L’ho visto accadere gradualmente, anno dopo anno, eppure mi sorprende ancora. La guerra tecnologica non è più una previsione futuristica: è una realtà spaventosamente presente e concreta. Sui campi di battaglia ucraini si muovono già droni assassini dotati di visione artificiale che volano autonomamente quando i sistemi GPS vengono disturbati. Sono guidati da reti neurali che interpretano il paesaggio, esattamente come farebbe un pilota umano.
Intanto, robot terrestri senza equipaggio trasportano munizioni, evacuano feriti, spingendosi nelle “zone morte” dove nessun soldato vorrebbe andare. L’industria della guerra tecnologica ha trovato nella visione artificiale il suo nuovo santo graal: sistemi che possono vedere, analizzare e decidere in frazioni di secondo, trasformando radicalmente il modo in cui si combatte, con le macchine che decidono per conto loro chi vive e chi muore.
Occhi meccanici che non si chiudono mai
La guerra tecnologica ha subito un’accelerazione impressionante negli ultimi anni. Non si tratta più solo di armi più potenti o precise, ma di sistemi autonomi che stanno ridefinendo le regole del gioco, dalla sorveglianza al controllo qualità nella produzione bellica.
Sistemi dotati di questa tecnologia possono identificare intrusi, seguirli attraverso molteplici telecamere e ridurre falsi allarmi. I droni equipaggiati con visione artificiale vengono dispiegati per scansionare il terreno alla ricerca di cecchini (che possono provvedere a eliminare) o equipaggiamenti nemici (che possono provvedere a distruggere), permettendo monitoraggio e controllo da remoto.
C’è qualcosa di profondamente inquietante in questo scenario: la guerra, che non è mai stata una manifestazione umana di cui essere fieri, sta diventando una manifestazione del tutto disumana. Sta diventando sempre più un videogioco con morti in carne e ossa.

La mente dietro la macchina
Secondo Cogent Infotech, la visione artificiale è “una derivazione degli incessanti progressi nel regno dell’intelligenza artificiale, che possiede la potente capacità di trarre profonde intuizioni da un intricato insieme di dati visivi”. Un’affermazione che, tradotta dal linguaggio aziendale, significa: abbiamo creato occhi artificiali che vedono meglio di noi e cervelli sintetici che possono elaborare queste informazioni senza stancarsi mai.
In Ucraina, questa evoluzione si manifesta in modo drammatico nella battaglia in corso tra i sistemi di disturbo russi e i sempre più intelligenti droni ucraini. Il jamming (disturbo dei segnali) e lo spoofing (invio di false informazioni di posizionamento) sono diventati sistemi centrali in questo conflitto. Ma non c’è solo questo.
Guerra tecnologica, l’evoluzione autonoma
L’azienda estone KrattWorks ha sviluppato droni chiamati Ghost Dragon dotati di “un sistema di navigazione ottica guidato da rete neurale, che consente al drone di continuare la sua missione anche quando tutti i collegamenti radio e di navigazione satellitare sono disturbati”.
In sintesi, il computer esegue una rete neurale che confronta immagini in tempo reale con immagini satellitari memorizzate per determinare la propria posizione. “Anche se si perde, può riconoscere alcuni modelli, come incroci, e aggiornare la sua posizione”, spiega Martin Karmin, CEO di KrattWorks.
La capacità di decisione autonoma di queste macchine, come prevedevo all’inizio del massacro ucraino, ha segnato un punto di non ritorno nella storia dei conflitti umani.

Eserciti senza carne (ma non per questo senza sangue)
Sul terreno, l’Ucraina ha annunciato lo schieramento di 15.000 Veicoli Terrestri Senza Equipaggio (UGV) per compensare la carenza di personale. Secondo Forbes, ci sono circa 50 tipi di UGV approvati, anche se solo 10-15 sono effettivamente in servizio regolare a causa delle sfide logistiche.
“Immaginate di portare una macchina da 1.000 chilogrammi in prima linea”, spiega Kateryna Bondar del Wadhwani AI Center. “È una questione logistica complessa, ma usare un UGV rimuove una persona dal rischio fisico”. Di certo, una persona che appartiene all’esercito in grado di schierare un UGV: non un soldato o un civile della “fazione opposta”.
Guerra tecnologica, il prossimo passo
Il futuro di questa tecnologia è chiaro: “tutto riguarda l’autonomia e l’IA”, afferma Bondar. L’uso di software intelligente permetterebbe agli UGV di navigare da soli, utilizzando immagini da droni autonomi che volano sopra.
La navigazione autonoma terrestre rimane una sfida maggiore rispetto a quella aerea. Come osserva Bondar, “anche in contesti civili, le auto a guida autonoma hanno ancora difficoltà con i casi limite su strade asfaltate nonostante anni di investimenti”.
In questo scenario, l’operatore umano diventa semplicemente un “comandante di missione”, che si limita a selezionare obiettivi e approvare le azioni autonome delle macchine. Fino a quando?
Il tramonto dell’umano
I prototipi di sistemi completamente autonomi esistono già nei laboratori di ricerca. Certo, il loro impiego diffuso sul campo di battaglia richiederà ancora qualche anno, ma la direzione della guerra tecnologica è chiara e irreversibile: le macchine stanno gradualmente sostituendo gli umani sui campi di battaglia.
Stiamo prestando abbastanza attenzione a queste evoluzioni? Mentre discutiamo di algoritmi etici in ambito civile, sul fronte militare la ricerca procede senza freni, creando sistemi sempre più autonomi e letali.
La guerra è sempre stata terribile, ma almeno era “umana”. C’era la possibilità della pietà, del rimorso, di una qualche resistenza agli ordini folli. Con i sistemi autonomi, questi elementi svaniscono. Non ci sarà più un soldato che si rifiuta di sparare o che decide di salvare un nemico ferito. Solo algoritmi freddi che eseguono comandi con precisione implacabile.
La domanda non è più se le macchine sostituiranno i soldati umani, ma quando. E quanto, anche. A giudicare dal ritmo dei progressi in Ucraina (o in Palestina), quel momento potrebbe essere molto, troppo più vicino di quanto vorremmo credere.