Il trattore di Marcin Jakubowski si è rotto per l’ennesima volta. Siamo nel 2003, Missouri rurale, e lui ha appena speso gli ultimi soldi per chiamare il tecnico della John Deere, l’azienda produttrice. Che ci metterà giorni ad arrivare. Forse settimane. Il raccolto può aspettare? No. Il conto in banca può reggere un’altra riparazione? Nemmeno. Marcin guarda il trattore fermo nel campo e capisce una cosa semplice: se non puoi riparare ciò che possiedi, non lo possiedi davvero. Così decide di costruirne uno da solo. E di regalare i progetti al mondo intero. Oggi quel trattore, modulare ed efficiente, costa 12.000 dollari invece di 120.000. E fa parte di un set di 50 macchine essenziali che potrebbero ricostruire una civiltà da zero. Open source. Modificabili. Riparabili. E davvero tue.
Il fisico che voleva riparare il mondo
Marcin Jakubowski è nato a Slupca, in Polonia, e si è trasferito negli Stati Uniti da bambino. Laurea a Princeton con lode, dottorato in fisica delle fusioni all’Università del Wisconsin. Curriculum da sogno. Carriera promettente. Eppure, più andava avanti con gli studi, più si sentiva inutile. Le sue ricerche erano brillanti, ma distanti anni luce dai problemi reali del mondo. Così, nel 2003, appena finito il dottorato, ha fatto una scelta che ai suoi colleghi è sembrata folle: ha comprato un terreno nel Missouri e ha deciso di diventare agricoltore.
L’idea era semplice: dimostrare che l’abbondanza sostenibile è possibile. Che con la tecnologia giusta, chiunque può essere autosufficiente. Ma il suo trattore si è rotto dopo pochi mesi. E lì è iniziato tutto. John Deere, colosso mondiale delle macchine agricole, non permette agli agricoltori di riparare i propri trattori. Ogni volta che qualcosa si rompe, devi chiamare un tecnico autorizzato. Che può metterci settimane ad arrivare. E che ti fa pagare cifre assurde anche per interventi banali. Secondo le stime, gli agricoltori americani pagano 1,2 miliardi di dollari all’anno in costi di riparazione e perdono altri 3 miliardi quando i trattori si fermano.
Jakubowski ha capito che il problema non era tecnico. Era politico. Il problema era che oggi le macchine possiedono gli agricoltori, non il contrario. Così ha preso una decisione: costruirsi il trattore da solo e pubblicare tutti i progetti online. Gratuitamente. Senza brevetti, senza licenze proprietarie, senza restrizioni. Ed è nato Open Source Ecology, un collettivo di ingegneri, costruttori e maker che sviluppa quello che chiamano il Global Village Construction Set. Cos’è? È un kit di sopravvivenza di una civiltà. Riformulo: è un set di 50 macchine essenziali per costruire una piccola civiltà moderna da zero.
Le 50 macchine essenziali che cambiano le regole
Il Global Village Construction Set non è un esperimento teorico. È un catalogo operativo di macchine essenziali che chiunque può costruire con materiali di recupero e componenti standard. Ogni progetto è documentato nei minimi dettagli: schemi tecnici, liste di materiali, istruzioni di assemblaggio, protocolli di test. Tutto disponibile gratuitamente sul sito di Open Source Ecology.
Ecco alcune delle macchine essenziali già sviluppate e testate:
- LifeTrac, il trattore modulare di cui vi parlavo prima;
- Power Cube, un’unità idraulica autonoma che può alimentare qualsiasi macchina;
- CEB Press (anche detta “The Liberator”), la pressa per mattoni in terra compressa;
- MicroHouse, una casa modulare da 40.000 dollari completa di biodigestore e sistema geotermico;
- Stampante 3D open source per la fabbricazione di componenti;
- CNC Torch Table, tavolo da taglio a controllo numerico;
- Generatore a induzione per produzione energetica;
- Sega per lavorazione del legname;
- Forno industriale per panificazione;
- Circuit maker, per creare circuiti elettronici;
- Polverizzatore di terreno per preparazione agricola;
- Escavatrice idraulica per movimento terra;
- Saldatrice industriale;
- Tornio metallurgico;
- Turbina eolica per energia rinnovabile.
