Il suicidio rappresenta una delle principali cause di morte a livello globale. Ogni anno, infatti, sono oltre 700.000 le persone che decidono di porre fine alla propria vita. In particolare, si tratta della quarta causa di morte per le persone comprese tra i 15 e i 29 anni.
Per cercare di prevenire queste tragiche situazioni, un gruppo di ricercatori ha deciso di indagare sulla genetica come possibile causa. L’obiettivo è quello di comprendere meglio i meccanismi alla base di questo fenomeno e, di conseguenza, individuare nuove strategie per prevenire il suicidio.
Lo studio
Duke Health, in collaborazione con la Durham Veteran’s Association, ha condotto uno studio su un vasto campione di veterani militari statunitensi, analizzando le cartelle cliniche di ben 633.778 individui. Nel corso dell’indagine, è emerso che ben 121.211 di questi veterani avevano presentato pensieri o azioni suicidari documentati nelle loro cartelle cliniche.
Il gruppo di controllo utilizzato per questo studio è stato costituito da individui appartenenti al medesimo campione, ma che non avevano una storia documentata di comportamenti autolesivi. Questo ha permesso di valutare l’effetto dell’esposizione al servizio militare sulla propensione al suicidio.
I risultati
Le ricerche condotte da Duke hanno portato alla completa analisi dell’intero genoma dei campioni di sangue di tutti i partecipanti allo studio. L’analisi ha messo in evidenza numerosi geni che erano più frequentemente presenti tra coloro che avevano pensieri o azioni suicidari documentati. Questa associazione era indipendente dal background dei partecipanti. In sostanza, ci sono 4 geni, quattro “cavalieri del suicidio” correlati a questo rischio e associati anche a condizioni psichiatriche come la depressione, l’ansia e le psicosi..
I quattro geni “cavalieri del suicidio”
- ESR1 è un gene che controlla la risposta del corpo agli estrogeni. Studi recenti hanno mostrato che un basso livello di questo gene può aumentare il rischio di soffrire di disturbi come lo stress post-traumatico e la depressione, entrambi fattori di rischio per il suicidio.
- DRD2 controlla la risposta del corpo alla dopamina, una sostanza chimica del cervello che ci fa sentire felici e motivati. Un basso livello di questo gene può aumentare il rischio di soffrire di suicidio, schizofrenia, disturbi dell’umore, ADHD e dipendenze.
- DCC si occupa della comunicazione tra le cellule del cervello. Studi recenti hanno mostrato che un alto livello di questo gene può aumentare il rischio di soffrire di diverse condizioni psichiatriche e di morire per suicidio.
- TRAF3 controlla invece l’infiammazione del cervello. Studi recenti hanno mostrato che un alto livello di questo gene può aumentare il rischio di comportamento antisociale, dipendenza da sostanze e ADHD, e può essere un fattore di rischio per il disturbo bipolare e il suicidio.
Verso trattamenti genetici contro il suicidio?
L’identificazione di questi quattro geni chiave potrebbe consentire di individuare nuovi trattamenti per le condizioni psichiatriche che spesso portano a un maggior rischio di suicidio. Un passo importante per salvare potenzialmente centinaia di migliaia di vite ogni anno. È suggestivo immaginare un futuro nel quale la genetica avanzata possa addirittura “fermare” la possibilità di suicidio in un embrione, prima ancora che un bambino venga al mondo.
I dubbi etici sorgono in ogni caso. Sapere che la predisposizione al suicidio o alla depressione hanno basi genetiche potrebbe fornire un set di informazioni importanti, che in mani sbagliate consentirebbero molto facilmente di manipolare le persone con queste difficoltà. Forse, però, il rischio vale la candela: nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, il suicidio è tutto fuorchè un gesto “politico” o identitario che rappresenta la libertà individuale.