Ogni lunedì mattina, più di cento persone si ritrovano con Giovanni Traverso in un’aula del Brigham and Women’s Hospital a Boston. C’è cibo per tutti, un’ora di socialità, e poi si comincia. Ingegneri meccanici, biologi, veterinari, medici. Ognuno porta il suo pezzo. Un esperto di cellule staminali commenta un progetto di ingegneria meccanica. Un ingegnere elettrico nota un difetto in un sistema di somministrazione farmaci. Sono tutti lì per la stessa ragione: inventare modi nuovi per portare medicine nel corpo umano.
Benvenuti in LT4E nel Laboratory for Translational Engineering, un posto dove le pillole si trasformano in stelle che restano nello stomaco per una settimana, e dove le capsule prendono spunto dai calamari per iniettare farmaci senza aghi. Vi ho confusi abbastanza? Perdonatemi: ora chiarisco meglio. A partire da Giovanni Traverso, che ho menzionato all’inizio. Chi è?
Il medico che non si è fermato a curare
Giovanni Traverso ha 49 anni. È nato a Cambridge, in Inghilterra, ma è cresciuto in Perù, poi in Canada, poi di nuovo in Inghilterra. Suo padre era peruviano con radici italiane, sua madre nicaraguense. Quando aveva 14 anni la sua famiglia si è trasferita a Toronto, in Canada, per sfuggire alle turbolenze politiche in Perù. Al liceo, finiti i corsi obbligatori in anticipo, segue il consiglio di un insegnante di chimica e si iscrive ad un programma di studio che lo porta in un laboratorio di genetica al Toronto Hospital for Sick Children.
Lì passa i pomeriggi a mappare il cromosoma 7 e a imparare tecniche di biologia molecolare come la PCR. È il periodo pionieristico della genomica, e Traverso si innamora del processo scientifico: fare una domanda, progettare un esperimento, trovare una risposta.
Decide di studiare medicina a Cambridge, ma al secondo anno fa uno stage estivo nel laboratorio del cancerologo Bert Vogelstein alla Johns Hopkins University. Il lavoro lo affascina a tal punto che Vogelstein gli chiede di fermarsi per un dottorato. Traverso accetta, mette in pausa la medicina e si trasferisce a Baltimora. Durante il PhD sviluppa un metodo per identificare mutazioni del cancro al colon nei campioni di feci, una tecnologia poi licenziata da Exact Sciences e oggi usata nel test Cologuard. Nel 2003, per quel lavoro, finisce nella lista TR35 del MIT, quella dei 35 innovatori under 35 più promettenti al mondo.
Dopo il dottorato torna a Cambridge per completare la scuola di medicina, poi fa tre anni di pratica clinica nel Regno Unito. Ma non gli basta. Nel 2007 inizia una residenza in medicina interna al Brigham and Women’s Hospital di Boston e, contemporaneamente, bussa alla porta di Robert Langer, professore al MIT e pioniere dell’ingegneria dei materiali applicata alla medicina. Traverso non ha un background in ingegneria chimica, ma vede il valore di unire l’intuizione clinica con la scienza dei materiali. Langer lo accoglie come postdoc. Da quel momento Traverso non smette più di muoversi su due binari paralleli: medico che visita pazienti, ingegnere che inventa dispositivi.
Un laboratorio che funziona come una startup (ma è accademia)
Oggi Giovanni Traverso è professore associato di ingegneria meccanica al MIT, gastroenterologo al Brigham and Women’s Hospital, membro associato del Broad Institute. E dirige, come detto, il Laboratory for Translational Engineering (L4TE), un gruppo di oltre 100 persone distribuito tra MIT, Brigham, Broad Institute, Koch Institute e The Engine, l’incubatore di tecnologia di frontiera nato dal MIT. Il laboratorio è strutturato per “temi” specializzati: fabbricazione, bioanalytics, test in vivo con team dedicati e veterinari interni. Un ricercatore può passare dalla formulazione biologica alla progettazione meccanica senza mai uscire dall’ecosistema del laboratorio. Se ha bisogno di testare un prototipo sugli animali, il veterinario è lì. Se deve capire come ottenere l’approvazione FDA, c’è chi lo aiuta. Tutto nello stesso spazio collaborativo.
Questa configurazione elimina mesi e mesi di attese tra team separati. In molti laboratori accademici, le scoperte iniziali vengono sviluppate in prototipi e poi passate ad altri gruppi (a volte nell’industria, a volte in contesti clinici) per test avanzati e commercializzazione. Nel lab di Giovanni Traverso, questi passaggi sono compressi in un unico flusso continuo. Invenzione, prototipazione, test, iterazione e feedback clinico avvengono come lavoro di un singolo team interdisciplinare. Gli ingegneri siedono fianco a fianco con i medici, i materialisti con i microbiologi.
