La scoperta arriva da uno studio pubblicato su Science Advances che ha analizzato i dati della missione Dawn, conclusasi nel 2018. I ricercatori dell’Università dell’Arizona, guidati da Samuel Courville, hanno costruito modelli termici sofisticati per simulare l’evoluzione interna di Cerere negli ultimi 4 miliardi di anni. Il risultato è sorprendente: la vita su Cerere sarebbe stata possibile tra 2,5 e 4 miliardi di anni fa, quando il pianeta nano possedeva tutte le condizioni per sostenere forme di vita microbiche.
E non aveva solo acqua liquida e composti organici: aveva anche una fonte stabile di energia chimica alimentata dal decadimento radioattivo del nucleo.
Le condizioni per la vita su Cerere: un mondo idrotermale
Cerere oggi è un mondo silenzioso. Temperature che oscillano tra i -93°C e i -33°C, nessuna atmosfera degna di nota, e una superficie butterata che racconta solo di impatti antichi. Ma i modelli sviluppati dal team di Courville dipingono un passato radicalmente diverso. Il nucleo roccioso del pianeta nano, circa 4 miliardi di anni fa, raggiunse temperature fino a 800 Kelvin (527°C) grazie al decadimento di isotopi radioattivi come l’alluminio-26 e il potassio-40.
Questo calore interno innescò processi metamorfici nelle rocce profonde, liberando gas come idrogeno e anidride carbonica che risalirono attraverso un oceano sotterraneo salato. Un po’ come le sorgenti idrotermali terrestri, ma su scala planetaria. Come confermano gli studi più recenti, questo processo avrebbe creato condizioni ideali per sostenere metabolismi microbici basati su reazioni chimiche.
“Sulla Terra, quando l’acqua calda proveniente dalle profondità del sottosuolo si mescola con l’oceano, il risultato è spesso un vero e proprio buffet per i microbi”, spiega Courville. Un singolo chilogrammo di fluido idrotermale di Cerere avrebbe potuto supportare fino a 3 trilioni di cellule microbiche.
La finestra dell’abitabilità perduta
I calcoli sono precisi quanto impietosi. La fase più abitabile di Cerere si collocherebbe tra 500 milioni e 2 miliardi di anni dopo la sua formazione. In termini geologici, un battito di ciglia. Ma abbastanza lungo perché, ipoteticamente, forme di vita primitive potessero non solo emergere, ma anche evolversi e prosperare.
Come funzionava? I fluidi bollenti, carichi di molecole energetiche, risalivano dal nucleo riscaldato e si mescolavano con l’oceano sotterraneo più freddo. Questa differenza di temperatura e composizione chimica creava gradienti redox (reazioni di ossidoriduzione), esattamente il tipo di ambiente che sulla Terra permette ai microrganismi chemiosintetici di prosperare senza bisogno di luce solare.
Poi, inevitabilmente, il combustibile si esaurì. Gli isotopi radioattivi decaddero, il calore interno diminuì, e l’oceano di Cerere si trasformò lentamente in una salamoia concentrata e fredda. Come riportato dalle analisi più recenti, gran parte dell’acqua liquida si solidificò in ghiaccio, mentre ciò che restava si confinò in sacche isolate.

Oltre Cerere: un modello per altri mondi
La scoperta ha implicazioni che vanno ben oltre un singolo pianeta nano. Cerere, con i suoi 940 chilometri di diametro, è rappresentativo di molti corpi ghiacciati del sistema solare esterno. Decine di lune e asteroidi condividono dimensioni e composizione simili, ma non beneficiano del riscaldamento mareale che mantiene attive le lune di Giove e Saturno come Europa ed Encelado. Se la vita su Cerere è stata possibile in passato, lo stesso potrebbe valere per molti altri piccoli mondi.
“Se Cerere era abitabile in passato, allora probabilmente ci sono decine di asteroidi e lune che erano anch’essi abitabili”, osserva Joe O’Rourke, coautore dello studio. Una prospettiva che amplia drammaticamente la ricerca di ambienti potenzialmente abitabili nel nostro sistema solare.
Una ricerca precedente aveva già identificato una famiglia di asteroidi “mini-Cerere” ricchi di acqua e carbonio. Questi corpi potrebbero essere stati i portatori degli ingredienti per la vita sulla Terra primordiale, confermando il ruolo cruciale dei piccoli mondi ghiacciati nella distribuzione della vita nel sistema solare.
Il futuro delle esplorazioni
Cerere oggi tace, ma gli scienziati non hanno finito di interrogarlo. Il team di ricerca suggerisce che una missione di raccolta campioni potrebbe rivelare impronte isotopiche lasciate dai fluidi del nucleo profondo nei depositi salini superficiali. Una sorta di firma chimica che confermerebbe definitivamente l’antica attività idrotermale e fornirebbe prove conclusive sulla vita su Cerere.
La National Academies’ 2022 decadal survey ha già raccomandato questo tipo di missione sotto il tema “Origins, Worlds, and Life”. Non resta che attendere che qualcuno decida di tornare a far visita a questo piccolo mondo che, miliardi di anni fa, forse brulicava di vita microscopica.
Cerere ci ricorda che l’abitabilità non è prerogativa esclusiva dei pianeti rocciosi nella zona abitabile delle loro stelle. A volte basta un cuore radioattivo, un po’ di acqua salata e molto, molto tempo. E chissà quanti altri piccoli mondi, nell’immensità dello spazio, stanno conservando i segreti di antichi oceani e di vita dimenticata.