Salvare una vita trasformando un organo in vetro. Sembra un controsenso, eppure è esattamente quello che sta accadendo nei laboratori di criobiologia più avanzati del mondo. La vitrificazione non congela gli organi: li trasforma in uno stato amorfo, cristallino, dove il tempo si ferma e le cellule restano sospese tra vita e morte. Una tecnica che sfida le leggi della fisica per aggirare i limiti della biologia. E sta funzionando.
Il problema è sempre stato lo stesso: il freddo che dovrebbe salvare finisce per uccidere. Quando l’acqua all’interno delle cellule si congela, forma cristalli taglienti come microscopiche lame che lacerano membrane e strutture vitali. Un paradosso che ha limitato per decenni la conservazione degli organi destinati ai trapianti.
La scoperta che cambia le regole del gioco
I ricercatori dell’Università del Texas A&M hanno pubblicato su Nature Scientific Reports uno studio che potrebbe ridisegnare il futuro della medicina trapiantologica. Matthew Powell-Palm, assistente professore di ingegneria meccanica, ha identificato il fattore chiave per evitare le microfratture che compromettono la vitrificazione degli organi di grandi dimensioni.
“Abbiamo scoperto che temperature di transizione vetrosa più elevate riducono la probabilità di formazione di crepe”, spiega Powell-Palm. Un dettaglio tecnico che nasconde una vera svolta: finalmente è possibile pensare alla conservazione a lungo termine di organi interi, non solo di piccoli campioni cellulari.

La vitrificazione, beninteso, non è una novità assoluta. Viene già utilizzata con successo per conservare ovuli, spermatozoi e tessuti di piccole dimensioni nei trattamenti di fertilità. Il salto verso organi completi rappresenta però una sfida completamente diversa: strutture grandi e complesse sono soggette a stress termici che provocano fratture fatali durante il processo.
Come abbiamo raccontato qui su Futuro Prossimo, la ricerca per “resuscitare” organi danneggiati sta facendo passi da gigante: dai sistemi OrganEx che riparano cellule di maiali morti da un’ora, fino ai primi organi trasparenti creati per la stampa 3D.
Come funziona il “vetro biologico”
La magia della vitrificazione sta nel suo nome stesso, dal latino vitrum, vetro. Il processo trasforma i liquidi cellulari in una sostanza simile al vetro, evitando completamente la formazione di cristalli di ghiaccio. Un po’ come se si riuscisse a fermare il tempo all’interno delle cellule.
Le soluzioni di vitrificazione, miscele speciali che vengono infuse nei tessuti per sostituire l’acqua, proteggono le cellule durante il raffreddamento ultrarapido. L’obiettivo è raggiungere lo stato vetroso prima che le molecole d’acqua abbiano il tempo di organizzarsi in strutture cristalline dannose.
Nel 2023, un team dell’Università del Minnesota aveva già dimostrato la fattibilità trapiantando con successo un rene di ratto precedentemente crioconservato. Un traguardo che ha aperto la strada alla ricerca texana, concentrata specificamente sul miglioramento delle soluzioni di vitrificazione per organi di dimensioni maggiori.
Vitrificazione, oltre il confine della medicina
Le implicazioni vanno ben oltre i trapianti d’organo. La vitrificazione perfezionata potrebbe trasformare l’intera “catena del freddo” biologica: dalla conservazione della biodiversità allo stoccaggio farmaceutico, fino alla riduzione degli sprechi alimentari.
In Italia, secondo i dati diffusi a gennaio dalla Rete Nazionale Trapianti, nel 2024 sono stati eseguiti 4.692 trapianti, consolidando il secondo posto europeo dopo la Spagna. Un risultato eccellente che non cancella il problema di fondo: oltre 8.000 pazienti sono ancora in lista d’attesa, principalmente per trapianti renali.
La conservazione prolungata potrebbe aumentare drasticamente il numero di organi disponibili, permettere abbinamenti più precisi tra donatori e riceventi, e migliorare la qualità complessiva dei trapianti. Senza contare la possibilità di trasportare organi su distanze maggiori, aprendo scenari di collaborazione internazionale oggi impensabili.
Le sfide ancora da superare
“La formazione di crepe è solo una parte del problema”, avverte Powell-Palm. “Le soluzioni devono essere biocompatibili con i tessuti”. La ricerca richiede competenze trasversali: fisica, chimica, biologia e ingegneria devono lavorare insieme per perfezionare ogni aspetto del processo.
Il team texano ha utilizzato evidenze sperimentali e computazionali per studiare come le soluzioni di vitrificazione possano essere migliorate per proteggere campioni di grandi dimensioni. Una ricerca che integra chimica fisica, fisica del vetro, termomeccanica e criobiologia in un approccio olistico tipico dell’ingegneria moderna.
Le tecniche di editing genetico e i progressi negli xenotrapianti (trapianti tra specie diverse) rappresentano fronti paralleli nella lotta contro la carenza di organi. La FDA americana ha recentemente approvato la prima sperimentazione di xenotrapianti renali sull’uomo, mentre in Italia il divieto sugli xenotrapianti è prorogato fino al 2025.
Vitrificazione, verso l’immortalità degli organi
La strada è ancora lunga, ma la direzione è chiara. Forse, tra qualche anno, l’utopia dell’immortalità degli organi diventerà realtà clinica. Non immortalità nel senso romantico del termine, ma in quello pratico: organi che possono aspettare il tempo necessario per trovare il ricevente perfetto.
Sarà un futuro, quello, in cui nessuno muore più in lista d’attesa perché il suo organo ideale era dall’altra parte del mondo. Un futuro fatto di vetro biologico che non si rompe mai.