La zona abitabile di una stella è quella fascia di spazio dove un pianeta può mantenere acqua liquida sulla superficie. Trovarla è la chiave per scoprire mondi potenzialmente abitabili. Però c’è un problema: i telescopi attuali, anche il James Webb da 6,5 metri, non riescono a separare la luce di un pianeta terrestre da quella della sua stella a 30 anni luce di distanza. Serve una risoluzione che richiede almeno 20 metri di diametro. Gli astrofisici hanno trovato una soluzione elegante: invece di costruire un telescopio circolare gigantesco, usarne uno rettangolare 1×20 metri. Stesso risultato, tecnologia più semplice.
Zona abitabile: il problema che blocca tutto
Osservare un esopianeta separatamente dalla stella che orbita è come cercare di vedere una lucciola accanto a un faro. Anche nel migliore dei casi, la stella è un milione di volte più luminosa del pianeta. Se i due oggetti si confondono insieme, non c’è speranza di rilevare il pianeta. La teoria ottica dice che la migliore risoluzione ottenibile nelle immagini dipende dalle dimensioni del telescopio e dalla lunghezza d’onda della luce osservata.
I pianeti con acqua liquida emettono più luce a lunghezze d’onda intorno ai 10 micron (lo spessore di un capello umano e 20 volte la lunghezza d’onda tipica della luce visibile). A questa lunghezza d’onda, un telescopio deve raccogliere luce su una distanza di almeno 20 metri per avere risoluzione sufficiente a separare la Terra dal Sole a una distanza di 30 anni luce.
Il telescopio James Webb ha appena 6,5 metri di diametro, e anche quello è stato estremamente difficile da lanciare. Dispiegare un telescopio spaziale da 20 metri sembra fuori portata con la tecnologia attuale: è per questo che gli scienziati hanno esplorato approcci alternativi.
La rivoluzione rettangolare: come cambia tutto
Un nuovo studio pubblicato su Frontiers in Astronomy and Space Sciences propone un’alternativa più fattibile. I ricercatori dimostrano che è possibile trovare pianeti simili alla Terra nella zona abitabile di stelle simili al Sole con un telescopio delle stesse dimensioni del James Webb, operando alla stessa lunghezza d’onda infrarossa di 10 micron, ma con uno specchio rettangolare di 1×20 metri invece che circolare di 6,5 metri di diametro.
Con uno specchio di questa forma e dimensione, possono separare una stella da un esopianeta nella direzione in cui il telescopio è lungo 20 metri. Per trovare esopianeti in qualsiasi posizione intorno a una stella, lo specchio può essere ruotato così che il suo asse lungo si allinei a volte con stella e pianeta. Il team dimostra che questo design può in principio trovare metà di tutti i pianeti simili alla Terra esistenti che orbitano stelle simili al Sole entro 30 anni luce in meno di tre anni.
Perché il telescopio “tradizionale” fallisce con le zone abitabili
Gli approcci attuali si scontrano con ostacoli tecnici enormi. Un’idea coinvolge il lancio di telescopi multipli più piccoli che mantengono distanze estremamente accurate tra loro, così che l’intero set funzioni come un telescopio con grande diametro. Ma mantenere la precisione di posizionamento richiesta (che deve essere calibrata esattamente alla dimensione di una molecola tipica) è attualmente inattuabile.
Altre proposte usano luce a lunghezza d’onda più corta, così che un telescopio più piccolo possa essere utilizzato. Tuttavia, in luce visibile, una stella simile al Sole è più di 10 miliardi di volte più luminosa della Terra. Va oltre le capacità attuali bloccare abbastanza luce stellare per riuscire a vedere il pianeta in questo caso, anche se in principio l’immagine ha risoluzione sufficientemente alta.
Una delle idee più ambiziose per bloccare la luce stellare coinvolge far volare un’astronave chiamata “starshade” di decine di metri di larghezza, a una distanza di decine di migliaia di chilometri davanti al telescopio spaziale, così che blocchi esattamente la luce dalla stella mentre la luce di un pianeta compagno non viene bloccata.
Il potenziale del telescopio dal design rettangolare
Il design rettangolare non richiede sviluppo tecnologico intenso, come invece è il caso per altre idee principali. Se c’è circa un pianeta simile alla Terra che orbita la stella media simile al Sole, allora troveremmo circa 30 pianeti promettenti. Lo studio di follow-up di questi pianeti potrebbe identificare quelli con atmosfere che suggeriscono la presenza di vita, per esempio ossigeno, che si è formato attraverso la fotosintesi.
Secondo Aniket Sanghi del California Institute of Technology, che ha condotto recenti osservazioni nella zona abitabile con tecnologie avanzate:
“L’osservazione diretta di mondi nella zona abitabile è già possibile con le tecnologie attuali, se abbinata alla fortuna di avere sistemi vicini”.
L’idea di abbandonare la forma circolare tradizionale del telescopio non è solo una questione di ingegneria: è una rivoluzione concettuale che potrebbe accelerare drasticamente la nostra comprensione dell’universo e rispondere finalmente alla domanda fondamentale: siamo soli?