Il fegato è famoso per la sua capacità di rigenerarsi, in grado di ricrescere completamente anche dopo che due terzi della sua massa sono stati rimossi chirurgicamente.
In caso di gravi danni provocati al fegato da farmaci, abuso di alcool o obesità, però può verificarsi una insufficienza epatica. Se allo stadio terminale, l’insufficienza epatica oggi è trattabile solo con un trapianto.
E con la carenza di organi disponibili per il trapianto, questo è un problema serissimo. L’attesa media per un trapianto di fegato, 5 mesi, lascia non di rado delle vittime sulla sua strada.
Che accadrebbe se al posto di un trapianto ci fosse un farmaco che aiuta il fegato a rigenerarsi anche in questi casi?
A caccia di un “salva fegato”
Satdarshan Monga, Professore di Patologia e Medicina all’Università di Pittsburgh, dirige un laboratorio che studia la rigenerazione del fegato.
Recentemente, durante dei trial clinici con topi sovrappeso, ha scoperto che l’attivazione di una particolare proteina con un nuovo farmaco accelera la rigenerazione e la riparazione del fegato anche dopo un grave lesione epatica. Vi linko qui i test.
È una notizia che può portare ottime cose ad un organo così importante. Parliamo di un organo che svolge più di 500 funzioni chiave nel corpo (tra cui trasportare grassi o convertire glucosio in eccesso in glicogeno per la scomposizione delle tossine).
Le cellule epatiche, o epatociti, svolgono queste numerose funzioni con una strategia detta zonazione. In breve: il fegato è diviso in tre zone con compiti diversi, e le cellule sono dirette a svolgere funzioni specializzate attivando geni specifici in ciascuna zona. Tuttavia, ciò che esattamente controlla l’espressione di questi geni è stato poco compreso.
La chiave di tutto: le proteine Wnt
Negli ultimi due decenni, il team di Monga e altri laboratori hanno identificato un gruppo di 19 proteine chiamate Wnt che svolgono un ruolo importante nel controllo della funzione epatica e della rigenerazione (oltre che nella crescita delle cellule staminali embrionali).
Tuttavia, quali di queste proteine controllino effettivamente la zonazione e la rigenerazione, così come la loro posizione esatta nel fegato, erano un mistero.
Per risolverlo, il team diretto da Satdarshan Monga ha usato una nuova tecnologia chiamata cartografia molecolare e ha identificato dove sono attivi ben 100 geni che regolano le funzioni epatiche.
E cosa ha scoperto?
Solo due dei 19 geni Wnt , Wnt2 e Wnt9b erano funzionalmente presenti nel fegato. Wnt2 e Wnt9b si trovavano nelle cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni nella zona 3 del fegato, un’area che svolge un ruolo in diverse funzioni metaboliche.
La rimozione di questi due geni Wnt ha portato le cellule epatiche a esprimere solo geni tipici della zona 1, limitando significativamente la funzione generale del fegato. Anche la rigenerazione si è interrotta.
Questo suggerisce che le cellule del fegato sperimentano un’attivazione continua di geni che potrebbero modificare le loro funzioni, e Wnt è il principale regolatore di questo processo.
I test del farmaco che aiuta il fegato ad auto ripararsi
Dopo i primi test alla ricerca di soluzioni, il team ha testato un nuovo farmaco per aiutare a recuperare la zonazione e la rigenerazione del fegato. Questo farmaco, un anticorpo chiamato FL6.13, condivide funzioni simili con le proteine Wnt, inclusa l’attivazione della rigenerazione epatica.
Nei due giorni dello studio, i ricercatori hanno somministrato questo farmaco ai topi, e scoperto che il farmaco è stato in grado di recuperare quasi completamente la divisione cellulare del fegato e le funzioni di riparazione.
Alla fine, nei test di efficacia, il farmaco è stato “schierato” contro l’intossicazione da paracetamolo, una delle cause più comuni di gravi danni al fegato che richiedono un trapianto. E ha ridotto i biomarcatori del danno epatico nel sangue e la morte del tessuto epatico.
Ridurre i trapianti fino ad azzerarli?
La carenza di organi da trapiantare può essere ridotta o eliminata se interveniamo direttamente sulle malattie del fegato.
Servono iinvestimenti nella medicina farmacologica, ma la strada è quella giusta.