Tre miliardi di persone nel mondo vivranno in condizioni simili al deserto del Sahara. La temperatura media salirà di 3 gradi entro il 2070. L’intelligenza artificiale avrà eliminato il 40% dei lavori entry-level. Sono queste le “visioni” che emergono quando si prova a immaginare il mondo che la generazione Z erediterà da anziana. Non previsioni apocalittiche, ma proiezioni scientifiche pubblicate su riviste come PNAS e confermate dal World Economic Forum. Dal collasso climatico alla disoccupazione tecnologica, dalle disuguaglianze estreme ai possibili scenari di adattamento: il futuro sembra già scritto.
Le sfide che attendono la generazione Z: il pianeta che brucia…
Quando i ragazzi della generazione Z avranno 70 anni, il pianeta potrebbe aver superato i 3 gradi di riscaldamento globale rispetto all’era preindustriale. Uno studio dell’Università di Wageningen e di quella di Nanjing, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Science, calcola che entro il 2070 circa 3,5 miliardi di persone si ritroveranno a vivere in luoghi caldi come lo è oggi il deserto del Sahara. La temperatura media percepita dall’uomo si alzerebbe di circa 7,5 gradi in alcune aree, rendendo quasi invivibili zone come l’Africa subsahariana, parti del Medio Oriente, l’India, l’Australia e il Sud America.
Se oggi solo lo 0,8% delle superfici terrestri registra temperature medie superiori ai 29 gradi, in soli 50 anni questa percentuale potrebbe salire al 19%. Il rapporto è chiaro: anche rispettando gli Accordi di Parigi, non si eviterebbe l’aumento di 3 gradi. La Terra si riscalda più velocemente degli oceani, e il meccanismo di feedback del carbonio amplifica ulteriormente il fenomeno.
…il lavoro che scompare…
Ma il clima non è l’unico problema. L’intelligenza artificiale sta già rubando il lavoro ai più giovani. Secondo una ricerca di SignalFire, nel 2024 le aziende tecnologiche hanno assunto il 25% in meno di neolaureati rispetto al 2023. Il Future of Jobs 2025 del World Economic Forum conferma: il 40% dei datori di lavoro prevede di ridurre il proprio organico nei settori dove l’AI è in grado di automatizzare le attività.
I lavori entry-level sono i primi a cadere. Coding semplice, debugging, mansioni di back office, assistenza clienti: tutto quello che un tempo serviva ai giovani per farsi le ossa ora lo fa un algoritmo. Aziende come Goldman Sachs e Morgan Stanley hanno già preso in considerazione la possibilità di ridurre fino a due terzi le assunzioni di personale junior. Il paradosso è noto: le aziende cercano persone con esperienza, ma non permettono ai giovani di farsela.
Secondo LinkedIn, la generazione Z è la più pessimista riguardo al proprio futuro rispetto a qualsiasi altra fascia d’età. I giovani sanno che quello che bastava fino a qualche anno fa per entrare nel mondo del lavoro ora è superfluo. L’unica strada sembra essere l’acquisizione di competenze in AI, trasformando la minaccia in un’opportunità.
a ricchezza che si concentra
E poi ci sono le disuguaglianze. Nel 2024 la ricchezza dei miliardari è cresciuta di 2 mila miliardi di dollari, pari a circa 5,7 miliardi al giorno, a un ritmo tre volte superiore all’inflazione. L’1% più ricco della popolazione mondiale possiede più del 45% della ricchezza globale. In Italia, oltre 2,2 milioni di famiglie vivono in povertà assoluta, mentre i super-ricchi continuano ad accumulare fortune a ritmi parossistici.
La generazione Z erediterà un mondo dove il debito pubblico sarà insostenibile, i servizi sociali ridotti all’osso e la mobilità sociale praticamente azzerata. La classe media si assottiglia, i lavori precari aumentano, e l’ascensore sociale si è rotto da tempo. Oltre un terzo delle fortune dei miliardari deriva da eredità, cristallizzando le differenze di opportunità nel passaggio da una generazione all’altra.
C’è chi ci crede ancora
Eppure, non tutti vedono solo nero (specie tra le fila della mia generazione, la X). Qualcuno sostiene che la tecnologia creerà più posti di lavoro di quanti ne distrugga. Il World Economic Forum prevede che potrebbero nascere fino a 78 milioni di nuovi posti entro pochi decenni. Altri fanno notare che tre progetti di AI su quattro non raggiungono il ritorno sull’investimento promesso, e che molte aziende stanno già facendo marcia indietro, riassumendo personale umano dopo aver esagerato con le automazioni.
Sul fronte climatico, c’è chi punta tutto sulle tecnologie di rimozione del carbonio, sulle energie rinnovabili e sull’adattamento delle società. La speranza è che la stessa generazione Z, cresciuta con la consapevolezza della crisi climatica, possa guidare un cambio di rotta radicale. Dopotutto, sono loro che hanno riempito le piazze con i Fridays For Future, loro che chiedono ai governi azioni concrete.
Secondo il demografo Mark McCrindle, la generazione che seguirà quella attuale che è l’Alpha (parlo della Generazione Beta, nata dal 2025) rappresenterà il 16% della popolazione mondiale entro il 2035. Molti di loro vivranno fino al XXII secolo. Se la Gen Z dovrà affrontare il peggio della transizione climatica, forse le generazioni successive potranno raccogliere i frutti degli sforzi di oggi.
E dopo la Generazione Z?
Che mondo erediterà la generazione Z? Probabilmente uno molto più caldo, molto più iniquo e molto più automatizzato di quello in cui sono cresciuti. Ma forse anche uno dove avranno imparato a convivere con l’intelligenza artificiale invece di subirla, dove le energie rinnovabili avranno sostituito i combustibili fossili, dove nuove forme di organizzazione sociale avranno ridotto le disuguaglianze.
O forse no. Forse nel 2070 guarderemo indietro e ci chiederemo come abbiamo fatto a sprecare l’ultima occasione. Finché qualcuno non farà la domanda giusta: e la generazione successiva? Cosa erediterà da noi?