I ricercatori dell’Università di Princeton e dell’Università di Washington hanno sviluppato una fotocamera ultracompatta. E se vi dico “ultra, davvero ultra” compatta, credetemi: ha le dimensioni di un grosso granello di sale. Il sistema è stato sviluppato con una tecnologia chiamata metasuperficie. 1,6 milioni di perni cilindrici costituiscono la struttura incredibile di questo oggetto, che può essere prodotto in modo simile ad un chip per computer.
Una micro fotocamera come questa potrà fare la fortuna di tutti i programmi diagnostici e di rilevamento, perchè supera (tra l’altro) anche i problemi di definizione e di campo visivo di tutte le sue “concorrenti”, che pure erano molto più grandi.
Passami la fotocamera
Il nuovo sistema può produrre immagini nitide e a colori, e competere con un obiettivo fotografico convenzionale 500.000 volte più grande, scrivono i ricercatori in un articolo pubblicato ieri, 29 novembre, su Nature Communications.

Una fotocamera tradizionale utilizza una serie di lenti curve in vetro o plastica per mettere a fuoco i raggi luminosi. Questo nuovo sistema ottico si basa invece, come detto, su una tecnologia chiamata metasuperficie. Nello spazio di mezzo millimetro, questa tecnologia è in grado di sistemare più di un milione e mezzo di nanostrutture grandi più o meno come il virus dell’HIV.
La chiave della resa incredibile di questo oggetto è nella combinazione della progettazione avanzata con l’intelligenza artificiale, che ha permesso di progettare la struttura in modo da ottimizzare l’interazione di questi minuscoli cilindri ottici con la luce. Il risultato? Un sistema che potrebbe consentire l’imaging praticamente non invaasivo. Una intera superficie, un tessuto, magari un occhio artificiale potrebbe essere ricoperto letteralmente da queste matrici di “antenne ottiche”: tutto può diventare una fotocamera.
La ricerca
I ricercatori guidati da Felix Heide hanno confrontato le immagini prodotte dalla nuova fotocamera con i risultati delle precedenti fotocamere, comprese quelle metasuperficiali. Tutte soffrivano di distorsione dell’immagine e di capacità limitata nel catturare la luce. Ovviamente, tutte tranne una.
“È stata una sfida progettare e configurare queste piccole microstrutture”, dice Ethan Tseng, un dottorato di ricerca in informatica che ha co-diretto lo studio. “Per questo compito specifico di catturare immagini RGB con ampio campo visivo, è stato impegnativo perché ci sono milioni di queste piccole microstrutture e serviva progettarle in modo ottimale”.
Perchè questa fotocamera è una svolta
Sebbene l’approccio alla progettazione ottica non sia nuovo, questo è il primo sistema che utilizza una tecnologia ottica di superficie combinata in modo impeccabile con un’elaborazione neurale. Questa ricerca è riuscita a creare il binomio perfetto tra una progettazione estremamente precisa ed una ottimizzazione altrettanto precisa.
Ora Heide e i suoi colleghi stanno lavorando per aggiungere ulteriori capacità di calcolo alla fotocamera. Oltre all’ottimizzazione della qualità dell’immagine, vorrebbero aggiungere funzionalità per il rilevamento di oggetti e altre modalità utili per la medicina e la robotica.
Oltre alle applicazioni più “nobili”, inutile dire che anche quelle commerciali sarebbero tantissime. Si potrebbe evitare di sistemare una fotocamera (ma che dico, ne vedo a volte anche cinque) dietro uno smartphone. L’intero retro del telefono potrebbe diventare un’unica fotocamera. E chissà cos’altro. Vogliamo parlare di videosorveglianza? Meglio di no, dai.