E questo è solo un terzo del catalogo. L’elenco completo delle 50 macchine essenziali, con stato di sviluppo e documentazione tecnica, è disponibile sul portale ufficiale del progetto.
Jakubowski paragona il sistema ai mattoncini Lego: ogni macchina può essere smontata e riconfigurata per scopi diversi. Il Power Cube, ad esempio, può alimentare una pressa per mattoni, una sega, un’auto o una fresatrice CNC.
La tecnologia appropriata non è nostalgia
Jakubowski chiama il suo approccio “tecnologia appropriata”. Il concetto viene dalla filosofia gandhiana dello swadeshi (autosufficienza) e del sarvodaya (elevazione di tutti), resa popolare dall’economista Ernst Friedrich Schumacher nel libro Piccolo è bello.
L’idea è semplice: la tecnologia deve essere progettata per il contesto specifico in cui verrà usata. Deve essere costruibile con materiali locali, riparabile dalla comunità locale, scalabile secondo le esigenze locali.
Non è un discorso anti-tecnologico. È esattamente il contrario. Jakubowski non vuole tornare all’età della pietra, vuole che la tecnologia avanzata sia accessibile a tutti. Il problema delle catene di produzione globalizzate è che rendono tutto dipendente da componenti proprietari fabbricati in sette paesi diversi. Se un pezzo si rompe, devi aspettare settimane per la consegna. E sperare che l’azienda produttrice esista ancora tra vent’anni.
Le macchine essenziali del GVCS usano componenti standard reperibili in qualsiasi ferramenta. Viti, bulloni, tubi idraulici, motori elettrici. Niente parti proprietarie, niente chip crittografati, niente software che blocca la riparazione. Se hai una chiave inglese, hai un trattore, recita il manuale di Jakubowski. Ed è letteralmente vero.
Il monopolio della riparazione deve crollare
Il problema che Jakubowski ha affrontato nel 2003 è esploso negli ultimi anni. John Deere continua a vietare agli agricoltori di riparare i propri trattori (tranne in Colorado, dove dal 2023 una legge statale ha garantito il diritto alla riparazione). Riparare il tuo trattore da solo annulla qualsiasi garanzia, esattamente come fare il jailbreak dell’iPhone.
Ma la “resistenza” si sta organizzando. Negli Stati Uniti ci sono class action che coinvolgono centinaia di agricoltori. In Europa, 27 regolamenti comunitari inquadrano giuridicamente il diritto alla riparazione per le macchine agricole. Hacker come Sick Codes hanno sviluppato metodi per sbloccare i trattori John Deere direttamente dal touchscreen. Un mercato nero di software crackati, spesso provenienti dall’Ucraina, permette agli agricoltori di aggirare i blocchi imposti dai produttori.
Stewart Brand, fondatore del Whole Earth Catalog, ha raccontato a MIT Technology Review come un secolo fa John Deere fosse famoso per rendere i suoi aratri facilmente smontabili e riparabili. «Hanno attirato clienti fedeli perché una volta si prendevano cura degli agricoltori», ha detto Brand. «Ma hanno completamente invertito l’orientamento.» Quello che era un vantaggio competitivo è diventato un modello di business vessatorio.
Dalla Francia al Belize, le macchine essenziali funzionano
Dal 2008, quando Jakubowski ha pubblicato i primi progetti, più di 110 macchine essenziali sono state costruite da appassionati in Cile, Nicaragua, Guatemala, Cina, India, Italia, Turchia, Francia. La macchina più popolare è The Liberator, la pressa per mattoni in terra compressa. Nel 2018, Aurélien Bielsa ha usato una replica della pressa per costruire una casa per la sua famiglia in un piccolo villaggio nel sud della Francia. Nel 2020, un gruppo di volontari ha aiutato un membro della comunità Open Source Ecology a costruire una tiny house usando i mattoni prodotti con la pressa in un villaggio di pescatori nel nord del Belize.
