Tre cromosomi 21 invece di due. Questo piccolo “errore” genetico determina la vita di migliaia di persone nel mondo. Ma cosa succederebbe se potessimo semplicemente rimuovere quel cromosoma di troppo? I ricercatori giapponesi hanno trovato la risposta.
Utilizzando la tecnologia CRISPR, sono riusciti a eliminare il cromosoma extra con un’efficacia del 30%, dimostrando che è possibile correggere alla radice una delle condizioni genetiche più comuni al mondo.
CRISPR e sindrome di Down: una scoperta epocale
Il team guidato da Ryotaro Hashizume dell’Università di Mie ha pubblicato sulla rivista PNAS Nexus uno studio che potrebbe cambiare per sempre l’approccio alla sindrome di Down. Per la prima volta nella storia della medicina, i ricercatori sono riusciti a rimuovere completamente il cromosoma 21 extra dalle cellule umane, utilizzando la tecnologia di editing genetico CRISPR-Cas9.
La sindrome di Down, che colpisce circa un bambino ogni 700 nascite, è causata dalla presenza di tre copie del cromosoma 21 invece delle normali due. Questa condizione, chiamata trisomia 21, non è una malattia ma una variazione genetica che porta con sé caratteristiche uniche e, talvolta, sfide specifiche.

Il metodo sviluppato dai ricercatori giapponesi utilizza un approccio chiamato “editing allele-specifico”, che permette di tagliare con precisione solo il cromosoma extra, lasciando intatti quelli provenienti da entrambi i genitori.
Come funziona la tecnica per la trisomia
CRISPR-Cas9 funziona come una forbice molecolare guidata con estrema precisione. Nel caso specifico della trisomia 21, i ricercatori hanno progettato guide molecolari che riconoscono sequenze specifiche presenti solo sul cromosoma extra. Una volta identificato il bersaglio, l’enzima Cas9 taglia il DNA in punti multipli lungo il cromosoma.
La parte più affascinante del processo è quello che accade dopo: invece di riparare i tagli, la cellula decide di eliminare completamente il cromosoma danneggiato. Per aumentare l’efficacia di questo processo, i ricercatori hanno temporaneamente soppresso i meccanismi di riparazione del DNA delle cellule, ottenendo al momento tassi di successo fino al 30,6%.
La ricerca ha testato la tecnica su due tipi di cellule: cellule staminali pluripotenti indotte e fibroblasti della pelle prelevati da una persona con sindrome di Down. In entrambi i casi, l’eliminazione del cromosoma extra ha portato a un miglioramento delle funzioni cellulari.
Implicazioni etiche
Questa scoperta riapre inevitabilmente il dibattito etico sull’editing genetico e sulla neurodiversità. La sindrome di Down non è una malattia da “curare”, ma una condizione che porta con sé sfide e anche punti di forza unici. Le persone con sindrome di Down contribuiscono in modo prezioso alle loro comunità e famiglie, dimostrando spesso una resilienza e una gioia di vivere straordinarie.
Il rischio, sottolineato da molti attivisti e famiglie, è che ricerche come questa possano alimentare l’idea che la sindrome di Down sia “qualcosa da eliminare”. La tecnologia CRISPR solleva domande profonde: dovremmo usarla per modificare le caratteristiche genetiche umane?
Sindrome di Down, prospettive future
Nonostante i risultati promettenti, la strada verso un’eventuale applicazione clinica è ancora lunga e complessa. I ricercatori evidenziano diversi ostacoli da superare: il metodo può causare mutazioni indesiderate nei cromosomi rimanenti, la tecnica deve essere testata su tipi cellulari più rilevanti dal punto di vista clinico, e soprattutto, mancano studi sulla sicurezza a lungo termine.
I ricercatori sono cauti riguardo alle tempistiche: questa tecnologia è ancora lontana anni da qualsiasi possibile applicazione umana.
Nel frattempo, è importante ricordare che le persone con sindrome di Down conducono vite piene e significative. La vera sfida non è eliminare la diversità, ma costruire una società più inclusiva dove ogni persona, indipendentemente dalle sue caratteristiche genetiche, possa prosperare e contribuire secondo le proprie capacità uniche.