Andiamo in bagno quattro volte al giorno. Ogni volta scarichiamo circa 9 litri d’acqua che finiscono nelle tubature e spariscono dalla nostra vita. Circa 36 litri al giorno per persona, 13.000 litri l’anno. Acqua che cade, preme, scorre e poi si dissolve nel sistema fognario senza lasciare traccia. Kushagra Aditya Jha, 17 anni, ha guardato quella cascata domestica e ha visto qualcos’altro: energia sprecata. Così ha costruito HydroSan, una micro-turbina che si installa nel serbatoio del water e trasforma ogni scarico in elettricità. Venti utilizzi bastano per ricaricare un powerbank o accendere qualche LED. L’invenzione gli è valsa il CREST Gold Award della British Science Association. Ma soprattutto, potrebbe cambiare la vita di milioni di persone nei villaggi indiani dove la corrente è un lusso intermittente. Un esempio concreto di come il risparmio energetico possa nascere nei luoghi più impensati della casa.
Una turbina dove nessuno l’aveva messa
L’idea è partita da un’osservazione banale: l’acqua dello scarico ha forza sufficiente a spostare oggetti, far girare meccanismi, generare movimento. Eppure quella forza veniva sprecata quattro volte al giorno, per persona, in ogni casa dotata di servizi igienici.
Kushagra ha progettato una micro-turbina abbastanza piccola da stare nel serbatoio del water, abbastanza robusta da resistere all’uso quotidiano. Il dispositivo intercetta il flusso d’acqua durante lo scarico e lo converte in energia meccanica. Questa alimenta una piccola batteria integrata nel sistema. Anche quando il bagno non viene utilizzato, un sottile filo d’acqua continua ad azionare la turbina, producendo corrente in modo costante.
Come spiega lo stesso inventore in un’intervista a The Hindu, il sistema non richiede modifiche strutturali all’impianto idraulico esistente. Si inserisce, funziona, produce. Niente lavori costosi, niente tecnologie complesse. È una soluzione plug-and-play per il risparmio energetico domestico che chiunque potrebbe installare senza chiamare un tecnico. La semplicità è probabilmente la sua forza maggiore.
Con una ventina di scarichi, HydroSan produce energia sufficiente per ricaricare un piccolo powerbank o alimentare alcune lampadine LED per diverse ore.
Non è molto, ma in contesti dove l’elettricità manca o arriva a intermittenza, quei watt fanno la differenza tra il buio completo e una luce accesa.
Il micro-idroelettrico domestico esiste già
L’idea di sfruttare piccoli flussi d’acqua per produrre energia non è nuova. Gli impianti pico-idroelettrici esistono da anni e funzionano con portate ridotte, anche solo mezzo litro al secondo, e dislivelli di pochi metri. Vengono utilizzati soprattutto in aree isolate, lontane dalla rete elettrica, dove rappresentano una soluzione pratica per l’autosufficienza energetica. La differenza con HydroSan è la scala: non serve un torrente, non serve un corso d’acqua. Basta un water.
Il principio tecnico è lo stesso: l’acqua in movimento aziona una turbina, la turbina fa girare un alternatore, l’alternatore produce corrente. Nel caso di HydroSan, tutto è miniaturizzato per adattarsi a un contesto domestico. La turbina è piccola, la batteria ha capacità limitata, ma il sistema funziona e si autoalimenta. Il micro-idroelettrico diventa letteralmente alla portata di tutti, anche di chi non ha un ruscello in giardino.

Dove la luce manca, serve ingegno
L’invenzione di Kushagra non nasce in laboratorio. Nasce dalla necessità. In India ci sono ancora milioni di persone che vivono senza accesso costante all’elettricità. Le infrastrutture migliorano, ma nei villaggi di montagna e nelle aree remote le interruzioni di corrente sono la norma, non l’eccezione. In quel contesto, anche una piccola fonte di energia autonoma può fare la differenza. Una lampada accesa la sera, un telefono carico per chiamare, una radio funzionante. Cose che in città diamo per scontate.
Kushagra ha pensato a questo quando ha progettato HydroSan. Non voleva creare un gadget, voleva risolvere un problema reale. Il risparmio energetico, in questo caso, non è una questione ambientalista astratta. È sopravvivenza pratica. È la possibilità di studiare anche quando il sole è tramontato. È tenere acceso un dispositivo medico durante la notte. È non dipendere da una rete elettrica che non arriva o arriva male.
Il giovane inventore spera ora di brevettare il sistema e migliorarne l’efficienza. L’obiettivo è portare HydroSan nelle regioni militari e frontaliere indiane, dove l’accesso all’elettricità è limitato e le condizioni operative richiedono soluzioni autonome. Ma il potenziale va oltre i confini dell’India.
Autoproduzione energetica a portata di scarico
La tendenza verso l’autoproduzione energetica sta crescendo ovunque. Pannelli solari sui tetti, mini pale eoliche nei giardini, batterie domestiche per l’accumulo. L’idea è sempre la stessa: ridurre la dipendenza dalla rete elettrica centralizzata e sfruttare le risorse disponibili localmente. HydroSan aggiunge un tassello a questo mosaico. Non sostituisce il fotovoltaico, non compete con l’eolico. Semplicemente recupera energia da un flusso che già esiste e che fino a oggi veniva completamente ignorato.
Il risparmio energetico, dopotutto, inizia proprio da qui: smettere di sprecare quello che già abbiamo. Ogni volta che premiamo il pulsante dello sciacquone, disperdiamo energia cinetica nell’indifferenza generale. Kushagra ha dimostrato che quella dispersione può essere fermata. Serve solo una turbina piccola, una batteria, e la volontà di guardare il proprio bagno con occhi diversi.
Forse non diventeremo tutti autosufficienti grazie al water. Ma in un mondo che cerca disperatamente soluzioni energetiche sostenibili, anche il contributo più piccolo merita attenzione. Soprattutto se arriva da un diciassettenne che ha capito una cosa semplice: l’energia non si crea dal nulla, ma si può recuperare da dove nessuno guarda. E a volte, quel “dove” è il posto più banale della casa.
La domanda ora è semplice: se un ragazzo di 17 anni è riuscito a trasformare una chasse d’eau in un generatore, quante altre fonti di energia domestica stiamo ancora sprecando senza accorgercene?