Un giorno qualsiasi, un ricercatore può iniziare la mattina discutendo uno studio animale con il veterinario, passare il pomeriggio a perfezionare un design meccanico e chiudere la sera in riunione con un esperto normativo.
“In questo laboratorio, se vuoi imparare qualcosa, puoi imparare tutto”, dice Troy Ziliang Kang, uno degli scienziati del gruppo. La cultura è costruita sulla fiducia reciproca. Traverso conosce per nome ogni membro del team e programma incontri uno a uno ogni due o tre settimane. Per un lab di queste dimensioni, sparso su più sedi, questo è un livello di attenzione personale raro.
Capsule ispirate ai calamari e pillole a forma di stella
Il gruppo di Giovanni Traverso ha sviluppato una serie di tecnologie che suonano quasi fantastiche, eppure sono già in fase clinica avanzata. La capsula a forma di stella, per esempio. Si ingoia come una normale pillola, arriva nello stomaco e si apre in una struttura stellata che la ancora al tessuto gastrico. Rilascia farmaci gradualmente per giorni o settimane, poi si dissolve e viene espulsa naturalmente. Una versione di questa tecnologia, caricata con risperidone per il trattamento della schizofrenia, ha completato i trial clinici di fase 3 con risultati positivi. È la prima terapia orale a lunga durata d’azione per questa patologia.
Poi c’è la capsula ispirata ai cefalopodi. Calamari e polpi si muovono riempiendo la cavità del mantello con acqua e poi espellendola rapidamente attraverso il sifone. Traverso e il suo team hanno usato lo stesso principio per creare una capsula che spara getti di farmaco direttamente nella parete del tratto digestivo. Niente aghi. Solo pressione controllata. La capsula attraversa lo stomaco intatta, si dissolve nell’intestino e rilascia il farmaco usando anidride carbonica compressa o molle a spirale per generare la spinta necessaria. Nei test sugli animali, questa tecnologia ha somministrato insulina e agonisti del recettore GLP-1 con la stessa efficacia delle iniezioni sottocutanee. Il sistema potrebbe funzionare anche per terapie RNA, vaccini e cure contro obesità e diabete.
Un’altra invenzione del lab è una capsula che resta nello stomaco per mesi e monitora continuamente la temperatura interna. Ogni volta che una persona mangia o beve, la temperatura cambia leggermente. Misurando questi micro cambiamenti, la capsula registra pattern alimentari con una precisione impossibile per dispositivi esterni o self-reporting. James McRae, che ha sviluppato questa tecnologia durante il suo PhD con Traverso, dice che potrebbe offrire nuovi insight su come farmaci come Ozempic e altre terapie GLP-1 modificano il comportamento alimentare. Dal primo giorno del progetto, McRae ha coinvolto aziende esterne e consulenti normativi per prepararsi ai futuri test umani.
Undici startup e un’ossessione per i pazienti
Giovanni Traverso ha cofondato la bellezza di 11 startup biotecnologiche per portare le sue invenzioni fuori dal laboratorio. Alcune affrontano sfide di salute globale, come sviluppare dispositivi di protezione personale più sostenibili per operatori sanitari. Altre si concentrano su condizioni croniche che richiedono dosaggi costanti: HIV, schizofrenia, diabete.
Lyndra Therapeutics, fondata nel 2015 con Robert Langer e altri, ha raccolto oltre 305 milioni di dollari e sta portando avanti trial clinici sulla pillola settimanale per schizofrenia. Suono Bio lavora su tecnologie per somministrazione ultra-rapida di terapie nel tratto gastrointestinale. Celero Systems sviluppa un dispositivo ingeribile per rilevare overdose da oppioidi. Vivtex si occupa di sistemi di drug delivery orale. Syntis Bio, fondata nel 2022, lavora su un polimero orale che riveste lo stomaco e altri organi, modificando il modo in cui i farmaci vengono assorbiti o quali ormoni vengono attivati.
Ma Traverso non pensa a queste aziende come a spin-off accademici. Le vede come estensioni naturali del lavoro del suo laboratorio. “Quello che facciamo è un continuum”, dice. I progetti sono come figli: nascono, vengono nutriti, e alla fine vengono mandati nel mondo per crescere e aiutare le persone. Matt Murphy, ingegnere meccanico che gestisce uno degli spazi di fabbricazione principali del lab, dice di aver raggiunto “l’esperienza di un PhD lavorando qui per quattro anni”. Ora si sta preparando a lanciare una startup con uno dei postdoc di Traverso.
Fallire bene, fallire veloce, andare avanti
La filosofia di Traverso è semplice: fallire bene, fallire veloce, andare avanti. “La maggior parte delle cose a cui ho lavorato è fallita”, dice. “Ma dipende da come definisci il fallimento.” Anche se un’ipotesi non funziona come previsto, il processo stesso ha valore. Per questo incoraggia studenti e postdoc ad affrontare problemi grandi e incerti, sapendo che un vicolo cieco non è la fine della carriera ma solo un’opportunità per navigare meglio la prossima sfida.
