverna di Platone o il concetto di demone malvagio di Cartesio, la moderna teoria della simulazione oggi nasce dal lavoro del filosofo svedese Nick Bostrom, quindi dal 2003. Un lavoro complesso, che con una certa dose di faccia tosta posso sintetizzare in tre scenari, dei quali uno è necessariamente vero.
Scenario 1: raggiungiamo il punto in cui possiamo rendere una simulazione indistinguibile dal mondo naturale. Quindi, ne facciamo una.
Scenario 2: acquisiamo la tecnologia per realizzarne una, ma per qualche ragione non la realizziamo.
Scenario 3: non raggiungiamo mai quel punto (ovvero: gli umani si estinguono prima che possiamo costruirne una).
L’ascesa della tecnologia
Prima di esaminare gli scenari, vediamo lo stato dell’Arte. Ovviamente la tecnologia ha ancora molta strada da fare prima di creare una simulazione così dettagliata, ma i progressi digitali sono diventati apparentemente inarrestabili.
40 anni fa avevamo Pong: due rettangoli e un punto. Ora abbiamo simulazioni 3D fotorealistiche con milioni di persone che giocano contemporaneamente. Tra altri 40 anni cosa avremo?
Dei ricercatori giapponesi hanno recentemente creato una versione digitale dell’universo che chiunque può esplorare. L’hanno chiamata Uchuu , che in giapponese significa “spazio esterno”. Non ha persone al suo interno, ma è considerata la “simulazione più realistica dell’universo fino ad oggi” e ha lo scopo di aiutare gli scienziati a studiare come si è evoluto il cosmo.
Altri ricercatori, invece, hanno persino provato a calcolare quanto tempo mancherebbe al momento in cui premeremo un pulsante e accenderemo questa ”vita simulata”. Lo scienziato informatico del MIT Rizwan Virk ci ha scritto perfino un libro.
Se siete arrivati fino a questo punto dell’articolo vi faccio i miei complimenti. Ora fate un bel respiro, perchè le cose si complicano ulteriormente.
Esaminiamo gli scenari
Bene. Immaginiamo quel momento: è un mercoledì sera, stiamo guardando la tv e ci danno la notizia che da oggi si può accendere una simulazione della vita indistinguibile dalla realtà. Basta premere un pulsante ”Start”. Che facciamo? Lo premiamo o no, questo pulsante?
Difficile pensare che rinunceremo a farlo. Qualcuno probabilmente lo premerà per curiosità, anche solo per dimostrare che non accadrà nulla. Ci sono miliardi di persone nel mondo: ecco perchè lo scenario 2 è altamente improbabile. Bostrom la esclude decisamente. Restano gli scenari 1 e 2. Facciamo che decidiamo di premere questo pulsante.
Scenario 1: accendiamo la simulazione
In vero stile Inception, un mondo simulato all’interno del nostro avrebbe una sua linea temporale. Il primo giorno potrebbe simulare il Big Bang. Poi ci sarebbero le città, le democrazie, le guerre, chissà. La ”gente simulata” creerebbe tecnologie avanzate, si svilupperebbe ancora, e alla fine avrebbe lo stesso nostro problema, quello dei suoi creatori. Si: creerebbero una simulazione anche loro, e si troverebbero anche loro davanti ad un pulsante: lo premerebbero o no?
Come noi, Bostrom suggerisce che probabilmente lo premerebbero, l’irresistibile pulsante. E così via. Questo implica che se è stata creata anche solo una simulazione dell’universo, potrebbe esserci una quantità infinita di simulazioni.
In un caso del genere, quante probabilità avremmo di essere proprio noi la ”realtà reale”, e non una delle innumerevoli simulazioni? Ci sono paper che tentano di calcolare la probabilità di un risultato del genere. E ci stiamo davvero avvicinando a quel 50%/50% di cui parlavamo sopra.
Scenario 3: nessuna simulazione
E se non arrivassimo mai al livello in cui possiamo creare una simulazione realistica? Questo significa che qualcosa ci ha impedito di farlo. Cosa? La tecnologia smetterà improvvisamente di migliorare? O peggio, il mondo finirà? Entrambi scoraggianti, ma possibili.
Considerando la rapidità con cui la tecnologia sta diventando sempre più sofisticata, il punto in cui le realtà simulate possono essere realizzate è probabilmente più vicino di quanto pensiamo. Questo significa che se siamo in uno scenario 3, lo ”stop” alla tecnologia (o all’umanità) è molto vicino.
E poi c’è chi nella simulazione non crede per niente
Ciò che ci solleva dal problema è che ci sono diversi filosofi e scienziati che hanno controargomentazioni alla teoria della simulazione. Se hanno ragione loro, niente di tutto questo discorso ha importanza.
Ad esempio, un team di fisici teorici dell’Università di Oxford afferma che non ci sono abbastanza atomi nell’universo per creare memoria di calcolo sufficiente per memorizzare una simulazione realistica non dell’universo, ma anche solo della coscienza umana.
Se ha ragione Bostrom, però, lo scenario in cui creiamo (o viviamo in una) simulazione è assolutamente da preferire a quelli nei quali non riusciamo a crearla, perchè vorrebbe dire che ci estingueremo, o qualcosa rovinerà completamente il nostro slancio di ricerca tecnologica.