James Slate, un texano senza esperienza ingegneristica, ha scaricato i progetti della pressa per mattoni, l’ha costruita da solo e ha avviato un’impresa che vende i mattoni. «Ho fatto qualche corso di meccanica alle superiori. Vengo principalmente dal mondo IT», ha raccontato in un’intervista a Open Source Ecology.
«Praticamente chiunque può costruirne una, se ci si impegna.»
Andrew Spina ha passato cinque anni a costruire versioni del trattore GVCS e del Power Cube. «Sto costruendo il mio trattore perché voglio capirlo e poterlo mantenere», ha scritto sul suo blog Machining Independence. La trasparenza è fondamentale per la filosofia open source proprio perché aiuta a diventare autosufficienti. Più deleghiamo alla tecnologia proprietaria, meno capiamo come funzionano le cose. E più diventiamo dipendenti da quella stessa tecnologia proprietaria.

L’accademia per futuri costruttori di macchine essenziali
Jakubowski ha capito che la diffusione dell’hardware open source dipende dalla competenza collettiva. Senza una comunità che sappia lavorare con le mani, l’innovazione organica promessa dall’approccio open source fatica a decollare. Per questo all’inizio del 2025 ha annunciato la Future Builders Academy, un programma di apprendistato dove i partecipanti imparano tutte le competenze necessarie per sviluppare e costruire le Seed Eco Homes, case modulari autosufficienti che rappresentano la sua ultima impresa.
Le Seed Eco Homes costano circa 40.000 dollari, possono essere costruite in cinque giorni e sono completamente indipendenti dal punto di vista energetico grazie a biodigestore, batteria termica, sistema geotermico di raffreddamento ed elettricità solare. Lo stesso Jakubowski vive in una di queste case dal 2020. Ne sono state costruite oltre otto, oltre la sua. La struttura combina parti del GVCS e incarna la sua filosofia modulare.
«L’abitazione è il singolo costo più grande nella vita di una persona, e la chiave per molto altro», dice Jakubowski.
L’obiettivo finale di Open Source Ecology è una società a “costo marginale zero”, dove produrre un’unità aggiuntiva di un bene o servizio costa poco o nulla. L’interpretazione di Jakubowski del concetto (reso popolare dall’economista Jeremy Rifkin) assume che eliminando le licenze proprietarie, decentralizzando la produzione e favorendo la collaborazione attraverso l’educazione, possiamo sviluppare tecnologia veramente equa che ci permetta di essere autosufficienti.
La lezione che cambia tutto
«Stiamo diventando dei con la tecnologia. Eppure la tecnologia ci ha deluso gravemente. Abbiamo visto grandi progressi con la civiltà. Ma quanto sono davvero libere le persone oggi rispetto al passato?»
Mettendo in guardia contro la nostra dipendenza dalla tecnologia proprietaria che usiamo quotidianamente, Jakubowski offre un nuovo approccio: il progresso non dovrebbe significare solo ottenere scoperte tecnologiche, ma anche rendere la tecnologia quotidiana equa. «Non abbiamo bisogno di più tecnologia», dice. «Dobbiamo solo collaborare con quello che abbiamo ora.»
L’hardware open source non riguarda solo aiutare gli agricoltori a costruire i propri trattori. Nella visione di Jakubowski, è un completo riorientamento del nostro rapporto con la tecnologia. Come abbiamo raccontato parlando di stampanti 3D, la tecnologia di fabbricazione personale sta diventando sempre più accessibile. Ma l’accessibilità tecnica non basta. Serve un cambiamento culturale.
Chi possiede davvero gli strumenti che usiamo ogni giorno? Chi decide se possiamo ripararli, modificarli, migliorarli? Le 50 macchine essenziali di Jakubowski sono una risposta politica a un problema economico.
E forse, solo forse, il primo mattone di un’economia diversa.