James McRae ricorda quando un programma importante, due o tre anni in preparazione, cambiò improvvisamente direzione dopo che lo sponsor modificò le priorità. Il team stava preparando un dispositivo per test di sicurezza sugli umani, e all’improvviso quell’obiettivo non c’era più. Invece di archiviare tutto, Traverso spinse il gruppo a “essere un po’ più creativi di nuovo” ed esplorare nuove direzioni. Quel cambio di rotta innescò il lavoro di McRae su un sistema autonomo di drug delivery: il paziente ingoia due capsule che interagiscono nello stomaco. Quando una capsula-sensore rileva un segnale anomalo, ordina a una seconda capsula di rilasciare un farmaco.
“Dice spesso che ha un focus sul non perdere tempo”, racconta Kimberley Biggs, postdoc nel laboratorio. “Il tempo è qualcosa che non puoi ricomprare. Il tempo è qualcosa che non puoi risparmiare e mettere da parte per dopo.” Quando le cose non funzionano, Traverso chiede ai suoi studenti di essere sicuri del perché non hanno funzionato. È la biologia? La scienza dei materiali? La meccanica? È ossessionato dal miglioramento.
Biggs sta lavorando su un progetto finanziato dalla Gates Foundation: stabilizzare batteri terapeutici per la salute neonatale e femminile in modo che rimangano efficaci senza refrigerazione. Biochimica di formazione, non aveva mai lavorato su dispositivi prima di entrare nel lab, ma ha collaborato strettamente con il team di fabbricazione meccanica per integrare la sua terapia batterica (per condizioni come vaginosi batterica e infezioni ricorrenti del tratto urinario) in un anello intravaginale che la rilascia nel tempo.
Nel 2024, il team di Traverso ha ricevuto 65,6 milioni di dollari dall’Advanced Research Projects Agency for Health (ARPA-H) per sviluppare dispositivi ingeribili che potrebbero somministrare terapie mRNA per via orale.
Il progetto quinquennale mira anche a sviluppare “elettroceutici“, una nuova forma di terapie ingeribili basate sulla stimolazione elettrica degli ormoni e della segnalazione neurale del corpo. Se ha successo, questo approccio potrebbe portare a nuovi trattamenti per disturbi metabolici.
Giovanni Traverso, ovvero: la misura del successo non è la complessità: è l’efficacia
Traverso mantiene ancora una pratica clinica al Brigham and Women’s Hospital, partecipando al servizio di consulenza gastroenterologica per diverse settimane l’anno. Restare connesso con i pazienti mantiene i problemi concreti e aiuta a decidere quali puzzle affrontare in laboratorio.
“Ci sono diversi puzzle da risolvere davanti a noi, e gravito verso aree che hanno una soluzione che aiuterà le persone nel breve termine”, dice. Per Traverso, la misura del successo non è la complessità dell’ingegneria ma l’efficacia del risultato. L’obiettivo è sempre una terapia che funziona per le persone che ne hanno bisogno, ovunque si trovino.
Un progetto recente del lab è particolarmente curioso: riguarda la pasta. Guidato dallo studente di PhD Jack Chen, il progetto include l’uso di AI generativa per progettare nuove forme di pasta “mutaforma” con adesione superiore al sugo. Chen e collaboratori (che vanno da chef executive a esperti di fluidodinamica) applicano a questa ricerca lo stesso rigore analitico di quelle più “serie”.
È un lavoro giocoso, ma anche un microcosmo della cultura del lab: interdisciplinare fino al midollo, senza paura di attraversare confini, e radicato nella convinzione di Traverso che le buone idee meritano di essere testate, anche se falliscono.
Nei suoi corsi al MIT, come Translational Engineering, Giovanni Traverso invita esperti della FDA, ospedali e startup a parlare delle realtà nel portare tecnologia medica nel mondo. “Ha condiviso la sua rete con noi”, dice Murphy, che ha seguito il corso mentre lavorava nel laboratorio. “Ora che sto provando a lanciare una startup, posso contattare queste persone.” La cultura del lab è così collaborativa che tutti vogliono insegnare a tutti. “Se incontri una sfida in un’area dove hai conoscenze limitate, è probabile che qualcun altro nel lab abbia quel background e ti aiuterà volentieri.”
“Direi che la maggior parte delle cose a cui sono stato coinvolto è fallita”, ripete Traverso. “Ma penso che dipenda da come definisci il fallimento.” Il fallimento non è la fine, è solo informazione.
E nel Laboratory for Translational Engineering, vale già il pilastro del futuro: l’informazione è la valuta che conta di più.